varie, 6 marzo 2002
REITANO Mino
REITANO Mino (Beniamino) Fiumara (Reggio Calabria) 7 dicembre 1944, Agrate Brianza (Monza) 27 gennaio 2009. Cantante. Il padre, direttore della locale banda, lo chiamò Beniamino in onore di Gigli • «[...] il rappresentante più clamoroso del così detto bel canto all’italiana, quello “alla Claudio Villa” [...] Il suo spiegamento di voce era generoso come il suo carattere, che lo aveva portato a distribuire i guadagni ottenuti fra schiere di parenti. [...] Di famiglia povera, studiò per 8 anni al conservatorio di Reggio. Trasferitosi giovanissimo in Germania, mosse i primi passi della carriera musicale assieme ai suoi fratelli (la band si chiamava proprio così: i Fratelli Reitano) dandosi al rock and roll. Ad Amburgo ebbe luogo uno degli episodi più incredibili della sua vita: si esibì in un club assieme ai Quarrymen, che altri non erano che i Beatles ai loro esordi ed ebbe una buona amicizia coi Fab Four. Nel 1966 partecipò al Festival di Castrocaro, per poi debuttare nel 1967 a Sanremo con una canzone scritta da Mogol e Lucio Battisti “Non prego per me”. Ma per avere il Reitano che commuove gli amanti della musica popolare italiana bisogna aspettare il 1968, quando esplodono due canzoni che diventano dei classici: “Avevo un cuore (che ti amava tanto)” e “Una chitarra cento illusioni”. Grazie al successo di questi brani acquistò un terreno ad Agrate Brianza dove costruì una sorta di ranch in cui portò fratelli, cognati e nipoti, allestendo anche una sala di registrazione. Nel 1971 vinse “Un disco per l’estate” con “Era il tempo delle more”. Sono gli anni di ottimi piazzamenti e riconoscimenti (Cantagiro, Festivalbar, dischi d’oro, tournée). Scrive brani per grandi interpreti della musica italiana come Mina o Ornella Vanoni. Per otto anni è a Canzonissima, guadagnandosi sempre la finale e classificandosi tra i primi. Le giovani generazioni e i critici, mentre avanza la canzone d’autore e il rock, lo considerano una sorta di reperto archeologico. In parecchi hanno ironizzano sulla laurea honoris causa assegnatagli dalla Loyola University. Ma lui è un buono, uno che porge l’altra guancia: “Non ce l’ho con chi mi critica. Grazie a molti detrattori credo di essere migliorato. E quando appaio in tv l’ascolto non scende, anzi...”. Nel 1988 si ripresenta a Sanremo con “Italia” che arriva al sesto posto. La sua enfasi, ma anche la sua bontà sembrano in netto contrasto con un mondo della canzone sempre più aggressivo. Nel 2007 scopre di avere una grave malattia, ma fino all’ultimo vuole apparire in tv. Portando nel programma di Magalli la testimonianza della malattia che lo stava uccidendo e non disdegnando nemmeno di fare dell’autoironia nel programma di Chiambretti. [...]» (Mario Luzzatto Fegiz, “Corriere della Sera” 28/1/2009) • «Con Sinatra apparimmo insieme sulla copertina di un noto settimanale nel ’75 dopodiché, tornato in Italia, incisi My way. I Beatles, quando si chiamavano ancora Silver Beatles, li conobbi ad Amburgo, suonavamo nello stesso posto, lo Star Club. In Germania cantavo pezzi di Roy Orbison, Fats Domino, Tony Sheridan, avevo i capelli lunghi. Un po’ come adesso […] A casa eravamo 11 figli, mio padre, Rocco, faceva il ferroviere, eravamo poverissimi, mia madre Giuseppina morì quando avevo 3 anni, papà si risposò con Giovanna, la sorella di mamma. La povertà mi spinse, giovanissimo, a emigrare in Germania dove, visto che in Calabria mi esibivo a matrimoni e battesimi, creai un gruppo con i miei fratelli, Benjamin & His Brothers. Ebbi successo, andai in Inghilterra, incisi perfino in tedesco. Sognando sempre di tornare in Italia» (“Il Messaggero”, 4/3/2002).