varie, 6 marzo 2002
Tags : Jean Reno
Reno Jean
• (Jean Moreno). Nato a Casablanca (Marocco) il 30 luglio 1948. Attore. Genitori spagnoli, tra i suoi personaggi tanti duri, assassini, poliziotti brutali, criminali senza scrupoli. «Veramente di commedie ne ho fatte, ma soprattutto in teatro. In cinema ho fatto ruoli brillanti ma in storie molto ”virili”, dicevano che non avevo la faccia giusta per essere amato dalle donne, potevo solo picchiarle. Forse invecchiando anch’io posso suscitare tenerezza. [...] Il mio carattere non somiglia alla mia faccia. Amo le donne e gli animali, non calpesto le aiuole, aiuto le vecchiette e leggo poesie. Sono stato educato a non a piangere [...] Ho cominciato a 17 anni, quando mi sono trasferito a Parigi. All’inizio pensavo solo al teatro, poi è stato determinante l’incontro con Luc Besson, uno dei miei amici più cari. Grazie a Nikita e a Léon sono arrivate le offerte americane.[...] Per me non c’è differenza tra un set in Europa o in Usa, persone meravigliose e cretini si trovano ovunque. Ci sono attori che amano lavorare in stato di tensione, io preferisco la calma. Ho fatto oltre cento film, anche stronzate, ma si può dire di no al capo della Sony che viene ad offrirti tanti dollari per Godzilla? E non mi piace dare giudizi morali sulle persone con cui lavoro, non amo criticare chi mi paga [...] Io una star? Con questa faccia? Ho avuto successo, non lo nego, ed utile perché ora posso permettermi di scegliere. I vantaggi ci sono, se vado in banca è facile che mi concedano un prestito. So cosa posso fare e cosa posso ottenere, ma non sono una star, la mia vita non è cambiata. Non dico che vado ancora in metro, ma vivo tra la gente in un paese di 2000 anime, sono integrato nella vita paesana, ci conosciamo tutti e non si parla mai di cinema, se mai ci scambiamo ricette di cucina» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 14/3/2003). «Ho sempre paura di restare attaccato a un personaggio come fosse un capitale, il rischio è di fossilizzarsi sulle cose fatte, ancora più grave con l´età che avanza. [...] In genere il lavoro mi diverte, se faccio qualcosa che non mi diverte vuole dire che ho comprato un cavallo e ho debiti da pagare. [...] Calzolaio o capo di stato, poliziotto o barbone, Freud o Hitler, un attore deve poter fare tutto. Hitler magari non lo farei volentieri. Ci sono alcuni attori, gli intellettuali, che trovano più gratificante un personaggio con l´anima che attraversa un ponte in un piano sequenza pensoso oppure si tormenta per fare sesso in tre, che disdegnano l´azione, saltare dalla finestra e inseguire un mascalzone non ti fa conquistare un César. [...] Il cinema è cinema, non faccio distinzioni tra cinema d´autore e commerciale, ci sono i film che mi piacciono e quelli che non mi piacciono. [...] Nell´ordine preferisco la commedia, è il genere più difficile e lavorare con i comici è una grande scuola [...] Poi mi piacciono le storie d´amore, è bello stare con le donne. Purtroppo me ne offrono poche e sono poche le storie d´amore scritte bene. [...] Al terzo posto vengono i polizieschi, gli horror, ma ne ho fatti troppi, è il caso di cambiare [...] Ma voglio aggiungere che il cinema non è essenziale per me, le scelte importanti e le lezioni mi vengono dalla vita» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 24/3/2004). «Sempre diviso tra cinema d’azione e film d’autore [...] assertore del fatto ”che un attore deve fare anche il clown e non dividere il cinema in alto o basso” [...] Coltiva da sempre il sogno di lavorare con Benigni, che ha un ricordo bellissimo di Antonioni sul set di Al di là delle nuvole [...] Puntualizza che, sì, il mercato del cinema americano conquista il mondo perché tutti ormai parlano inglese mentre in Usa i pochi film stranieri mai sono doppiati. [...]”» (Giovanna Grassi, ”Corriere della Sera” 24/3/2004). «Indimenticato protagonista di Leon, Nikita, Le Gran Bleu, tutti e tre di Luc Besson, ma anche degli americani Mission impossible, Ronin, Godzilla [...] Gran conversatore, parla con lunghe frasi e molte digressioni a volte addirittura mimando le parole, nessuna pretesa di farsi passare per un intellettuale anzi una gran voglia di descriversi come un uomo normale, Jean Reno spiega perchè detesta classifiche, etichette, definizioni. ”Faccio i film che mi piacciono. Scelgo come uno spettatore qualunque. Detesto tranciar giudizi. Non pretendo di sostituirmi ai critici. Non capisco la divisione tra cinema d’autore e cinema commerciale. Sono uno che mangia, beve, dorme e sta con la sua famiglia esattamente come tutti gli altri: non aspettatevi da me risposte sui destini del mondo”» (Simonetta Robiony, ”La Stampa” 24/3/2004). «[...] Non ho mai aspirato a emergere da solo, a crearmi una carriera di primati: non è nel mio carattere. Non mi spiace apparire, già sui manifesti, in coppia, tanto più quando il partner si chiama Robert De Niro (in Ronin), Gérard Depardieu (Sta’ zitto...non rompere), Mathhew Broderick (Godzilla), Vincent Cassel (I fiumi di porpora) [...] ciascun comico ha un che di peculiare, d’eccezionale, come ho sperimentato con Christian Clavier in I visitatori o [...] con Steve Martin nel remake della Pantera rosa. Il problema, quando si fa coppia con un comico, è come fare perché il ”matrimonio” funzioni [...] una strategia da reinventare volta per volta. Perché il comico è sempre terrorizzato: ha paura che gli si tolga visibilità, che lo si diminuisca, lo si emargini. Stanno tutti sul chi vive. Devo ammetterlo: i comici sono paranoici [...]» (Mario Serenellini, ”la Repubblica” 11/4/2005). Vedi anche: Stefania Ulivi, ”Sette” n. 2/1999.