Varie, 6 marzo 2002
RICCI Antonio Albenga (Savona) 26 giugno 1950. Autore tv (Drive in, Striscia la notizia, Scherzi a parte, Paperissima) • «Il vecchio-giovane guru delle reti Mediaset, l’autore di Striscia la notizia e di tanti altri programmi di successo ma anche di gusto dubbio
RICCI Antonio Albenga (Savona) 26 giugno 1950. Autore tv (Drive in, Striscia la notizia, Scherzi a parte, Paperissima) • «Il vecchio-giovane guru delle reti Mediaset, l’autore di Striscia la notizia e di tanti altri programmi di successo ma anche di gusto dubbio. Intelligente, certo. Simpatico, pure. Persino dolce. Ma sostanzialmente sfuggente. [...] un uomo dal doppio fondo. [...] un bizzarro miscuglio di infantilismo e di spregiudicatezza, di provincialismo e di apertura, vista la modernità con cui usa un mezzo sofisticato e difficile come la tv [...] ”Genova, dove ho fatto l’Università. in un locale che si chiamava Instabile che ho cominciato a fare spettacolo, cabaret politico, di sinistra naturalmente, erano quelli gli anni [...] facevo parte dei Situazionisti, un gruppo anarchicheggiante che era nato in un paesino che sta sopra Albenga e che si chiama Cosio d’Arroscia. Sui Situazionisti si sono formati anche Freccero, Giusti, Ghezzi, Tati Sanguineti, tutti i fetecchioni della tv. Il nostro libro era La società dello spettacolo di Guy Debord, che è stato un cult. A Genova ho conosciuto anche Grillo, che però non era ancora Grillo e grilleggiava molto meno di adesso. Ma a portarmi a Milano, al Derby, sono stati i Menestrelli. Mi ricordo che c’erano Cochi e Renato, Jannacci, i Gatti, ma io non li consocevo, li vedevo solo passare. ”Aprivo’ al Derby e poi andavo a fare un altro spettacolo ad Affori in un locale che si chiamava Settepiù. Finito lì prendevo il treno della notte e tornavo a Genova, al mattino andavo all’Università perché ero un bravo ragazzo. Alla sera, alle otto, riprendevo il treno e venivo a Milano. Era il 1970, avevo vent’anni. [...] Alla Rai tutto è cominciato quando hanno chiamato Grillo. Lui aveva bisogno di un autore e mi ha chiesto se lo seguivo. Allora mollai tutto, con una decisione che sembrava azzardata all’epoca. Chi mi stava vicino mi diceva: ”Ma sei matto? Sei professore”. Ero addirittura preside, grazie a un inciucio familiare. Mollai anche gli spettacolini. Per la verità non ho mai amato le esibizioni in pubblico, perché sono molto timido. E lo sono rimasto, non vado mai in televisione, non compaio, mi dà fastidio, sto male fisicamente, comincio a sudare... Fare l’autore invece mi divertiva. E mi è andata bene [...] Il primo spettacolo che firmai fu il Fantastico del ”78, il primo, quello con Grillo, la Goggi e Heather Parisi. E fu un casino perché a quelli della Rai sembrava inverecondo che un ragazzo di 28 anni firmasse la trasmissione del sabato sera. Dissi: ”Allora chiamate come ospite Tajoli invece che Miguel Bosé che ha 19 anni’. E la spuntai. Fu un successone. Non ho fatto gavetta televisiva, sono entrato dal portonissimo [...] In Rai c’è tanta gente che di mestiere fa che ti deve rompere le balle. Anche perché i funzionari, se succede qualche casino, perdono il posto. Trapani, il regista, me lo disse subito davanti al famoso cavallo di viale Mazzini: ”Vedi, qui dentro ci sono 13 mila persone che lavorano contro di te’. Trapani era geniale, uno che sul biglietto da visita aveva ”Enzo Trapani, free dog’ [...] In Mediaset sembra più organizzato ma è un Marocco. Sono di meno, molto indaffarati e quando scoppia il casino non hanno il tempo di stargli dietro. Per cui gli puoi cacciare delle balle spudorate e nove su dieci ti va bene perché le trasmissioni non le vedono. Un’altra differenza è che in Rai gli autori proprio non esistono. Cioè tu arrivi in Rai, sei l’autore di Fantastico e non c’è un posto. Noi stavamo in una stanzetta con una scrivania e un attaccapanni e tutti quelli dello studio che arrivavano ci mettevano il cappotto [...] non pensano nemmeno al programma, chiamano prima gli artisti che spesso si trovano degli autori con i quali non hanno alcuna sintonia. Così con Drive in, che è stata la prima trasmissione completamente mia, mi sono preso il lusso di invertire l’andazzo, di scegliere la gente adatta per il programma, di fare insomma una cosa un po’ più pensata [...] Striscia io mi diverto a farla, quando la vedo non fa ridere nemmeno me. Ma io non voglio far ridere, colgo l’occasione per dire certe cose. Ho fatto anch’io trasmissioni più intellettuali, come Lupo Solitario, con Gregory Corso, i poeti della beat generation, Evtushenko. [...] Striscia è un pacchetto in cui c’è di tutto. C’è il Gabibbo che mi può acchiappare i bambini ma anche gli adulti, ci sono le ”veline’ [...] e ci sono anche le battute perché a qualcuno piacciono ancora mentre a me la battuta classica fa cascare le palle [...] La nostra regola è sempre stata una: sputare fin dall’inizio nel piatto dove mangi [...] Ho avuto un mucchio di casini, ci sono stati momenti di tensione altissima. A Natale del ”95 Berlusconi mi ha accusato di aver fatto cadere il suo governo, ha detto che eravamo un gruppo di sabotatori [...] La nostra forza è che non sono loro a dar lavoro a noi ma noi a Publitalia. Ma non è che dalle altre parti stiano meglio. Un tempo avevo una rubrica su ”Panorama’, gestione Rinaldi. Una volta faccio una battuta su De Benedetti. Vado a comprare il giornale: non c’è più la battuta. Poi mi hanno spiegato che c’era l’eventualità ”Panorama’. Cioè, alla sola idea... [...] La mia forza è che non me ne frega niente, la Tv per me non è una droga. Non sono Pippo Baudo o Costanzo, uomini che non capisco, che guardo con stupore, con orrore. Il mio mondo vero è altrove. ad Alassio dove c’è mia moglie, le mie tre figlie. [...] La tv per me è un gioco. Da fare seriamente, come tutti i giochi. Ma resta un divertimento. Noi non possiamo salvare il mondo e nemmeno la Tv dalla sua volgarità. Possiamo solo rompere le balle, fare del ribellismo, del sano teppismo intellettuale” [...]» (Massimo Fini, ”Sette” n. 15/1997). «Sono uno che lavora al circo. E ho cominciato a lavorarci con Fantastico, quando Fantastico faceva 25 milioni di spettatori a sera […] Mi sono allenato con Drive in, che secondo me spiega l’Italia degli Anni Ottanta più di tanti saggi […] Sono molto abbiente, però meno di Benigni e di Moretti. Vivo con poco, non compro case a Parigi né casali in Toscana, ma il superfluo ce l’ho, sì. Ho denaro senza complessi e senza ipocrisie. Non ho la barca ma potrei averla, D’Alema ha la barca e fa finta di non averla. questa ipocrisia che ha rovinato la sinistra» (Alessandra Comazzi, ”La Stampa” 27/12/2001). «Ho calcolato che dall’età di diciotto anni non ho mai dormito per più di dodici giorni di seguito nello stesso letto. Dal 1977 sto a Milano in un residence. Non ho mai voluto prendere un appartamento e dormo con la valigia, una Samsonite, vicino al mio comodino. La precarietà mi ha sempre dato una forza e una carica nel vivere […] Sono una persona molto riservata […] Faccio televisione dal 1977. In maniera monomaniacale sto perseguendo un fine. La tv è pericolosa in quanto è ritenuta parte del vero. Io devo dimostrare in modo provocatorio che quello che ti fanno vedere è ciò che vogliono e non ciò che accade. Certo, è limitato un discorso contro la tv in tv, e poi non si può fare con il linguaggio profondo» (Alain Elkann, ”La Stampa” 15/1/1996).