Varie, 6 marzo 2002
RIONDINO
RIONDINO David Firenze 10 giugno 1952. Cantante. Attore. Autore • «[...] Costanzo aveva deciso di fare uno show senza persone note. Non che io fossi un esimio sconosciuto: venivo dal teatro con Paolo Rossi e da una piccola esperienza alla Rai. ma insomma...”. Nacque così João Mesquiño, l’improbabile cantante brasiliano che commentava, con brevi strofe improvvisate, i temi della serata. ”L’idea era di svisare su quei temi, con leggerezza surreale, in modo da portare il discorso verso una sorta di non esito e stemperare i conflitti” [...] Con gli anni le sue apparizioni si sono rarefatte, gli impegni l’hanno portato altrove, ma il giudizio su Costanzo è affettuoso: ”C’è chi fa tv solo per ribadire il proprio ruolo di potere e c’è chi lo usa per moltiplicare le intelligenze. Maurizio appartiene a questa seconda categoria” [...]» (Michele Anselmi, ”Capital” dicembre 2002). «Nessuno potrà mai togliergli un merito: quello di essersi fatto archeologo di una tradizione teatrale povera ma epica (quella del cantastorie) e di averla restaurata, rilucidata e aggiornata secondo un nostro modo di comunicare e di fare spettacolo. Fabbrica immagini con le parole. Sarà per questo che epopea e ballata sembrano aver modellato il suo universo mentale. Sarà per questo che le sue storie teatrali hanno il timbro e lo sviluppo delle avventure che una volta venivano raccontate, magari a fumetti e in rima, sui settimanali per ragazzi. Se c’è un vero nazionalpopolare, questi è Riondino» (Osvaldo Guerrieri, ”La Stampa”3/2/2001). «Lo guardi, e ti sembra un comico per caso. Anzi neanche un comico, perché ti appare troppo colto per la categoria, perché non si lascia scappare neanche una parolaccia e perché non accenna mai a quelle parti anatomiche che molti suoi colleghi considerano indispensabili allo scatenamento dell’applauso. David Riondino è una forma formalizzata in acido toscano. Ed è qui il suo segreto. [...] L’inventore di Joao Mesquiño. [...] Parte da lontano: dal concorso per bibliotecario sostenuto in un giorno di neve a Torino, con prove di matematica e d’italiano di disarmante banalità. La biblioteca è soppiantata dalla canzone: il futuro Joao fa da apripista nei concerti di De Andrè con una canzone di Brassens tradotta da Fabrizio. Sono i primi anni Settanta: contestazione dura, incendi d’auto e assemblee anche per i concerti pop. Il che può stimolare una parodia dell’impegnatissimo De Gregori con l’esecuzione di Giuseppina che cammina sul filo. Le cose cambiano. Arriva il Costanzo Show; arrivano le riviste ”Tango” e ”Cuore”, sulle quali Riondino comincia a pubblicare le sue terzine incatenate, modellate sullo schema dantesco; arriva la scoperta di poeti periferici quali il novarese di sublime ironia Ernesto Ragazzoni [...] arriva l’azzardo supremo dell’Inferno dantesco messo in musica un paio d’anni fa con i Magazzini di Federico Tiezzi: da menestrello devoto, Riondino affronta Ulisse e il folle volo, ”Fatti non foste a viver come bruti...”. [...] Dante, Poliziano, le sconvenienze di Pietro Aretino... Un comico per caso li usa per darsi un senso e un peso. Magari arriva a Enzo Apicella, ma giusto per accennare a uno sfumacchio di satira. A lui, adesso, sembra interessare altro. Con chitarra, sedia e leggio va all’incontro con se stesso, scende al nocciolo popolare di ogni letteratura, lascia scorgere il proprio lavoro di reinvenzione e riscrittura, senza soste [...] spendendosi, donandosi, tanto, troppo» (Osvaldo Guerrieri, ”La Stampa” 1/12/2003).