Varie, 6 marzo 2002
ROCCA
ROCCA Giorgio Livigno (Sondrio) 6 agosto 1975. Ex sciatore. Medaglia di bronzo in slalom speciale ai mondiali del 2003 (St. Moritz), in speciale e combinata a quelli del 2005 (Bormio). Nel 2006 vinse la coppa del mondo di slalom speciale. Ritiro nel gennaio 2010 • «[...] l’uomo che è diventato il terzo slalomista italiano di sempre (11 vittorie) e che ha trovato negli infortuni l’avversario più duro. L’ultimo’ lo strappo al muscolo adduttore della gamba sinistra – ha dettato a Giorgio il ”game over” [...]» (Flavio Vanetti, ”Corriere della Sera” 24/1/2010) • «Eterna promessa mancata [...] ha due cosce poderose. Lo prepara Roberto Manzoni, lo stesso che ha impostato il fragile corpo ammaccato di Deborah Compagnoni. Un metro e 82 per 93 chili di muscoli esplosivi [...] è sponsorizzato da una ditta nostrana di tagliaerba della Padania [...] Era vittima di quella patologia che aveva colpito lo sci italiano: rimpiazzare a tutti i costi il vuoto che ha lasciato Tomba. Lui andava forte: tuttavia ”gli schei, le donne e i giornalisti l’avevano montato un po’ troppo”, dicono nella squadra azzurra. Uguale naufragio. L’ambiente attorno a lui l’aveva già issato in cima senza che ci fossero riscontri. Un quarto posto ai Mondiali di Vail del 1999, un terzo posto a Kitzbuehle. Dopo, solo prove velleitarie. E una gragnuola di sconfitte. […] Lui ha capito. maturato. Ha lavorato duro, con coscienza: ”Mi sono concentrato più sulla tecnica e la preparazione sugli sci: ho sciato in allenamento molto di più, ho perfezionato i miei attrezzi che sul ghiaccio ripido e piano vanno come una scheggia. Ho trovato l’equilibrio psicologico”. Per concentrarsi, legge i classici della letteratura» (Leonardo Coen, ”la Repubblica” 11/12/2001). Nel 2003 (19 gennaio) è arrivato il primo successo in coppa del mondo, nello slalom di Wengen: «Da anni è considerato tra i migliori interpreti dello slalom, ma è sempre stato tormentato dalla sfortuna e da problemi fisici (come l’incidente al ginocchio del 1999 o la sconfitta minima al Sestriere, per un centesimo). Insomma, tante belle manche, ma mai un successo in 71 gare: solamente tre secondi e un terzo posto. Più la medaglia di legno ai Mondiali di Vail del ”99, anche lì per un nonnulla, dopo essere stato in lizza per l’oro. Certi smacchi sono come bastonate: lasciano il segno più che sui muscoli, sulle sinapsi. Lui non ha mai accettato queste sentenze agonistiche: ”Ho sempre pensato che prima o poi avrei vinto: avevo ragione. Ma non ho mai pensato di essere uno sbruffone: sapevo quali erano le mie qualità, sapevo quanta fatica e quanti sacrifici mi erano costati allenamenti, riabilitazioni. Mi sono detto: questa sarà la stagione della verità. Se non ottengo quello che voglio, smetto con lo sci. Sono sposato da un anno, e pure questo conta nella quadratura del cerchio. Adesso con mia moglie vivo ad Asti, dove si trova la palestra del mio preparatore Roberto Manzoni”. Il guru che lo ha rigenerato, come fece con Deborah Compagnoni. Manzoni si occupa anche di Karen Putzer. Guarda caso, la Putzer e Rocca sembrano, proprio sul piano della forza psicologica, completamente trasformati: una maturazione mentale che può essere persino scambiata per tranquillità new age. Li accomuna l’intensa autoconvinzione e una profonda consapevolezza dei propri mezzi che si traduce in costanza di rendimento ad altissimo livello. Gareggiare per vincere. Sempre. Nello slalom, disciplina di rischio, significa purtroppo anche inforcare: a Rocca è capitato nelle ultime due gare prima di Wengen. Il tempo è galantuomo, si dice, tuttavia nello sport il tempo è sempre impietoso. Sono passati cinque anni da quando Rocca si affacciò alla ribalta del grande sci alpino portandosi sulle spalle il fardello di un confronto - una sfida improponibile, suicida - con l’ombra di Alberto Tomba. Uno stress nello stress: forse questo il motivo di tante incredibili sconfitte. L’ombra è stata scacciata» (Leonardo Coen, ”la Repubblica” 20/1/2002).