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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Rohmer Eric

• (Jean-Marie Maurice Scherer) Nancy (Francia) 4 aprile 1920, Parigi (Francia) 11 gennaio 2010. Regista • «Il più snob e originale dei registi francesi. [...] Come Bergman e il primo Woody Allen, anche Rohmer, amato dal pubblico femminile per le sue parole d’amore in Il raggio verde, La marchesa von... e il recente Racconto d’autunno, è sempre stato molto restìo a mostrarsi. Nacquero così leggende metropolitane, come quella che sua madre abbia sempre creduto che egli facesse il professore universitario, mentre insegnava cinema a ragazzi estasiati, e non abbia saputo che Eric Rohmer era suo figlio, il cui vero nome è Jean-Marie Maurice Scherer. Per difendere la sua privacy, il regista nella sua brillante carriera, partita dai «”ahiérs du cinema” e continuata con un famoso libro su Hitchcock scritto in coppia con Chabrol, complice della ”nouvelle vague”, ha concesso ben poche interviste, mai si è lasciato fotografare ed è sempre stato assente alle sue ”prime” di commedie, racconti morali, di stagioni e proverbi» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 7/7/2001). «Da sempre, con puntigliosa tenacia, difende il suo diritto al non apparire, a non parlare con i giornalisti, a non promuovere i suoi film in tv. . [...] ”Al cinema non vado mai; resto fedele a me stesso, sono indifferente a quello che mi circonda, ma non smetto mai di cercare il rinnovamento”» (’La Stampa” 12/7/2001). «A parte forse Godard, quelli della mia generazione non sono mai stati registi-attori, non hanno mai amato apparire. La mia vita è molto semplice, lavoro, cinema, insegnamento, mi piace essere sconosciuto, non ho bisogno che la gente conosca la mia faccia. leggenda che avevo nascosto a mia madre di fare il cinema, ma è vero che una volta, andando a prendere un premio davanti alle telecamere, misi un paio di baffi finti, per altro di moda. Talvolta neanche gli attori sul set mi riconoscono, mi scambiano per Rivette o per qualche altro» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 12/7/2001). «Nome tra i più rinomati della Nouvelle Vague, ex critico e professore, regista che si è scelto un nome d’arte e una vita segreta tanto da far sospettare qualcuno che non esistesse, con i suoi Racconti morali, le Commedie e i Proverbi e i Racconti delle 4 stagioni, non si è mai reso pubblico, non ha mai voluto incontrare nessuno: ”In un mondo mediatico mi piace essere l’eccezione”. stato il cantore delle piccole storie d’amore della gente qualunque, ma nel contesto di un cinema molto riconoscibile e raffinato, in cui la parola gioca da padrona e lo stile è inequivocabile: Rohmer è lui e rohmeriani saranno i suoi attori» (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 12/7/2001). «Il regista più verboso di una cultura cinematografica non famosa per starsene zitta. [...] il meno riconosciuto fra i grandi registi francesi della Nouvelle Vague (Truffaut, Godard, Chabrol, Rivette) [...] ha spesso irritato la gente, soprattutto i critici (forse perché lo è stato anche lui). ”La sua sensibilità - ha scritto Pauline Kael - si coglierebbe più facilmente se la smettesse di dirigere con ritmi che sembrano scanditi da un metronomo”. Perplessità espresse al meglio da un Gene Hackman detective in una battuta del film Bersaglio di Notte del 1975: ”Una volta ho visto un film di Rohmer. stato come sedersi a guardare una mano di pittura che si asciuga”. [...] Rohmer dice che molti suoi film hanno un intreccio ”che ha non ha a che vedere tanto con quello che la gente fa quanto con quello che le passa per la testa mentre lo fa”. Non stupisce, quindi, che l’abbiano tacciato di essere un romanziere che lavora in un medium sbagliato. [...] Rohmer è una creatura di Parigi. Prima reporter, poi romanziere e alla fine, dopo la guerra, il cinema alla Cinémathèque Française di Henri Langlois. L’impatto è tale che abbandona il suo vero nome, Jean-Marie Maurice Scherer, e ne prende uno nuovo. Eric, un omaggio al grande regista tedesco Erich von Stroheim, e Rohmer, un’allusione allo scrittore Sax Rohmer, autore dei romanzi di Fu Manchu. Dal 1953 al 1963, all’apice della Nouvelle Vague, dirige i Cahiers du Cinéma. Poi, negli anni ”60, si dedica al cinema a tempo pieno. Realizza film a cicli creando i sei Racconti morali , ma arriva al successo soltanto verso la fine degli anni ”60 con La collezionista, La mia notte con Maud e Il ginocchio di Claire . Negli anni ”80 realizza un secondo ciclo centrato attorno al tema dell’inganno, che chiama Commedie e proverbi. [...]» (Stuart Jeffries, ”Corriere della Sera” 3/10/2004).