varie, 6 marzo 2002
ROSSI
ROSSI Valentino Tavullia (Pesaro e Urbino) 16 febbraio 1979. Motociclista. Terzo centauro della storia a conquistare il titolo mondiale nelle classi 125 (1997), 250 (1999), 500 (2001). Nel 2002, 2003, 2004, 2005, 2008, 2009 ha vinto anche quello del Moto GP • «Lui ce la fa, si diverte. Lui si diverte, a vincere. Lui vince, e chiede: quando si ricomincia? Come un bambino. Solo i bambini sanno giocare da grandi. Seriamente, consumando se stessi e i giocattoli, gli uomini invece ne abusano, per ricavarne profitti. Non lo fermate, Valentino. Usa la moto come fosse un triciclo. Ha gli occhi che non stanno fermi e lo slang romagnolo che non fai a tempo a seguire, e sorride. Porta con sé la velocità. Un corpo esile, nervoso, adesso tanti riccioli che spuntano dai cappellini. Serfista d’asfalto, equilibrista in curva, spericolato nei sorpassi e negli inseguimenti. Trasmette adrenalina, regala entusiasmo a chi non starà mai sulla sella di una moto a 300 km orari, strizza l´occhio a tutti anche quando li ha appena stracciati. un vincente che non mette distanze, ma si arrabbia se gli ricordano le regole. un ragazzo contento Valentino Rossi, lui lo sa che accelerare significa scompigliare i problemi, mettere le insicurezze nel baule, e dimenticarle lì, dove non fanno male. [...] Se chiedete a Valentino il segreto per essere campioni a quella folle velocità vi risponderà: ”Muoversi molto lentamente sulla moto”. Che è un po´ una massima da Einstein. Se tutto fila via, meglio stare fermi e inquadrare le traiettorie. Valentino è un bambino moderno: appartamento a Londra, per motivi fiscali, 150 metri quadrati, a pianterreno, che danno su Piccadilly, casa a Ibiza, dove va spesso in discoteca, dal suo amico dj Ralf, guru della musica house, vola con aereo privato su rotte brevi e British Airways su quelle lunghe. Valentino, di notte si dimena. Gli piace ballare, fondere il corpo. Scordatevi il film Il Sorpasso di Risi. Lì l’Italia reggeva il volante in maniera sciagurata e superficiale, da mascalzona. Rossi guida da giapponese: con perfezione, maniacalità, coraggio. Non a caso il suo primo mito è stato il pilota Norifumi Abe. Un altro, al sesto titolo mondiale, ti direbbe: ”So uccidere i miei avversari”. Lui invece confessa: ”Il mio cruccio è quello di non essere cattivo”. Michele Lupi che ha scritto un libro Racers. Storie di uomini con la velocità nel cuore, prefazione di Valentino Rossi, dice che il ragazzo corre anche quando scrive: ”Non perde mai il filo. meticoloso, istintivo, attento ai particolari”. Tutti si aspettano lo scavezzacolo da provincia, il bullo da paese. Valentino è la ricerca della perfezione. Lui si accorge subito dei pezzi in disordine. [...] Ha tutto, oltre il talento. Amici, possibilità, occasioni. Vale una ventina di milioni di euro l’anno. Ma ragazze fisse, niente. Sconta un po’ la mentalità romagnola: quella che le donne incasinano le corse. E patisce la sua timidezza. Ha sempre tanti attorno, ma è anche solo. Ha fatto sempre da sé, non solo sulla moto, ma anche nella vita. I rapporti con il padre, che se n’è andato da casa, ora sono migliorati. Ma lui non ne parla. Tutto nel baule, chiuso e sigillato. Perché su due ruote certi equilibri vanno preservati e difesi. C´è rumore, sulla moto. Vibrazioni, senti il corpo dell’altro farsi sotto, ci si struscia quasi, violenza al rombo. Valentino ha paura di cadere, odia il vizio, non rischia per niente. Nella vita ha una Bmw M3 e due Porsche. La cosa che ama di più è, come dice lui, ”fare i traversi”. Divertirsi sulla strada, con l´auto. Adora le macchine da rally. Bisogna capirlo. cresciuto in pista sotto gli occhi di tutti, poca scuola, di quella sui banchi, con libri e professore. I suoi esami, sono sempre stati altri. Il suo tempo è sempre stato quello di giro, delle pole, del recupero in curva, quello sottratto agli avversari, quello che lo metteva davanti, da solo in testa. Dove si è soli, felici, contenti, ma soli. Dietro, oltre gli avversari lasciati al palo, c´è sempre stato metodo, abitudini, precisione da mettere i brividi. Come tutti i grandi. Non ha tempo da perdere con gli imprevisti della vita: amore, impicci, indecisioni. Ha pochi punti di riferimento, sempre gli stessi. Dorme sempre, quando può. Recupera così sonno e tranquillità. un felino Rossi, uno che fa quello che gli piace. Non ama il mausoleo, le gerarchie consolidate, preferisce fare prede nella sua giungla d´asfalto. Ogni giorno, una. Meglio se diversa. Ha creato un suo mondo, con regole ferme di amicizia: si torna sempre al proprio paese, a Tavullia, anche se è piccolo, perché le radici vanno rispettate e non si fa festa se un tuo amico, giovane, muore. La vita ha un prezzo, che non vale nessun podio. E se corri in Sudafrica non devi aver paura di mostrare un cartello che invita le multinazionali a offrire gratis i farmaci anti-Aids. Certe ragazzate, valgono come un traguardo. E certe cose vanno dette in faccia: a Biagi, a Gibernau. Non ci deve essere pace per i nemici, se sei il re della foresta devi avere coraggio quando apri bocca, non avere paura di coalizioni. Una volta l’Italia dello sport sognava in maniera adulta: con il calcio e con il ciclismo. Ora lo fa con questo Harry Potter della moto, mito di tutti bambini, di quelli grandi e di quelli piccoli. Una sgommata, un´accelerata, un sorpasso. Si può anche vivere così: studiando, allenando, provando il rischio. E una volta messo il piede a terra, essere un ragazzo normale. La mamma, gli amici, il paese, le vecchie sfide con l´Ape. La Formula Uno vorrebbe presto Valentino: per ridare un po’ d’anima a uno sport che puzza di plastica d’autore. Fa comodo avere Mowgli sulle quattro ruote, fa diventare tutto più divertente. Perché alla fine la vera differenza è che Valentino che ti passa a prendere sotto casa per portarti lontano, mentre Schumacher ti aspetta sul traguardo. E Valentino magari, ti dice anche: prova tu, dai» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 18/10/2004). «Si stanca di essere in testa, di fare l’imperatore, ha paura che stare davanti significhi perdersi qualcosa dietro, teme l’imborghesimento, pensa sia meglio tornare guerriero e gli riesce sempre qualche ”errorino” che lo porta di nuovo a inseguire, attaccare, sorpassare. Come quei bambini che prima si applicano alla riuscita del gioco, poi lo distruggono. Per noia, per voglia di ricominciare. [...] Ha la sua residenza fiscale a Londra e quella affettiva a Tavullia, è un moderno vitellone alla Fellini, un ragazzo che viene dalla provincia, che odia i fallimenti, che si fa vedere in giro con molte ragazze, ma che ama ricordare che prima ”quando non ero nessuno ero solo”. Ha smesso da poco al paese a fare le gare con gli Apecar truccati, non ha smesso invece di divertirsi in gara anche un secondo prima della partenza, quando agli altri la testa scoppia. Non c’è stacco tra la sua adrenalina e quella della moto, tra il suo mignolo e la frizione, che è sempre l´ultimo a staccare. E tranquilli, i ragazzi come lui magari il mignolo se lo fratturano, ma il filo non lo mollano. Non è un piccolo e avventuroso balordo della provincia italiana, ma un grande giovane professionista che cavalca la moto migliore e anche quando si tuffa in curva la rispetta, anzi la esalta. Così italiano dal dire spesso: io, non noi. questo che la Honda non sopporta, che Valentino faccia scomparire la superiorità del mezzo, che lo inglobi. Rossi va in discoteca, è spigliato nelle pubblicità, sceglie la vacanza ad Ibiza, non va agli appuntamenti ufficiali che non gli piacciono. social, come si dice oggi, non è un ragazzo che sa girare solo in tuta, sa che esiste anche l´ombra nel mondo, ha come tanti coetanei problemi con un padre, che si presenta come un fratello, anche lui ex pilota di moto, anche lui un po´ goliardico, anche lui contento di andare la domenica in una vecchia cava a sfasciare macchine con un altro campione come Lucchinelli. Rossi ha provato a correre i rally, ma gli è andata male, è finito in un fosso. curioso, è dialettico, vuole provare. Si mette in gioco. questo suo non essere teutonico che gli dà la forza da Easy Rider» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 13/10/2003). «C’è sempre qualcosa che si stacca, che si scolla, in personaggi del genere, nei divi cannibalizzati dai media. Una pellicola più o meno spessa che divide il fenomeno dall’uomo, la bestia rara dall’anima in fondo sperduta, come quella di tutti noi, che muove e nutre anche i campioni. Una pellicola opaca, che protegge e nasconde. Ma forse con Valentino l’evoluzione della razza - atleta vincens - ha seguito percorsi diversi. Rossi è uguale a Valentino, uguale a Valentinik e a Rossifumi, identico al ”Doctor” che risponde puntuale alle chiamate di soccorso e vince cinque mondiali, tre di fila fra 500 e Moto Gp, due o quattro tempi non importa. Rossi che si mette in maschera per restare serio, che si cambia d’identità per non perdere l’unica che conta. Quella del bimbo Valentino che correva fra i tavoli [...] allacciando le stringhe delle scarpe a babbo Graziano e ad altri campioni, che mimava fra i tavoli ”pieghe” e staccate. Che in gara si portava sempre appresso la tartarughina ninja comperata alla Coop, la sveglia-gallo, il casco copiato dall’idolo Kevin Schwantz. [...] Figlio di un burlone di successo, quel Graziano Rossi che in pista quasi vinceva il mondiale della 250 e a Pesaro passeggiava sul corso con una gallina al guinzaglio, mimesi bipede e sberleffo dei quadrupedi con pedigree ostentati dai ricchi e dagli arricchiti della città. Graziano lo mise per primo su una mini-moto, se lo portò a fare gare di derapate in una cava di sabbia fuori dal paese, Tavullia, dove il piccolo mago intanto cresceva, avvolto dalla polvere fatata della provincia fra Marche e Romagna, imbevuto di amicizie, sbruffonate, promesse. Altre gare, poi, più o meno serie: quelle in kart, abbandonate perché per correre su quattro ruote anche allora servivano troppi soldi, quelle ad inseguimento con i carabinieri di Tavullia e quelle sull’Ape Piaggio utilizzata come scuolabus ”perché in moto fa freddo e lì dentro invece si sta caldi”. Quelle sulla Cagiva 125 procuratagli da Virginio Ferrari, amico ed ex rivale del Graziano, con cui vince il titolo italiano nel ”94. Nel ”95 passa all’Aprilia e rivince l’italiano, è terzo nell’Europeo, nel ”96 debutta nel mondiale. I meccanici lo guardano con timoroso affetto, lui non tarda a convincerli. Vince a Brno ed è nono in campionato. Nel ”97 inizia lo show: primo titolo mondiale, con 11 Gp intascati. Nel ”98 passa alle 250 ed è secondo, nel ”99 è il più giovane di sempre a vincere nella quarto di litro. Poi tocca alla 500, con l’Honda, la categoria dei ”grandi” corteggiata nel 2000 (con il secondo posto), dominata nel 2001 e, dopo la trasformazione in Moto GP, anche nel 2002 e 2003. In mezzo, tra il primo trionfo e l’ultimo, ci stanno un sacco di cose. La rivalità al curaro, al limite dei cazzotti, con Max Biaggi, ”che mi sta antipatico, perché dice un sacco di bugie e vuole avere sempre ragione. Ma che è anche uno molto veloce”. Le trovate messe in piedi con il fido Uccio e gli altri amici di Tavullia: dalla Polleria Osvaldo alla bambola Claudia ”Skiffer”, caricata sul sellino per irridere le storie con le top model esibite da Biaggi; dalle divise da carcerato indossate per celebrare le evasioni dai periodi grigi agli smoking gialli della sua clack, gli amici giramondo pronti a travestirsi anche da vigili per multarlo in pista per eccesso di vittorie e quelli che restano a Tavullia, e che anche ieri notte hanno celebrato il pentacampione con maxi-schermo, feste, lazzi e fuochi d’artificio. C’è il rapporto con ”le ragazze che ti tradiscono, mentre la moto non lo fa mai”, le ragazze ”che sono belle e quando sogno spesso sogno di fare l’amore con loro, però ti complicano anche la vita”. Le ragazze viste da vicino, come l’ex Velina Maddalena Corvaglia e l’attrice Martina Stella, e quelle ammirate da lontano, come Angelina Jolie e Anna Kournikova. Nei suoi otto anni di vittorie ”Vale” è cresciuto tanto senza crescere troppo. [...] intelligente senza aver studiato (il cruccio di mamma Stefania), simpatico, comunicativo senza lo sforzo di doverlo essere ad ogni costo. un ”natural”, uno che, come dice il suo antenato Agostini, va forte in moto come solo quelli che sono nati per correre in moto sanno fare. Ma lui, che ha iniziato sognando la F.1 (’dove corrono non i piloti più bravi, ma i più bravi fra quelli ricchi”)» (Stefano Semeraro, ”La Stampa” 13/10/2003). «Aver guidato una Honda 500 è stata l’esperienza più bella che ho mai fatto: sono stato fortunato ad aver disputato gli ultimi due campionati delle 500, poi avrebbero abolito la categoria. indubbio, le moto mille di cilindrata vanno di più, ma appiattiscono il livello della prestazione e restano più facili da guidare, da mettere a posto. I meccanici oggi si divertono meno, d’altro canto la maggior parte delle questioni tecniche vengono risolte dal computer a Tokio. La Honda 500 a due tempi è sempre stata un mito per chi guida: fuori dal comune, per pochi, certe cose puoi farle solo con lei […] Corro da 7 anni, mi sembra ne siano passati 25. Non vivo in un posto mai più di una settimana e, infatti, quando sono costretto a restarci quindici giorni mi rompo le scatole» (’la Repubblica” 23/9/2002). Celebre in tutto il mondo anche per il modo in cui celebra le vittorie: «Tutto cominciò per stuzzicare il grande nemico Max Biaggi con la sua presunta love story con Naomi Campbell. Correva la stagione 1997 e Valentino era già un giovane vincente che cercava la sua strada per mostrare al mondo che era un tipo un po’ speciale. Farlo sul podio, da vincitore, gli sembrò la via migliore. ”La prima idea fu sua – dice Flavio Pratesi, membro storico del fan club, l’Angelo Custode del Mondiale 250 in Brasile – La bambola gonfiabile ’Claudia Schiffer’ da esibire nel giro d’onore al Mugello”. Un trionfo che lanciò una storia fatta di ammiccamenti, trovate (talvolta geniali), mascheramenti: tutti perfettamente conservati (tranne il Pollo Osvaldo), che presto entreranno in un piccolo museo della beffa a Tavullia, ”perché dalle nostre parti anche lo scherzo è una cosatremendamente seria”, dice orgoglioso Pratesi. [...] Così sono nate decine di scenette: il gabinetto volante di Jerez, la testa fasciata della Malesia, il Brasile – pentacampeon do mundo” di calcio. E sempre al Mugello l’abbigliamento da spiaggia. Quello amaro: ”Aveva vinto Marcellino ( Lucchi, suo compagno all’Aprilia 250; n.d.r.) – ricorda Valentino – ed era stato irriverente fare festa in quel modo. Mai più, solo dopo le vittorie”. Meglio annullare la festa, anche se con il rammarico nel cuore. Raccontano gli ideatori- protagonisti. ”Un paio di scenette fallite erano entusiasmanti. [...] Bella l’idea della Francia – 99: la gara prima c’era stato il WC a bordo pista di Jerez, ma gli diedero 5 milioni di multa per aver fatto pipì in mondovisione. Così pensammo ad un grande pannolone: ma cadde la catena e la vittoria sfumò. Ma il più bello di tutti era per il Mugello ”99. Lì avevamo lavorato davvero molto. Orchestrali in smoking e Vale direttore d’orchestra. Dovevamo eseguire l’Inno di Mameli e avevamo un’amplificazione da far tremare la tribuna, con i generatori elettrici per alimentarla. Peccato, ma Valentino, quando un siparietto fallisce non ne vuole sentire più parlare”. Sparisce assieme alla sconfitta. Le vittorie, invece, si ricordano. « Non ce ne è una più bella – dice Pratesi – ma forse una importante sì: la Polleria Osvaldo. Proprio dopo Brno ”98, una gara bruttissima per l’incidente con Perugini e Vale era giù. Per cercare di risollevarlo avevamo organizzato una partita giovani-anziani del fan club. E per riderci sopra le magliette erano sponsorizzate dalla polleria, visto che anche lui era stato un po’ pollo. Da lì le cose migliorarono. Vinse a Imola e comparve il pollo di plastica sul podio, alla gara dopo, a Barcellona l’animale era a grandezza umana, sulla moto con Vale”» (Filippo Falsaperla, ”La Gazzetta dello Sport” 18/8/2003).