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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

RUBBIA Carlo

RUBBIA Carlo Gorizia 31 marzo 1934. Fisico. Laureato in Fisica alla scuola Normale di Pisa. Dal 1961 lavora al Cern di Ginevra, di cui è stato direttore generale dal 1989 al 1994. Dal 1970 al 1988 ha insegnato alla Harvard University. Nel 1984 ha vinto il premio Nobel per la Fisica per la scoperta delle particelle elementari W e Z (insieme a Simon van der Meer). Lavora all’“amplificatore d’energia”, un sistema per produrre energia pulita usando la tecnologia degli acceleratori di particelle (“liberal”, 29/4/1999). «Quando ho avuto la notizia stavo andando a Trieste. Ero in taxi e da Linate mi dirigevo a Malpensa, dove il mio volo era stato dirottato. In macchina il tassista aveva la radio accesa e a mezzogiorno venne data una notizia flash. Un italiano aveva vinto il Premio Nobel per la fisica. E fecero il mio nome. Il tassista commentò: “Ma chi è questo Rubbia?”. “Guardi che sono io”, gli risposi. E lui si commosse talmente che non volle farmi pagare la corsa. La notizia non mi prendeva del tutto di sorpresa, sapevo di essere in una rosa di candidati, ma quello che accade tra i membri dell’Accademia delle Scienze non ha nulla di formale ed è davvero imprevedibile. Quando ti capita una tegola del genere sulla testa è come essere percosso da una forza centuplicata. Un premio Nobel deve sapere tutto e su tutti. Almeno questo si aspettano gli altri. Il messaggio che un evento del genere veicola - che poi non è altro che uno dei tanti eventi della vita, perché non ti dà l’immortalità... - è che agli occhi degli altri ti trasformi in James Bond. E invece non lo sei, tu sei rimasto lo stesso, nulla è cambiato, hai soltanto ricevuto un riconoscimento. E invece quello che dici, tutto ciò che fai assume un peso enorme. Così impari a trattenerti, a stare attento a come ti esprimi. Quando prendi un premio Nobel nel bel mezzo del cammin della tua vita, e io avevo 49 anni, hai ancora un sacco di cose da fare. ma come le fai? La ricerca è fatta di errori, di ripensamenti, di cambiamenti di rotta. Se devo fare un calcolo, direi che delle mie idee ha funzionato un 10 per cento, l’altro novanta invece no. Ma questo accade anche a Silicon Valley. Ma se sei un Nobel devi semnpre dire la cosa giusta, e la tua produttività non può fermarsi. Invece la produttività scientifica ha una caduta fisiologica, a causa del carico di responsabilità. È un fenomeno che è stato anche studiato e analizzato. E così è. Naturalmente un premio Nobel non è soltanto una tegola sulla testa. C’è anche l’aspetto positivo. Innanzituttto è l’unico premio che ti dà un’influenza politica. Se vuoi incontrare un politico non devi fare altro che chiederlo e vieni ricevuto. E quindi hai la possobilità di fare cose utili e necessarie per la ricerca, per i giovani e per la comunità scientifica. Se hai perduto produttività come individuo, guadagni in peso politico e sociale. Uno scienziato quando lavora non pensa ai riconoscimenti. Non ragiona come un’atleta alle Olimpiadi che ha come obiettivo la medaglia d’oro. La ricerca è motivata dal piacere e dal divertimento. Il piacere che si prova ad essere l’unica persona al mondo ad avere una risposta, di essere in possesso di una verità che nessun altro in quel momento sa, è il premio infinitamente più importante di qualsiasi altro. Del Nobel mi resta il ricordo della cerimonia così regale. Il fisico ha un ruolo molto importante, scende dalla scalinata tenendo il braccio della regina e sua moglie è il braccio del re. Ricordo il frac preso a nolo. Le prove per non sbagliare nulla. Il cerimoniale è ferreo. Provi i tempi. Tutta la cerimonia si svolge in svedese, allora ti spiegano come capire quando è il tuo turno: “Quando sentirai pronunciare in modo chiaro il tuo nome è il momento di alzarti”. Ti insegnano perfino come sederti alzando le code del frac, perché se ti siedi come abitualmente fai, quando ti presenti davanti al re hai tutte le code spiegazzate» (“Il Venerdì” 7/12/2001).