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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

RUSIC

RUSIC Rita Parenzo (Croazia) 28 gennaio 1960. Produttrice cinematografica. Ex attrice, ex moglie di Vittorio Cecchi Gori • «Rita Rusic è una donna onomatopeica. Il suono del suo nome imita quello di Jessica Rabbit, la fatalona di carta diretta sullo schermo nel 1988 dal regista Robert Zemeckis. Rabbit. Rusic. Provate a pronunciarli uno accanto all’altro e vi accorgerete che l’effetto sonoro è proprio quello. Come Jessica, Rita può dire con voce roca, mettendosi di sguincio e sbattendo gli occhi nocciola: ”Io non sono cattiva, è che mi disegnano così”, senza tuttavia dissolvere il sospetto che il disegno si avvicini, e anche parecchio, alla realtà. Oddio, cattiva è troppo. Meglio definirla determinata, ingombrante, disubbidiente. Una dissimulatrice, non una simulatrice. ”Quand’ero piccola mio padre mi diceva sempre: ”I tuoi occhi faranno paura agli uomini’. Non mi ha mai spiegato perché, ma mi piaceva che me lo dicesse. Per sapere se è veramente così lo dovrebbe chiedere agli uomini”. [...] ”Un giorno Piero Chiambretti mi ha detto che in amore e nella vita ci sono persone che danno e altre che ricevono. Ha anche aggiunto che noi facevamo parte della prima categoria: ”Siamo nati per soffrire’, mi disse. [...]” [...] stata profuga croata nel campo di Capua, allieva dalle suore del Collegio delle bambine di Roma dai sei ai quattordici anni, modella di Postalmarket, odontotecnica diplomata al Cesare Correnti di Milano, fidanzata di un imprenditore chimico della Brianza, che ”era più ricco di Vittorio”. stata la barbara Uraia di Attila, flagello di Dio con Abatantuono, moglie mai divorziata di Cecchi Gori, padrona assoluta del cinema italiano, manager aggressiva [...] ”[...] i miei scrittori preferiti sono Sandor Marai, Arthur Schnitzler e Antoine de Saint-Exupéry”. [...] è stata prima povera, poi miliardaria, poi ex miliardaria e non se la passa male neppure ora. [...] Il grande Marione, il padre di Vittorio, quando la conobbe sparò una sentenza: quella lì, a mio figlio se lo mette in saccoccia. Era destino. ”Mi piacciono gli uomini piccoli, credevo che il detto ”nella botte piccola c’è il vino buono’ corrispondesse a realtà. Vittorio è un metro e sessantotto...[...] Amo il cinema, amo tanti film. Da piccola mi piacevano i film che mi facevano piangere come Ladri di biciclette e La Ciociara. Da ragazza le storie forti: Blade Runner, Toro Scatenato, Il padrino, Taxi driver. Poi i film sulle donne: Lezione di piano, Lanterne rosse, L’ultimo imperatore. Come produttore mi ha segnato Il ciclone di Pieraccioni per il successo travolgente, inaspettato, esagerato; come distributore La vita è bella di Benigni. [...]” [...] Ha sensibilità improvvise e eleganti. Curiosità raffinate e altruiste. una, per esempio, che guarda le mani delle persone. ”Cerco le mani che aveva mio padre, mani contadine, dalle vene grosse. [...] Credo in Dio, prego tutte le sere, prima di dormire. Ho pregato tanto per il mio papà. Non è servito. Ho scoperto che, come scrive Oscar Wilde, vivere è la cosa più rara al mondo e che la maggior parte della gente esiste e nulla più. [...]”. La fisicità è una delle sue caratteristiche. Ce l’ha stampata sulla faccia. [...] ”Sono slava, noi slavi abbiamo gusti forti [...] Mi piace il sesso, non ho pudore ad ammetterlo. Il sesso fatto bene. Mica sono una zitella. Fare sesso è manifestare un sentimento, come lo è ridere, piangere, abbracciare qualcuno, stringergli la mano. Dipende dallo spirito con il quale si riempie ogni nostro gesto. Se ci pensi, il sesso è uno dei pochi poteri che, in una società ancora molto misogina, il maschio riconosce alla donna. Una volta un uomo mi ha detto che, dopo una certa età, le belle ragazze passano da donne a persone. L’ho lasciato [...] ci sono uomini che con le parole arrivano dove non si arriva con le mani. Hanno un dono straordinario, che può tanto. Raggiungono profondità dove tutto sembrava quiete. E, dopo, non lo è più [...] Errori ne ho commessi tanti. Da giovane ho sbagliato facoltà. Mi sono iscritta a medicina alla Statale di Milano, ma ho scoperto presto che non era per me. Sono troppo sensibile. Ad anatomia, quando hanno portato la gamba di un cadavere con tanto di peli, ho pianto. Avrei voluto fare lettere e filosofia, ma non era una facoltà per una ragazza di famiglia povera. Sono stata attirata dalla politica, ma dopo avere partecipato a due campagne elettorali ho capito che per essere eletto devi mentire. E poi continuare a farlo [...]”» (Dario Cresto-Dina, ”la Repubblica” 27/11/2005) • «Stando al cognome, un’origine slava. Ma lei, in una lontana occasione, corresse l’interlocutore: ”Il cognome dei miei è Rosselli. Dovettero cambiarlo per disposizione delle autorità”. Impossibile verificare [...] moglie di Vittorio. Si sono conosciuti sul set di Attila, flagello di Dio dove lei è una barbara bellissima e discintissima alle prese con Diego Abatantuono. Il film è un memorabile flop [...] Stando alla leggenda, la ragazza di Busto è arrivata per caso sul set. Ha già mosso qualche passo tra moda e tv ma si tiene una via di fuga studiando da odontotecnica. Ha sfruttato l’altezza giocando a basket nella Bustese, e la bellezza posando per un catalogo Postalmarket. Poi è arrivata qualche particina nel cinema. Ricostruire la filmografia è roba da archeologi: compare in Joan lui, con Adriano Celentano, poi ancora col ”molleggiato” che, al tempo, le viene attribuito come flirt [...] Quando si conoscono, Vittorio è un farfallone. [...] Alla cerimonia, il 18 luglio ”83, lei si presenta in tacchi bassi - per non far sfigurare lui - e un fantasmagorico abito bianco con fiocco posteriore. Moglie e attrice è un binomio che dura poco [...] Ancor più effimera è la carriera di cantante. C’è un disco - Love or leave me now, sigla per Domenica in ”84-’85 - e un video che dovrebbe essere alquanto osé e che è sparito dalla circolazione. [...] Il momento di tirare le reti viene alla morte di Mario. automatico notare la coincidenza fra il triste evento e la comparsa del nome di Rita nel logo che introduce Arriva la bufera. Da allora, sempre più nettamente, le parti si dividono: Vittorio impegnato nel calcio e nelle tv, lei addetta alla casa cinematografica [...] Tanto tradizionale, però, il personaggio non è. Pelle di latte, altissima e bionda, la voce basa per non dire roca. E poi l’abbigliamento. I jeans sono esclusi dal suo guardaroba. Le pellicce sono sempre imponenti. [...]» (Enrico Mannucci, ”Sette” n. 10/1997) • «Se non l’hai mai incontrata da vicino trovi in lei quello che ti aspettavi: l’aria tosta, la statura vertiginosa e i segni di una femminilità un po’ alla Crudelia Demon (vertiginosi anche il rosso delle unghie e i tacchi degli stivaletti). Ma ti sorprende che sia anche spiritosa. Le interviste non sono la sua passione. […] ”Ho cominciato a fare questo mestiere da privilegiata, da viziata. Con una struttura, delle garanzie, un potere contrattuale che adesso non ho più. Mi è servito il tempo di capire le difficoltà di lavorare da indipendente, di comprendere che non basta la volontà […] Prima di tutto c’è stato il muro intorno a me. Sono stata totalmente isolata. Tutt’a un tratto sono diventata ingombrante […] Un film dove mi sono ammalata per come mi piaceva e per come non è andato bene è Ferie d’agosto di Virzì […] In Cecchi Gori ho lavorato con i giovani tipo Luchetti o Mazzacurati, con il cinema d’autore. Che mi ha dato enormi soddisfazioni e mi ha anche fatto piangere. Gli incassi non mi davano ragione fino a che non è arrivato La scuola di Luchetti: un film abbastanza difficile ma anche popolare”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 29/10/2002)