Varie, 6 marzo 2002
SADE
SADE (Helen Folasade Adu) Ibadan (Nigeria) 16 gennaio 1959. Cantante • «[...] una regina che ha regnato per una sola stagione [...] elegante, sensuale [...] protagonista di un exploit [...] con un disco, Diamond life, che conteneva tre pezzi che sbancarono come Smooth operator, The sweetest taboo e Your love is king e la lanciarono come capofila di un movimento musicale cool, che rispolverava insieme le atmosfere raccolte del jazz freddo e della bossa nova (a seguire uscirono band come gli Everything but the girl, Matt Bianco, Working week, Style Council). Da allora Sade ha coltivato il vezzo di farsi viva ogni morte di papa [...] personaggio che si è permesso il lusso di rifiutare il successo (dopo aver venduto 50 milioni di dischi e aver raccolto un gruzzoletto di circa 35 milioni di dollari), di ritirarsi in campagna a fare la mamma nascondendosi alle lusinghe dello starsystem (l’hanno battezzata la Howard Hughes della musica). [...]» (Marco Molendini, ”Il Messaggero” 31/1/2010) • «Per lei calza a pennello un celebre motto del nostro Celentano, ”esco di rado e parlo ancora meno”. Perché la suadente Sade non è esattamente una stakanovista dello show-biz. Poche interviste [...] dischi col contagocce. Lontani mille miglia paiono i fasti degli eighties e di morbidi superclassici come Smooth Operator [...] ”Dicevano che la nostra musica era il sottofondo dell’era degli yuppie. O, peggio, della Thatcher. Mi infastidiva davvero all’epoca, quando in segreto davamo soldi che ancora non avevamo ad Arthur Scargill e ai minatori in sciopero” [...] Stressata dal successo, a un certo punto ha mollato il colpo per dedicarsi alla vita privata: fra amori sofferti (leggete i testi delle sue canzoni e capirete il perché), la maternità e il rifiuto della mondanità, alla fine ha scelto di trasferirsi in un paesino nella campagna dell’Inghilterra occidentale. ”Non sono la persona più socievole del mondo. Di solito faccio cose come costruire, scrivere o curare il giardino. Adoro scavare. così tangibile e reale. Mi sorprende sempre, per me è come l’alchimia. Pianti un seme e cresce qualcosa di incredibile. Fare musica è la stessa cosa. A volte mi chiedo da dove arrivi”. [...]» (Diego Perugini, ”l’Unità” 31/1/2010).