Varie, 6 marzo 2002
SALEMME
SALEMME Vincenzo Bacoli (Napoli) 24 luglio 1957. Regista, attore, autore • «Comico non toscano ma ciò nonostante campione d’incassi nelle ultime stagioni cinematografiche» (Simonetta Robiony). «Magari il cinema riuscisse ad avere sempre gli incassi che fa lui ogni volta che sale sul palcoscenico. Campione ai botteghini teatrali, ha guadagnato quattro miliardi e passa con Sogni e bisogni nella stagione 2001-2002 e tra il 2002 e il 2003 grazie alla commedia Cose da pazzi ha già raggiunto quota 5 miliardi con una media di 28 milioni e mezzo al giorno. ”Parliamo di soldi, di lire, del resto io con gli euro ancora non mi ci ritrovo, perché è bello far sapere che anche il teatro può diventare ricco. Ne dà un’immagine vitale”. Più vitale di così ci sono solo i musical, genere amatissimo dal pubblico italiano e sempre più spesso preferito alla prosa. Ma non tutte le commedie musicali, anzi pochissime, possono vantare come lui un gruzzolo di centoquarantamila spettatori in 173 repliche. Domanda di rito: perché piace così tanto? Risposta: ”Le mie sono storie curiose, la gente si diverte senza sentirsi cretina”. Napoletano di origine e di formazione (ha cominciato con Eduardo e ha proseguito con Luca De Filippo), ”esporta” in tutta Italia le sue storie, che hanno più che l’accento, il sapore del Sud. ”Il napoletano è sicuramente una lingua che aiuta, il pubblico ci vuole bene. Ci vede come dei fratelli sfortunati. Che hanno sofferto o meglio che sono disposti alla sofferenza più che al trionfo. Non che questo mi faccia piacere, preferirei che tutti morissero dall’invidia per quanto ci dice bene. E comunque anche quando siamo vincenti, noi siamo soffici, leggeri, ironici. L’arroganza non fa parte della nostra tecnica di seduzione, neanche con le donne. Ed è per questo che siamo latin lover, non io naturalmente, amatissimi in tutto il mondo […] Per troppo tempo ci si è buttati sulla tv: si è creato un vuoto generazionale. Negli anni Settanta per noi giovani attori, la grande attrazione era il palcoscenico. Ora c’è il Grande Fratello. Per risanare una situazione del genere ce ne vuole. Ma a fiuto sento che qualcosa si sta muovendo”» (Simonetta Antonucci, ”Il Messaggero” 3/4/2003). «Ho avuto una grave tossa convulsa a pochi mesi: mi portavano nelle stalle per farmi respirare. Mi avrà segnato la sensazione di soffocare? E poi ho avuto un devastante herpes quand’ero adolescente, una eruzione cutanea difficile da debellare che mi ha costretto a una lunga trafila ospedaliera […] Scrivo velocemente e poi riscrivo in scena. Ma un’idea me la posso tenere in testa per anni. Uso il metodo teatrale tradizionale: provo e riprovo con gli attori. E se mi accorgo che una mia trovata non fa né caldo né freddo, la butto via senza rimpianto perché scrivo per il pubblico, io, non per me» (’La Stampa”, 1/8/2001). ? «Quando dal mio paese, Bacoli, andai al liceo a Napoli, stavo a disagio, era una scuola di ricchi e io mi sentivo il cafone provinciale. Poi sono riuscito a imporre me a loro [...] Per me la donna è sempre una festa, con loro mi sento al riparo, ad ogni istante ho la sensazione del rifugio, con gli uomini sento sempre il rischio del tradimento. Non è un caso che sto con la stessa donna da 26 anni, e abbiamo anche dovuto superare molti problemi con le famiglie perché lei era più grande di me [...] Sono cresciuto in un mondo femminile, con mia madre che aveva quattro sorelle e con mia nonna, una pazza meravigliosa che aveva l’ abitudine di regalare tutto a chiunque avesse bisogno, chi veniva a casa nostra doveva nascondere borse e cappotti, perché se capitava un povero mia nonna regalava [...] Con il cinema ho cominciato tardi, a 41 anni, ma ero quello che volevo. Come un personaggio di Nuovo Cinema Paradiso, sono cresciuto dentro una sala, a 5 anni ho cominciato a frequentare la sala Sibilla di Bacoli. Era di mio zio, che si addormentava sul banco e io mi infilavo, passando davanti alla maschera che era un poliomielitico, e a due fratelli gobbi che stavano fissi e silenziosi davanti alla tenda. Se non bastasse, in terza fila c’era fisso uno spettatore sordomuto. C’è una ragione per cui ho messo in scena storie di handicappati [...] Sono uno che scrive storie, per il teatro o per il cinema non c’è differenza. Sono attore per caso, quando venni a Roma nel ’77 mi portarono a conoscere Eduardo e lui, con uno slancio imprevisto, disse ”’Stu guaglione, facciamoci dicere una battuta così si prende la paga’. Sono rimasto con lui fino alla sua morte nell’ 84 e poi con Luca De Filippo fino al ’92. Non mi dispiace se mi definiscono attore, ma non capisco quando dicono ”comico napoletano”, perché per me il comico è un dono di Dio, uno dovrebbe essere comico e basta» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 27/6/2003). Francesca Pini, ”Sette” n. 3/1999; Stefania Ulivi ”Sette” n. 46/1999.