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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SALGADO Sebastião Aimorés (Brasile) 8 febbraio 1944. Fotografo • «Leggendario fotografo brasiliano non si stanca di testimoniare con immagini indimenticabili l’opera oscura e feconda di tutti ”gli uomini e le donne che hanno lavorato duramente per produrre quello che noi usiamo nelle nostre case, nei nostri uffici, nel nostro mondo opulento”

SALGADO Sebastião Aimorés (Brasile) 8 febbraio 1944. Fotografo • «Leggendario fotografo brasiliano non si stanca di testimoniare con immagini indimenticabili l’opera oscura e feconda di tutti ”gli uomini e le donne che hanno lavorato duramente per produrre quello che noi usiamo nelle nostre case, nei nostri uffici, nel nostro mondo opulento”. Dopo due straordinari libri come La mano dell’uomo e In cammino, che hanno affascinato e scosso l’opinione pubblica mondiale meritandogli il titolo di ”fotogiornalista più grande di tutti i tempi” o di ”poeta della visione”, è ritornato al suo primo amore, il caffè (’Mio padre lo trasportava dall’interno del paese verso le grandi città della costa e io stesso ho lavorato, prima di fare il fotografo, per l’Organizzazione mondiale del caffè”, racconta). [...] Le foto di Salgado sono in bianco e nero, emozionanti e liriche [...] ”Dietro il caffè che beviamo, ci sono esseri umani che lo coltivano e lo raccolgono, che sono milioni in tutto il pianeta [...] Viviamo in una società che non ha più rapporti con la produzione. Il caffè impegna ben cinque milioni di lavoratori ma per la quasi totalità della gente che lo prende al bar potrebbe essere prodotto dietro l’angolo del supermarket. ridicolo. Se noi consumatori entriamo in un qualsiasi supermercato per acquistare le merci che sono in vendita, riflettendo appena un po’ ci accorgiamo di non sapere niente di cosa significhino in termini di lavoro. Da dove vengono? Chi le ha prodotte? A quali costi, umani e anche ambientali? Allora, dobbiamo ammettere che la realtà è una cosa e quella in cui noi viviamo è un’altra. fiction , nel senso letterale della parola, è una forma di sofisticata mistificazione [...] Per quanto mi riguarda, ho fondato in Brasile l’Istituto Terra, che ha per obiettivo la riforestazione e l’educazione ecologica degli agricoltori. Abbiamo già piantato più di 1.500 alberi. Ma l’orizzonte al quale si deve mirare è quello, più ampio, dello sviluppo sostenibile. Ormai sono necessari un altro modo di produrre, una nuova idea di progresso economico e soprattutto un rapporto diverso con la natura”. Salgado si è laureato in economia e solo in un secondo momento è passato alla fotografia, con gli straordinari risultati che sappiamo: perché ha deciso di fare questo salto? ”La fotografia è l’esperanto del nostro mondo. Per cambiarlo un po’, ho pensato di servirmi dell’immagine, di questo linguaggio universale che può aiutare a riflettere, a capire, a migliorare la realtà. I prossimi anni mi vedranno impegnato nel progetto più importante della mia vita. Una ricerca complessa, che dividerò in quattro parti. [...] La prima parte riguarderà i luoghi del nostro pianeta che hanno mantenuto la loro purezza. Sarà una grande sorpresa vedere che ne esistono ancora. Il 54 per cento è stato travolto dall’invadenza e dall’avidità dell’uomo. Ma il 46 per cento è pressoché intatto. La seconda parte sarà sugli animali, su cosa dobbiamo fare per salvare le specie che rischiano l’estinzione. Andrò nelle Galapagos, nel Madagascar e negli altri luoghi in cui la biodiversità ci sbalordisce con la sua ricchezza ma in cui i rischi di danni irreparabili sono purtroppo enormi. Le altre foto del mio progetto saranno, invece, dedicate alle più antiche comunità umane. In primo luogo, quelle paleolitiche che vivevano ancora di caccia. E, poi, quelle della rivoluzione neolitica che avevano scoperto l’agricoltura [...] Sono convinto che, nel corso della cosiddetta civiltà, ci siamo allontanati troppo dalle nostre radici istintive. Se le mie foto contribuiranno a farci capire che bisogna ritornare alla terra e alla natura, potrò dirmi contento. Per secoli, soprattutto nell’ultimo, abbiamo aggredito e sfruttato il nostro pianeta fino all’inverosimile. Credo che sia indispensabile cambiare rotta per evitare il peggio. Adesso dobbiamo dimostrare di meritarcelo”» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 14/7/2003) • « forse il fotografo che più ha frequentato guerre, carestie, esodi. Brasiliano fuggito a Parigi durante la dittatura militare […] ha visitato 35 paesi nel corso della sua carriera. Ricorda: ”Ho visto morire anche 10mila persone in un giorno”. […] Ha avuto tutti i maggiori riconoscimenti che un fotografo contemporaneo può sognare eppure non vuole smettere di denunciare e testimoniare. […] ”Se di fronte alle mie foto provate soltanto compassione, significa che ho fallito. Dietro ogni mia immagine si nasconde una soluzione. Cercatela […] Io nelle fotografie amo i dettagli”» (Anais Ginori, ”la Repubblica” 28/1/2003).