Varie, 6 marzo 2002
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Samaranch Antonio
• Barcellona (Spagna) 17 luglio 1920, Barcellona (Spagna) 21 aprile 2010. Dal 1980 al 2001 fu presidente del Cio • «Per scendere dal trono ha suggerito alla sua corte la stessa città, Mosca, e lo stesso giorno, il 16 luglio, di quando, nel 1980, venne incoronato, al primo scrutinio, monarca assoluto del Comitato Olimpico Internazionale, settimo presidente della storia, successore dell’irlandese Lord Killanin. Soltanto il barone Pierre de Coubertin ha regnato più di lui: ventinove anni, dal 1896 al 1925. Il mondo ha cambiato lo sport, ma anche lo sport ha cambiato il mondo. Samaranch ne è stato, a un tempo, periscopio e termometro, regista e protagonista. Sempre in prima linea, inviso al blocco anglosassone, gran mediatore fra tensioni e tentazioni, il Nobel della pace come sogno estremo e ”ricompensa” massima di una carriera spesa ad avvvicinare e unificare i popoli sotto la bandiera dei cinque cerchi. C’è chi dice, con un filo di malizia, a tutti i costi. [...] ”Mi piacerebbe essere ricordato come il presidente che ha retto il timone dell’olimpismo in un periodo di straordinarie rivoluzioni: politiche, sociali, sportive. Iniziai che era ancora in piedi il muro di Berlino e Mosca era la capitale dell’Unione Sovietica. Oggi, sono scomparsi entrambi, il muro e l’Unione Sovietica. [...] La maratona di Emil Zatopek ai Giochi di Helsinki, nel 1952. Ero il giovane inviato di un giornale di Barcellona, ”La Prensa’. Non mi chieda perché, ma da allora la falcata e il viso di Zatopek mi accompagnano sempre. Provai un’emozione intensissima, difficile da descrivere, impossibile da dimenticare”» (’La Stampa” 9/7/2001) • «Ha aderito al franchismo prima di compiere vent’anni e si è tenuto alla larga dall’esercito repubblicano in cui combattevano quasi tutti i giovani catalani. [...] La famiglia Samaranch, una delle più ricche di Barcellona, imprenditori tessili, appartiene alla minoranza catalana che ama Franco e il giovane Juan Antonio, dopo un passato di pugile dilettante, si dedica alla carriera sportivo-politica. Diventa presidente della federazione catalana di hockey rotelle, disciplina che non doveva essere tra le più popolari, però si fa notare dai gerarchi falangisti per la buona volontà. Nel 1956 diventa delegato per l’educazione sportiva e per lo sport in Catalogna e viene nominato nel Consiglio regionale. Nel libro I signori degli anelli, due giornalisti inglesi, Vyv Simson e Andrew Jennings, rivelano che Samaranch a quel punto della sua vita fa parte a pieno titolo dell’establishment del Paese, è molto amico di Carmen, la figlia di Franco, trascorre le feste di Capodanno in compagnia del dittatore. Queste frequentazioni sono premiate nel 1966, quando diventa il massimo responsabile dello sport spagnolo, una specie di ministro. I franchisti puri e duri non sono del tutto convinti di questo giovane ambizioso che sembra loro un opportunista desideroso di usare lo sport per scalare i gradini del potere. Costoro hanno la meglio nel 1970, quando il ”ministro dello sport” viene allontanato dall’incarico dopo la spedizione fallimentare alle Olimpiadi di Città del Messico. la sua fortuna perché così non rimane nel bunker dei fedelissimi di Franco negli ultimi anni del regime. Gli resta la carica di membro del Cio e la tiene ben stretta, con l’occhio rivolto al futuro. Nel ”65 l’assemblea olimpica si era tenuta in Spagna e Samaranch aveva favorevolmente impressionato i membri di allora, quasi tutti anziani aristocratici, perché li aveva fatti ricevere da Franco in persona [...] Dopo la morte del Caudillo, è abbastanza presentabile per essere nominato, nel ”77, ambasciatore a Mosca da re Juan Carlos. Nella capitale dell’Unione Sovietica l’irrefrenabile catalano decide di dare la scalata alla presidenza del Cio, di cui sa che la poltronissima rimarrà presto vuota. Mosca è il posto ideale: la città deve organizzare le Olimpiadi del 1980 e la nomenklatura è molto preoccupata che i Giochi non si possano tenere, soprattutto dopo l’invasione dell’Afghanistan per mano dell’Armata Rossa. Boicottati da 65 Paesi, i Giochi rischiano di essere un disastro memorabile. Però Samaranch, dietro le quinte, offre all’Urss, per salvare il salvabile, la sua sapienza di diplomatico e di dirigente del Cio. Il governo spagnolo decide di aderire al boicottaggio decretato dagli americani, però l’ambasciatore convince il Comitato olimpico spagnolo a non tenerne conto e a mandare gli atleti a Mosca. La ricompensa per i servigi resi è immediata: nell’elezione del nuovo presidente del Cio, l’Urss e il blocco dei Paesi dell’Est si schierano in blocco a favore di Samaranch, così come i paesi latinoamericani e africani, sotto l’influenza del brasiliano Joao Havelange, capo del calcio mondiale. Secondo Simson e Jennings, Havelange ha pagato il prezzo per l’appoggio di Samaranch con l’allargamento dei Mondiali di Spagna da 16 squadre a 24: allargamento che Havelange aveva promesso al suo ”elettorato” latinoamericano e africano senza avere i quattrini per mantenere l’impegno. Gli anglosassoni, che avevano dominato fino a quel momento, sono sconfitti [...] E trionfa lo sport business. parecchia ipocrisia viene eliminata, portandosi via il dilettantismo. Entrano da padroni gli sponsor e i Giochi, che fino ad allora erano un peso per i Paesi organizzatori, si scoprono redditizi. nel 1984 i Giochi di Los Angeles finiscono con un utile di 225 milioni di dollari. la dimostrazione che l’olimpismo è un affare, un grosso business [...] stato rieletto tre volte e il Cio ha cambiato il regolamento per assecondarlo, alzando l’età del ritiro da 75 a 80 anni [...]» (Mino Vignolo, ”Sette” n. 5/1999).