Varie, 6 marzo 2002
SAMPÒ Enza
SAMPÒ Enza Torino 14 febbraio 1939. Conduttrice tv • «[…] È la faccia femminile della Rai che ha resistito più a lungo: più di Nicoletta Orsomando, più della Carrà, più della Goggi. Campanile sera la rese popolarissima ancora ragazzina. Cordialmente, a metà degli Anni 60, la incoronò intervistatrice di buone maniere e buona grazia, con quel pizzico di ironia indispensabile per non esser melensi. Ma la Sampò ha anche condotto il festival di Sanremo in coppia con Paolo Ferrari, ha letto i giornali al mattino con Mario Pastore, ha turbato i benpensanti con l’avveniristico Io confesso voluto da Guglielmi. […] Imperturbabile, elegante, cortese. Un miracolo paragonabile solo a Elsa Martinelli: ossa messe bene, sguardo vivace, classe. La sua voce, con un lieve strascico sommesso, fece inventare ad Achille Campanile la locuzione “Parlar sampese”, oggi passata di moda visto che non esiste più il bell’italiano, l’accento puro, l’annunciatore. Com’è finita a far la televisione? “Nel mio palazzo a Torino abitava il regista Corgnati, quello che poi sposò Milva. Io facevo qualcosa come l’indossatrice, lui doveva organizzare un programmino sui giovani intitolato Anni verdi. Era il 1957 […] Essere in video tutti i giorni ti fa sentire una star. E questo mi provoca insieme un sentimento di delizia e di rabbia. Per dieci anni ho lavorato dietro le quinte e mi è assolutamente chiaro che il successo di un programma dipende solo in parte da chi lo conduce. Ma esser riconosciuta per strada, ricevere lettere, avere chi chiede il tuo parere regala scariche di adrenalina […] dalla tv non sono mai uscita: in qualche modo l’ho sempre praticata. C’ero quando si faceva tutto in diretta ma doveva esser perfetta, poi tutto registrato e se sbagliavi si rifaceva, adesso che è sempre in diretta e se c’è un errore meglio perché è più vivace. Vorrei una via di mezzo: allora era troppo ingessata, oggi troppo sbracata. Mi mancano le prove. Sono una precisina, io, molto torinese: se potessi preparami sarei più contenta” […]» (“La Stampa” 24/2/2005) • «[...] “[...] gli inizi furono difficili. Era il 1957, andai a fare un provino come annunciatrice. Avevo 18 anni, mia madre aveva una scuola di taglio e cucito, io sfilavo come mannequin. Famiglia seria, chiusa. L’apertura sul mondo e sulla televisione la devo al nostro vicino di casa, Maurizio Corgnati, il futuro marito di Milva, regista al centro Rai di Torino. Ma come annunciatrice non andavo bene, mi muovevo troppo. Sulla scheda scrissero: ‘Brunetta tutto pepe, poco adatta alla tv’”. Un anno dopo, l’esordio. “Con i programmi per i ragazzi, Anni verdi e Il circolo dei castori. Incontro un giovane giornalista siciliano, bello, galante, capelli neri, occhi scuri: Emilio Fede. Teneva una rubrica di motori sulla Gazzetta del Popolo e arrivava sgommando su una spider. Fu il mio primo fidanzato. Durò fino a quando mi accorsi di non essere sola. Salgo sulla spider e lui mi dice: tieni Enza, hai dimenticato i tuoi occhiali da sole. Non erano i miei. Sono scesa sbattendo la porta e non l’ho mai più voluto vedere. Fede non capì. Gliel’ho spiegato solo poco tempo fa, quando mi ha telefonato: Enza, perché quel giorno mi hai sbattuto la portiera in faccia? Gli occhiali, Emilio, gli occhiali”. “Cambiai città, da Torino a Milano. In corso Sempione mi presentai all’usciere: cosa potrei fare? Lui mi introdusse alla signora Marta, la segretaria della direzione varietà. Lei mi disse che non ero adatta e mi smistò ai programmi culturali: il mio si chiamava Lei e gli altri. Alle prove veniva a vedermi un ragazzo con gli occhiali spessi, non bello ma molto simpatico”. Umberto Eco aveva chiesto di lei ma gli hanno sbagliato il nome, così l’approccio diventa una gaffe: signorina, io la conosco, lei si chiama Elena... “Nacque un rapporto tenero, sognante. Sembravamo i fidanzatini di Peynet. Umberto era talmente lontano dall’idea del successo che per gioco fece la comparsa nella Notte di Antonioni. Io di politica non sapevo nulla, lui me ne parlava sempre. Un giorno incontrammo un corteo socialista e Umberto mi diede una lezione di lotta di classe, rivoluzionaria più che riformista: non bisogna aiutare l’operaio a spingere il carro, meglio che capisca quanto è sfruttato; solo allora si ribellerà. La cosa mi colpì: io ero stata educata dalle salesiane di Maria Ausiliatrice, sapevo che lui veniva dall’Azione cattolica, non lo pensavo così”. La famiglia Sampò non è entusiasta dell’intellettuale gauchiste che frequenta la figlia. “Mi faceva leggere Moravia e Nabokov. Ma quando mia madre mi trovò in camera La noia e Lolita si infuriò e insistette perché lo lasciassi. Allora lui le scrisse una lettera molto bella, per dirle che era importante perme leggere tutti i libri, anche quelli”. Nell’estate del 1960 la Sampò è in Sicilia per una serata con Enzo Tortora. Piero Turchetti, il regista di ‘Campanile Sera”, la nota e la scrittura: Bongiorno conduce in studio, lei e Tortora dalle due città che si sfidano. “Mike ed Enzo avevano un rapporto appuntito, di rivalità. Mai un litigio però: Tortora aveva il dono dell’ironia, Bongiorno si sentiva un divo che non deve temere i confronti; quando Eco pubblicò la Fenomenologia ci rimase malissimo, per fortuna non sapeva che ero stata la sua fidanzata”. Non fu il successo a separarli. Anzi, quando Enza arriva ad Alessandria, a teatro c’è anche la ragazza invano amata da Eco al liceo (figura evocata anche nell’ultimo romanzo): per lui è un trionfo. “Finì perché non è facile essere la donna di un genio—racconta la Sampò —. E Umberto già allora era geniale; anche troppo, per me. Mi sentivo inadeguata, non abbastanza colta, non alla sua altezza. Erano tempi in cui le donne non osavano competere con gli uomini; in ogni caso, con lui io non avevo chances.Uscivamo con Luciano Berio e la moglie americana sempre vestita di viola o di rosso e io non capivo la sua musica, con Umberto che passava ore a tentare di spiegarmela; mi presentava Furio Colombo e io restavo in soggezione: un bel ragazzo, ma così serio... Eco leggeva, pensava, scriveva di continuo e si attendeva che tenessi il suo passo. Era un esame perpetuo. A volte mi rimproverava aspramente. Una sera sbagliai il nome di un pittore, dissi Mignaco per Migneco, e lui mi fece una scenata. Alla fine del ’60 progettavamo di sposarci. In effetti ci siamo sposati poco tempo dopo, ma con un’altra persona”. Della Rai di un tempo la Sampò conserva un buon ricordo ma non celebra il mito. [...]» (Aldo Cazzullo, “Corriere della Sera” 20/2/2006) • «[...] Avevo 17 anni quando Piera Rolandi mi prese in quello che fu il mio primo programma serio, Lei e gli altri: Marisa Borroni era andata in maternità. Tre anni più tardi, nel ’60, mi chiamarono all’ultimo minuto per presentare il Festival di Sanremo in coppia con Paolo Ferrari. Anche lì al posto di qualcuno, non ricordo neppure chi. Subito dopo, Renato Tagliani lasciò Campanile sera e mi chiesero di sostituirlo [...] Nei primi tempi, le città dove venivo mandata io si ribellavano, pensavano che la Rai le considerasse di serie B. Tutte avrebbero voluto avere Tortora. Ebbene, lo confesso, ho sofferto di gelosia! [...] Facevo Tandem, una trasmissione per ragazzi. Due camermen mi regalarono il libro di Maria Bellonci che si intitolava Tu, vipera gentile. Mi roconosco in questa definizione? Un po’ sì. Senza un pizzico di veleno questo lavoro non si può fare [...]» (Francesco Faranda, “TvSette” 16/10/1997).