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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SANGUINETTI

SANGUINETTI Davide Viareggio (Lucca) 25 agosto 1972. Tennista • «[...] ragazzo nato a Viareggio, cresciuto tra La Spezia e la Ucla University, e residente a Montecarlo [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della sera” 4/2/2002). «Nel suo alterno percorso verso la beatificazione, che Wojtyla, ex-tennista, avrebbe forse propiziato meglio di Ratzinger, Davide San Guinetti ha ritrovato l’aureola. Simile indispensabile simbolo è fugacemente apparso, più d’una volta, nell’umana vicenda di Davide [...]Era balenato, quel magico cerchietto, mentre il nostro eroe veniva a trovarsi, primo nell´italica storia, alla UCLA, Università meglio conosciuta grazie al basket. In America, Davide aveva seguito un’intuizione di suo papà Dino, imprenditore d’avanguardia [...]. Ritrovatosi in villa un figliolo dotato, Sanguinetti père aveva dapprima fondato a Portonovo (La Spezia) un piccolo club per futuri campioni, nel quale si erano felicemente svezzate, tra le altre, la Lapi e la Baudone, ora signora Furlan. Considerate le storiche carenze e il disinteresse federale, Dino aveva seguito le orme di papà Reggi, audace nello spedire la sua piccola Raffaella tra le braccia di Bollettieri. Aveva scelto, Sanguinetti, la concorrente Scuola di Hopman, il guru australiano trapiantato a Saddlebrook . E non si era certo opposto quando una viva passione umana ancor prima che amministrativa aveva attratto Davide alla UCLA. Lì, quell’italiano che attaccava dal fondo al seguito di un gran rovescio bimane, aveva raggiunto gli onori dello All American, che sarebbe una sorta di Nazionale Universitaria, e addirittura sfiorata la finale individuale del campionato NCAA. Ritornato tra noi col suo bravo diploma in Business Administration, Davide aveva preferito i campi all’ufficio, e iniziato una carriera decisamente alterna, da quel tipo ispirato ma umorale che conosciamo. Professionista dal ”93, aveva sfondato il muro dei Primi Cento nel ”97, quello dei Cinquanta nel ”98. Era stato proprio quello, il suo anno magico. Wimbledon l’aveva visto ripetere una prodezza riuscita soltanto a De Morpurgo, Pietrangeli e Panatta, l’accesso ai quarti, dove l’aveva bloccato uno dei migliori giardinieri all times , Richard Krajicek, figurarsi. Ma quell’annata felice ci avrebbe riservato un risultato ancor più splendente, il match della vita, i tre set a zero contro nientemeno che Todd Martin, incontro che propiziò, a Millwaukee, l’accesso dell’Italietta alla nostra ultima finale di Davis. Da allora, la carriera di Davide divenne altalenante, così come il suo rapporto con uno dei nostri pochi coach di qualità internazionale, lo ex mondiale jr. Claudio Pistolesi. Con Claudio ai bordi, Davide vinse a Milano il suo primo torneo internazionale, battendovi in finale un promettentissimo giovane, Roger Federer. Quel successo rammendò uno strappo tra Sanguinetti e la FIT, e una decisione autolesionista del capitano Barazzutti condusse il complice al suo più penoso match, una vicenda che si impantanò in uno stagno di Reggio Calabria: già allergico di suo al rosso, Davide riuscì a farsi battere da uno sconosciutissimo finlandese, tale Tillikainen, sorta di ectoplasma che apparve, colpì, svanì nel nulla. Avrebbe potuto essere, quella, la fine di un’onorevole carriera. Un felice matrimonio con Tatiana, un’amata figlioletta, Alice, e il ritorno dell’amico coach Pistolesi, han fatto sì che Davide non si arrendesse, nascondendosi dietro la paterna scrivania. [...]» (Gianni Clerici, ”la Repubblica” 6/9/2005). «[...] Come Lupo Alberto, Davide Sanguinetti non è mai stato un guerriero. O meglio, lo è anche stato, ma sempre con quella faccia un po’ così, di quello che sposa la ragazza del primo banco, di quello serio, che non ha mai detto una parola di troppo anche se qualche volta gli è scappata. Gentile e gentiluomo, tanto da beccarsi pure insulti esagerati per le sue indecisioni, per i suoi passaggi critici [...] è nato ricco, figlio di un imprenditore la cui azienda stampa un ”periodico” che non conosce la fluttuazione dei gusti del pubblico: la cartella delle tasse. L’anno migliore di Davide Sanguinetti fu il 1998 (quarti a Wimbledon, primo italiano a riuscirci dopo Adriano Panatta 1979; finale di Coppa Davis), ma anche il 2002 non era cominciato male. Dopo 116 tornei, quasi una vita da professionista del circuito, aveva vinto il primo titolo, a Milano, superando in finale Roger Federer che non era ancora Federer, ma neanche uno qualsiasi. Poi mise in bacheca pure il secondo a Delray Beach regalandosi lo scalpo di Andy Roddick che non era ancora Roddick, però già tirava dei bei calcioni. Davide divenne il leader azzurro, tuttavia subì il trauma di Reggio Calabria: il c.t. azzurro Corrado Barazzutti scelse il rosso per la partita di Davis con la Finlandia, ma venne il diluvio e la terra mutò in acquitrino. Davide, che sul rosso non è mai stato un fulmine, affondò con armi, bagagli e buone intenzioni. Da allora ha bordeggiato. Una finale a San José, una semifinale a Vienna, la retrocessione in C nello Zimbabwe, ultima fermata azzurra. [...] fan di Miroslav ”Gattone” Mecir, di cui possiede le videocassette degli incontri più importanti [...]» (Roberto Perrone, ”Corriere della Sera” 6/9/2005).