varie, 6 marzo 2002
SANTORO
SANTORO Michele Salerno 2 luglio 1951. Giornalista. Conduttore tv, ha ottenuto il primo grande successo con il programma di Raitre Samarcanda. Da ultimo Annozero • «Tutto sono io tranne l’intellettuale organico togliattiano. Ricordo, per inciso, che quando vinse l’Ulivo non fui certo ”premiato” in Rai e fui costretto a cambiare azienda televisiva» (’Corriere della Sera” 25/6/2001) • « sempre stato un ricercatore di quel che si muove nella pancia del Paese. Attiva le differenze, non le assonanze» (Carlo Freccero, ”la Repubblica” 13/11/2001) • «[...] ho sempre viaggiato moltissimo. Prima avevo più amici. A Salerno e a Napoli vivevo in mezzo ad amici artisti, pittori o scrittori [...] Uno dei più cari è stato Filiberto Menna. Poi a Salerno con Edoardo Sanguineti ho dato vita a iniziative culturali importanti”. [...] cacciato dal liceo perché aveva rigato la macchina di una professoressa. ”Ero il più turbolento e mi attribuivano qualsiasi malefatta. Non ho rigato nessuna macchina. Ero un tipo molto difficile, sempre al centro di quel poco di effervescenza che c’era nella scuola [...] Mio padre ferroviere ha fatto laureare cinque figli. Per lui era insopportabile il mio atteggiamento ribelle. Avevamo grandissimi litigi, ma eravamo molto legati. Sono stato cacciato dal mio liceo, ho perso un anno e ne ho dovuti fare due in uno. Ma bene o male mi sono diplomato. Anche se con il minimo dei voti. Politicamente? Anarchico puro. Un disordinato, divoratore di letture della beat generation [...] Ero molto popolare in città. Un capo vero. A Salerno, nel mio piccolo, ero adorato, avevo legioni di fan. Ai miei esami di maturità vennero ad assistere centinaia di persone [...]Avevo il massimo della visibilità, ero di moda, era facile avere tutte le donne che volevo. Come succede ai fenomeni popolari, ai cantanti, agli attori [...] Mi laureai in filosofia con 110 e lode, prestissimo, al contrario di Giuliano Ferrara che credo non si sia nemmeno laureato. Che c’entra Ferrara? C’è uno strano parallelismo fra noi. Entrambi abbiamo lavorato a giornali nati dopo il ”76, dopo i successi elettorali del Pci, lui Nuova Società, io Voce della Campania. Il suo era più ponderoso, più di riflessione. Il mio era più venduto. Il confronto è sempre a vantaggio mio, sul mercato [...] Il ”68? Fu una stagione molto allegra, di grandissimi rapporti umani”. finito in Servire il Popolo, Aldo Brandirali, il movimento maoista italiano... ”Ero giovanissimo, ubriaco della felicità di vedere questo movimento studentesco che si sviluppava, preoccupato di vederlo rifluire a causa dello spontaneismo. Bisognava fare il partito e c’era questo modellino pronto, Servire il Popolo, tutto incentrato sull’organizzazione e sul Libretto Rosso di Mao [...] Anche tra i maoisti ero considerato un eterodosso. Le mie avventure sentimentali mi avevano fatto mantenere sempre un certo legame con la borghesia. I maoisti mi consideravano con sufficienza. E alla fine mi cacciarono”. Poi il Pci. ”Eterodosso anche lì, nella solita posizione scomoda. Un giorno, a un congresso, c’era anche Achille Occhetto, parlai ed ebbi un grosso successo, standing ovation e cose del genere. Il giorno dopo fui trasferito da Salerno a Napoli. Nel Pci di allora, se pensavi troppo con la tua testa, zac, te la tagliavano [...] Allora mi inventai una occupazione: la comunicazione. Per gli altri era inutile e sconosciuta. Riuscii a farla diventare importantissima. Poi cominciai a lavorare per la Voce della Campania dove alla fine divenni direttore. Lo feci diverso, senza rispetto per le istituzioni, aperto ai radicali, alla Napoli di Lucio Amelio, all’arte contemporanea. La Napoli comunista legata all’esperienza del realismo scalpitava. Non piaceva che io intervistassi su sette pagine Achille Bonito Oliva. O che recensissi Martone per primo in Italia. Volevano che facessi servizi sulla pittura del sindaco Valenzi. In breve...”. In breve l’hanno cacciato. arrivato alla Rai? ”[...] Al Tg3 c’erano molti giovani interessanti: Giovanni Mantovani, Paola Spinelli, Paola Sensini, un gruppetto di persone volute dal condirettore Curzi. Direttore era Luca Di Schiena preoccupato di far passare recensioni di mostre di amici suoi, nei dieci minuti dell’unica edizione. Però c’era anche un settimanale e io andai lì [...] Quando io lavoravo a Mediaset, mi facevano sentire un re. A Mediaset coccolano le loro star, le vezzeggiano. lo star system. In Rai nessuno coccola nessuno [...] Ero la prova della loro indipendenza ed imparzialità. Detto questo, non sono un eversore. Non ho mai dato al mio lavoro in Mediaset una interpretazione provocatoria nei confronti di Berlusconi” [...] Beniamino Placido lo chiamava Gigi er bullo. ”Beniamino era uno degli intellettuali romani che giravano intorno a Rai Tre. L’emergere di una persona come me, fuori dei loro schemi, li ha infastiditi. Per questo Placido più di una volta mi ha degnato di una attenzione non benevola. Però poi mi ha dovuto celebrare come personaggio dell’anno [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 5/6/2003).