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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SARTORI

SARTORI Giovanni Firenze 13 maggio 1924. Politologo. Uno dei più noti studiosi di politologia a livello internazionale. Albert Schweitzer Professor in the Humanities alla Columbia University di New York e professore emerito di Scienza politica all’Università di Firenze. Appartiene inoltre alla American Academy of Arts and Sciences e all’Accademia dei Lincei. Editorialista del ”Corriere della Sera”, è tra i più autorevoli commentatori dell’attualità politica. Ha pubblicato numerosi volumi, che sono stati tradotti in oltre trenta lingue. Tra i più recenti: La terra scoppia (Rizzoli), Homo videns (Laterza), Pluralismo, multiculturalismo e estranei (Rizzoli), Ingegneria costituzionale comparata (il Mulino). «[…] Pochi studiosi italiani, certamente nessuno tra i politologi, godono all’estero del prestigio di Giovanni Sartori. A lungo docente negli Stati Uniti, prima a Stanford e poi alla Columbia University di New York, ha scritto opere tradotte in tutto il mondo su molti argomenti fondamentali: dalle definizioni della democrazia all’analisi dei sistemi di partito; dall’ingegneria costituzionale all’influenza dei mass media sulla politica. A lui si deve, per fare solo un esempio, la più convincente interpretazione della cosiddetta prima Repubblica italiana, vista come un caso di ”pluralismo polarizzato” per l’ampia molteplicità delle forze presenti sulla scena e per l’enorme distanza ideologica esistente fra le ali estreme. […] Naturalmente, come sanno bene i lettori del ”Corriere della Sera”, Sartori non è soltanto un teorico e meno che mai un erudito asserragliato nella sua torre d’avorio. Al contrario lo si può legittimamente definire, come fa […] Stefano Passigli, ”un politologo militante”. Dalle riforme elettorali alle ipotesi di trasformazione federale dello Stato, dal conflitto d’interessi alle conseguenze dell’immigrazione, non si contano i temi attuali su cui l’autore di Democrazia e definizioni ha levato la sua voce spesso caustica, con una chiarezza di esposizione che non è poi così frequente tra gli studiosi di alto livello, soprattutto nel nostro Paese. Se c’è qualcosa che impressiona il profano, nella prosa giornalistica del Sartori editorialista, è la sua capacità di adottare un linguaggio piano e accessibile anche quando si tratta di esporre problemi caratterizzati da una notevole complessità. E desta ammirazione anche la sua vena creativa nel forgiare espressioni che finiscono per entrare nell’uso comune: ad esempio ”Mattarellum”, per designare l’ibrida legge elettorale attualmente in vigore in Italia per le consultazioni politiche; oppure ”Homo videns” come prototipo del cittadino teledipendente, a suo avviso più facilmente condizionabile dell’elettore di una volta. […]» (Antonio Carioti, ”Corriere della Sera” 24/3/2005). «Toscanaccio, irascibile, mangia solo carne chianina. Anchorman della politologia, editorialista sopraccigliare del Corriere, sufficientemente intoccabile […] Vuole un sistema uninominale a doppio turno, spiccicato come quello che vuole fare Massimo D’Alema» (Pietrangelo Buttafuoco, ”Dizionario dei nuovi italiani illustri e meschini” 31/10/1998). «’Un rompiballe”, lo liquidò una volta Berlusconi, ed è stato sufficiente perché la sua armata lo accusi ripetutamente di ”boria intellettuale”, cecità (’il politologo che non sa niente di politica”, scrive Baget Bozzo), presunzione arrogante (’crede di essere l´ombelico del mondo”, disse di lui Marcello Pera). l´inventore delle scienze politiche nell´accademia italiana, ha messo in cattedra o formato più generazioni di politologi (tra cui Giuliano Urbani e Domenico Fisichella, ma è un terreno minato, alla cui soglia s´arresta), è autore di innumerevoli e ponderosi saggi sulla democrazia e sulla dottrina dello Stato […] eppure nell´era di Berlusconi è trattato come un massimalista ”piantagrane”, ribelle dispettoso da tenere a bada. La proscrizione non lo intimidisce, ma qualche venatura di inquieta malinconia gliela procura. ”Il cavaliere finirà per dire che sono ”un comunista,. Non sono mai stato iscritto al Pci né a nessun altro partito. Sono soltanto un signore non più giovane, a cui piace scrivere quel che pensa”. L’indole di ”resistente” gli cattura molte simpatie a sinistra, anche se verso i suoi leader non è sospettabile di benevolenza, avendoli più volte candidati al ”Nobel dell´insipienza”. […] ”Ci voleva Berlusconi per distrarmi dai miei studi. Da una cinquantina d´anni scrivo di democrazia e costituzionalismo. Sono i miei temi. Vederli bistrattati mi ha fatto perdere un po´ la pazienza. Il conflitto d´interessi, e poi le leggi cosiddette fotografia, ossia fatte ad personam: non smetto d´indignarmi. Quel che è accaduto è una netta collisione tra il mio sapere di studioso e il modo rovinoso con cui lo vedo liquidato da una maggioranza fatta di sanculotti culturali […] In Mala tempora c´è anche un suo celebre editoriale del maggio 2003 in cui non è affatto tenero con Berlusconi. ”Ah, sì: quello in cui gli chiedevo polemicamente da chi mai si sentisse minacciato. E proseguivo: lui poteva tranquillamente dormire tra quattro guanciali, chi non riusciva a dormire tranquillo ero proprio io”. Concludeva testualmente: ”E poi lei ha dichiarato, signor presidente del Consiglio, che non sarà consentito a chi è stato comunista di andare al potere. Queste cose le diceva Mussolini. Lei non ha alcun motivo di aver paura. Io sì”. […] ”Dissero che tra le ragioni dell´allontanamento di Ferruccio de Bortoli dal Corriere c´era anche il mio articolo. La cosa mi dispiace molto. De Bortoli è stato un direttore impeccabile, mi ha sempre difeso. Non ho memoria che mi abbia mai rifiutato un pezzo. Mi dispiace davvero. Ma se c´è una pressione politica su un direttore, e quel direttore viene cambiato, la colpa non è mia, ma della proprietà che cede alla pressione”. Con quale direttore ha esordito sul Corriere? ”Con Giovanni Spadolini, negli anni della contestazione studentesca. Io ero sull´altro lato delle barricate: il Sessantotto, per me, non fu affatto formidabile. Spadolini mi manca molto anche per una ragione: quando mi scappa una data, non so più a chi rivolgermi. Aveva una memoria incredibile. Con Ugo Stille, poi, c´era un´amicizia personale. L´avevo conosciuto nell´estate del 1950 a New York. Misha era corrispondente per il Corriere. Una vera mitragliatrice, scriveva con una velocità sbalorditiva. Paragonabile a quella di Montanelli con la Lettera 22: da ragazzo lo incontravo a casa, qui a Firenze, era amico di famiglia. A un certo punto diventai anche il vice di Stille, nella sede americana del Corriere, ma soltanto per un mese”. Era altrettanto veloce? ”No, al contrario. Ero e sono ancora molto lento. Quando devo scrivere un articolo, di regola sessantasei righe, preferisco dormirci sopra. Lo devo tranquillizzare, rendere meno concitato. Così lo metto al riparo da querele. […] Se faccio un pezzo senza boccacce, finisce che m´annoio”» (Simonetta Fiori, ”la Repubblica” 21/2/2004).