Varie, 6 marzo 2002
SCAJOLA
SCAJOLA Claudio Imperia 15 gennaio 1948. Politico. Diploma di maturità classica, è stato responsabile dell’organizzazione nazionale di Forza Italia. Sindaco di Imperia dall’82 all’83 e dal 1990 al 1995, deputato dal 1996. Ministro dell’Interno nel Berlusconi II, si dimise il 3 luglio 2002 in seguito alle polemiche scatenate da una sua frase su Marco Biagi, l’economista assassinato dalle Brigate Rosse («era un rompicoglioni che voleva solo il rinnovo del contratto di consulenza»). Ministro delle Attività Produttive nel Berlusconi III. Ministro dello Sviluppo nel Berlusconi IV, si dimise il 4 maggio 2010 per via di un appartamento con vista Colosseo acquistato, secondo le accuse, con i soldi dell’imprenditore Diego Anemone, protagonista della cosiddetta ”inchiesta sul G8” • «Sette vite hanno i gatti, e Claudio Scajola per ora si ferma a quattro. Capita di rado che i personaggi politici offrano spunti arcani o stregoneschi utili a identificarli nella loro più riposta natura. Ma quando, in piena polemica, l’ex ministro ha detto che non si dimetteva perché sarebbe stato come farsi beccare ”con il sorcio in bocca”, ecco, è apparso chiaro che Scajola era esattamente un gatto, un gattone, e anche dei più svelti e resistenti. (Gnaaao!) Sui vari e differenti sorci che hanno funestato la sua carriera esiste ormai un’abbondante pubblicistica, pari a quella che ne ha celebrato le imprese fin dalla più tenera età e che trova il suo raro gioiello in un opuscolo, pure ricco di foto, che s’intitola ”La politica del fare” e che nell’introduzione mette in guardia gli elettori: ”Rischiamo di essere nelle mani di mestieranti senza ideali, pronti a vendersi per qualsiasi causa”. E già. Ecco dunque il neonato Scajola che nel capitolo ”Una vocazione precoce” è tenuto a battesimo da Maria Romana Catti De Gasperi, la figlia, e a cresima da Paolo Emilio Taviani. Famiglia democristiana, si sarà capito. Padre emigrato a Imperia dal basso Lazio, poi sindaco; fratello pure sindaco, poi deputato; e lui anche, Claudio, dopo propizia presidenza ospedaliera, sindaco, a 35 anni. Ma per gli impicci al casinò di Sanremo nel 1983 viene arrestato, prime dimissioni, prima vita, e si fa 72 giorni di carcere. Lo difende il suocero, grande ricco avvocato. Nel 1989 è completamente prosciolto. Per dire il personaggio: dopo la sentenza si mette fuori dalla stanza del Pm e quando lo vede non gli stringe la mano, per parificare i conti. Non solo, una volta ministro dell’Interno, a Milano pretende di visitare, nella caserma dei carabinieri di via Moscova, la cella dove è stato per qualche giorno. Un uomo che non dimentica e sa prendersi le sue soddisfazioni. Però... Nei manuali di fisiognomica è contemplato il tipo-gatto. Figura minuta, viso triangolare, occhi piccoli, magnetici ed espressivi, bocca perennemente atteggiata in un’espressione ambigua ed enigmatica. Carattere imprevedibile, ma anche a se stesso, curioso miscuglio di lucidità e istinto. Indipendente per natura, sa recitare benissimo la parte del sottomesso, per poi scartare e/o scappare alla prima occasione. La seconda gliela offre Berlusconi. Colpo di fulmine, dirà lui: ”Mi ha stregato”. Gianni Baget Bozzo, teologo di Forza Italia, teorizza l’’intrinseca complementarietà” dei due. In realtà Scajola paragona il Cavaliere al sole e assume addirittura i tic del capo, una sera a Porta a porta apre la puntata con un meditato ”mi consenta”, Vespa sorride comprensivo, ”è il linguaggio della casa”, in studio nessuno ride. Per il resto, e non è poco, Scajola reca in dote al partito-azienda il know-how della Dc e la meccanica territoriale del doroteismo. Coordinatore azzurro, con Babbo Natale reca doni ai figli dei funzionari per le feste: ”Io sono nonno Silvio - chiosa il Cavaliere - lui è lo zio Claudio”. Nonno si fida al punto di impedirgli di andare a sciare: ”Se ti rompi una gamba, chi me le chiude le liste?”. In questo zio Claudio è spietato e si fa un sacco di nemici. Ma Berlusconi l’ha anche spinto a laurearsi a 54 anni, tesi sulla nascita della provincia di Imperia. Ma soprattutto è fra i veri vincitori delle elezioni 2001. Merita perciò il Viminale. Siamo alla seconda vita, o forse già alla terza. Il G8 di Genova è quello che purtroppo si ricorda. Il ministro fa una gaffe strepitosa, pensa alle frontiere, ma gli scappa ”il controllo delle fioriere”. Un anno dopo, estate 2002, dopo aver esordito ”non fatemi parlare”, non riesce a tenersi e sbotta: Biagi era un rompicoglioni, ma stavolta la gaffe suona terribile nella sua crudeltà. Dimissioni. Ma per chi volesse sapere in che modo, qualche mese prima, Scajola aveva liquidato la questione della scorta negata al povero professore, la dichiarazione ufficiale è certo meno volgare, ma comunque significativa nel suo stile: ”Si è appurata una evidente distonia nel circuito valutativo a livello centrale e periferico che è stata fondata, distintamente nelle fasi della concessione e della revoca delle misure di protezione, su parametri non omogenei, il che ha prodotto risultati disomogenei”. Quindi ritorno al partito, con l’aria ”adesso sistemo tutto io”. Immediata rivalità con il coordinatore-usurpatore, a nome Antonione, di professione dentista: si legge in una cronaca che i due si fanno la guerra anche sulla misura dei bagni a disposizione a via dell’Umiltà, toponomastica quante altre mai inadeguata a Scajola, che dalle sue parti è bollato ”Sciaboletta”, come Vittorio Emanuele III, pur sempre un re. Ma presto, 2003, anche per lavargli la reputazione politica, Berlusconi lo riporta al governo, sia pure nel ministero più inutile che ci sia, Attuazione del Programma, cui si deve la produzione massiva di cd che in numero pare di 50 mila glorificano la messa in opera dell’ormai dimenticato, già allora, Contratto con gli italiani. più o meno a questo punto che Scajola ”compra” la casa con affaccio sul Colosseo. Insieme con la moglie, richiestissima esperta d’arte, ricevono due volte l’anno e pare di vederli mostrare soddisfatti agli ospiti quelle antiche pietre, gli archi, le volte. I rotocalchi umanizzano i potenti, nel caso specifico il ministro ama i presepi e i trenini, fa lavoretti da idraulico, lucida la vecchia Guzzi e sistema le pendole di casa perché suonino all’unisono regalandogli un attimo di perfezione. Nel frattempo, per non lasciare nulla d’impunito, ritorna con Vespa sulla storia di Biagi: ”Se dico che Galileo è stato un rompicoglioni a sfidare frontalmente la scienza del suo tempo non penso che si possa dire che ho espresso disistima verso il grande astronomo”. Astuto capocorrente, presunto capo di presunte colombe, Scajola sta per ritornare al governo. Berlusconi gli dà lo Sviluppo economico, missione nucleare. l’ulteriore rinascita del gattone del palazzo. I provvidi francesi, a marzo, gli danno pure la Legione d’onore. C’è una foto che lo immortala assai compreso di se stesso. Due mesi, ed eccolo [...] beccato con il sorcio in bocca, gnaaao! In quel serial che è diventata la politica c’è da chiedersi quando accadrà di nuovo» (Filippo Ceccarelli, ”la Repubblica” 5/5/2010) • «Si va dai ”cinque pericolosissimi terroristi afgani” arrestati a Roma una settimana dopo l’11 settembre a quell’annuncio ”al G8 dovetti dare l’ordine di sparare”, passando per affermazioni categoriche - che poi così categoriche non potevano essere - come ”l’arma che ha ucciso Biagi è la stessa che ha ucciso D’Antona”. Il ”rompicoglioni” riferito al professor Biagi affidato alle cronache di due quotidiani è solo l’ultimo incidente, sicuramente il più grave, di un anno al Viminale. Un anno difficile, non c’è dubbio, ma è altrettanto vero che il ministro dell’Interno è inciampato spesso in dichiarazioni improvvide e improprie su cui è stato costretto subito dopo a fare imbarazzate marce indietro. arrivato anche a dimettersi. Berlusconi gli ha risposto che non se ne parla neppure. Ma l’ha dovuto fare. Di fronte al dramma del G8 il ministro ha saputo restare a galla nonostante le polemiche a livello internazionale, le inchieste, la conta dei feriti e la crudezza delle immagini che tutti hanno potuto vedere in tivù. L’onda lunga di quello scandalo ha rischiato di travolgerlo però sette mesi dopo, sul volo di ritorno da un vertice europeo a Santiago de Compostela. Quel giorno, era il 15 febbraio, conversando del più e del meno, ordine pubblico e immigrazione, fra i sedili dell’aereo, il ministro se ne venne fuori con la seguente frase: ”Insomma, io a Genova dovetti dare l’ordine di sparare se qualcuno avesse tentato di violare la zona rossa...”. Per quattro giorni giornali e tivù non parlarono d’altro. Lui corresse, spiegò, collocò la frase nell’ambito di un ragionamento più vasto sul rischio del terrorismo internazionale che era già altissimo a Genova, due mesi prima dell’11 settembre. Ma anche quella volta gli toccò andarsi a spiegare in Parlamento. Risultato: tutta colpa di una generale incomprensione. Quella del 24 settembre fu sicuramente una gaffe, quella volta forse anche un’ingenuità. In visita ufficiale a Genova, il ministrò convocò all’improvviso una conferenza stampa per dare l’annuncio dell’arresto ”di cinque cittadini afgani nei pressi dell’ambasciata statunitense presso la Santa Sede in possesso di fogli con percorsi segnati”. La notizia gli era arrivata dal comando generale dell’Arma dei carabinieri e suonava come un’importante operazione antiterrorismo. Fu scomodata anche l’ambasciata Usa: ”Stiamo cooperando con le autorità italiane”. I cinque, però, erano solo clandestini in possesso di piantine dei mezzi pubblici. Fu un errore veniale, visto l’emozione di quelle ore, l’annuncio del ministro che sotto le Twin Tower c’erano 20 mila morti. Improvvida sembrò anche la sortita del 20 marzo, poche ore dopo il delitto Biagi. ”L’arma che ha ucciso il professore è la stessa che ha freddato D’Antona” dichiarò Scajola. Ma a Bologna in terra furono trovati i bossoli, a Roma no. Il ministro ha anche detto e ripetuto di non aver mai saputo prima di quel giorno del problema-scorta di Biagi. Eppure la famiglia ha consegnato in procura una lettera preoccupata, una delle tante, che il professore scrisse proprio al ministro il 23 settembre 2001. ”Guidare il Viminale sarà un lavoro difficile ma sono sicuro che riuscirò” disse il giorno del suo insediamento. Nemmeno lui se l’aspettava così difficile» (Claudia Fusani, ”la Repubblica” 1/7/2002) • «[...] Nel 1982 viene eletto sindaco di Imperia, ma nel 1983, in seguito a uno scandalo locale di corruzione, è costretto a dimettersi. Agli arresti per breve tempo, viene pienamente assolto dal tribunale nel 1990 [...] è uno dei più stretti consiglieri di Berlusconi, ed è responsabile del Dipartimento organizzazione di Forza Italia. Ha il titolo di coordinatore nazionale del partito. figlio di Ferdinando Scajola, funzionario locale della Democrazia cristiana ed ex sindaco di Imperia (1952-’54), e fratello di Alessandro, anche lui funzionario locale della Dc, ex sindaco di Imperia ed ex parlamentare [...] è sposato con Maria Teresa Verda e ha due figli. I suoi hobby sono il nuoto e la pallanuoto. il presidente della Rari Nantes Imperia, la squadra locale di pallanuoto, ed è membro del Fondo per l’ambiente italiano e dell’Associazione amici dei giardini botanici Hanbury [...]» (da un rapporto della Cia; Maurizio Molinari, Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 15/9/2005).