Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SCALA Delia (Odette Bedogni) Bracciano (Roma) 25 settembre 1929, Livorno 15 gennaio 2003. Soubrette

SCALA Delia (Odette Bedogni) Bracciano (Roma) 25 settembre 1929, Livorno 15 gennaio 2003. Soubrette. Attrice • « stata la Prima Donna in senso assoluto della commedia musicale italiana, inventata, creata, e covata dalle più illustri delle chiocce ovvero Garinei & Giovannini che la vollero fortissimamente pur non avendo all´epoca la ragazza alcuna esperienza di musical. Cosa c´era a monte della nascita di questa star? Ricordare sempre l´immortale frase di Samuel Goldwin: ”Una star non nasce, la si fa”. Questo devono aver pensato G&G quando decisero di offrire il ruolo di primadonna in Giove in doppiopetto alla relativamente poco nota attrice di cinema e teatro di prosa Delia Scala che aveva sì un passato di ballerina ma molto legato all´aver frequentato la scuola dell´illustre Teatro alla Scala. Anzi, sembra che Odette Bedogni [...] si scelse il suo nuovo nome come omaggio/allusione ai suoi amatissimi studi di danza. Comunque quando cominciò a lavorare fu nel cinema con Anni difficili di Luigi Zampa (1948), partecipò poi a Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo, ed ebbe un piccolo ruolo in Roma ore 11 di Giuseppe De Santis nel ’52 e l´anno precedente fu protagonista insieme a Silvana Pampanini di un molto modesto film diventato poi negli anni di culto e chiamato Bellezze in bicicletta; il film essendo completato da una canzone omonima e molto canticchiata allora e poi. Sempre nei primi anni ’50 la Scala affrontò anche esperienze di teatro di prosa con Sollima, Landi e Monicelli. Più tardi, nel ’57, a Verona, per la regia di Franco Enriquez, fu Ariele ne La tempesta di Shakespeare, e la regia tenne in conto l´esperienza che lei aveva frattanto accumulata nel musical. Radio e televisione la videro spesso presente: celeberrimo il terzetto di cui fece parte con Nino Manfredi e Paolo Panelli per presentare Canzonissima del ’59-´60, una delle poche edizioni che si ricordino e proprio per l´affascinante presenza dei tre brillantissimi attori diretti da Antonello Falqui. Tornerà in tv nel ’79 per presentare lo spettacolo-lotteria Che combinazione. E infine la prima serie di Casa Cecilia nell´82, una seconda serie l´anno dopo e una terza nell´87. In radio partecipò a molti programmi e ne condusse alcuni. E, naturalmente, dove Delia Scala ha lasciato un segno indimenticabile è la commedia musicale. Fedele ai suoi mentori Garinei e Giovannini, ha lavorato sempre e solo con loro salvo per un caso che fu però uno dei suoi maggiori successi, e cioè un´edizione di My fair Lady in italiano per cui, prima di vederla, tutti gli appassionati storcevano il naso e invece fu incantevole: incantevole Delia Scala, incantevole Gianrico Tedeschi nel ruolo del professor Higgins, incantevole ovviamente la storia abbastanza amara di questa Cenerentola al contrario, che rifiuta la clamorosa trasformazione in favore di una crescita, di un´evoluzione. Ci si accorse così che era il ruolo perfetto di e per Delia Scala. Meglio dei suoi spettacoli fondamentali con il meraviglioso Carlo Dapporto? Nel primo c´era ancora traccia della rivista che G&G continuavano a creare felicemente tant´è vero che in mezzo alla storia di Giove/Anfitrione compariva ”Agustino”, personaggio fondamentale per l´elegantissimo Dapporto. Comunque il successo della Scala in questo spettacolo fu un´esplosione. Secondo le migliori tradizioni entrò in scena una giovane attrice non tanto conosciuta e ne uscì non solo una star di prima grandezza, ma la prima star del musical in Italia. Quando Scala e Dapporto tornarono insieme, L´adorabile Giulio (1957), ormai erano una coppia rodata di attori che si stimavano e cui piaceva recitare insieme. Riuscì persino Delia Scala a venire a capo delle intemperanze di Walter Chiari, che era capace di allungare lo spettacolo a dismisura, si dice facendosi mettere in contratto il diritto di interromperlo se si dilungava: e fu Buona notte Bettina (1956), altro enorme successo. Dopo un Trapezio per Lisistrata (’58) brillantissima riduzione in commedia musicale dalla "Lysistrata" di Aristofane, affiancata da Manfredi e Panelli, ebbe nel ’60 il suo spettacolo-celebrazione Delia Scala Show. Infine si arriva, nel ’61, a quel magico Rinaldo in campo che l´affianca a Domenico Modugno col supporto, e non da poco, della coppia Franchi e Ingrassia. Mancava solo una cosa a Delia Scala, prima di ritirarsi, affrontare il mostro (sacro) dei mostri (sacri), il temuto Numero Uno della rivista e della commedia musicale, ovverosia Renato Rascel: i due, entrambi dall´orbita di G&G, non avevano mai lavorato insieme. Il giorno della tartaruga sarà per Delia Scala come per Rascel un trionfo, un´ennesima consacrazione e finalmente l´occasione in cui tutti i suoi molti talenti saranno riuniti in un solo personaggio" (Alvise Sapori, ”la Repubblica” 16/1/2004). "Un’attrice forte, simpatica, spiritosa, con la vita divisa in due tempi: il primo, fino a 36 anni, in scena, tra fiori, passerelle e applausi; il secondo a casa, da moglie, che diceva essere la sua vera vocazione. Furono i rabdomanti Garinei e Giovannini a scritturarla per 70.000 lire al giorno nella favola musicale Giove in doppiopetto con Dapporto, Zeus playboy. Alla prima, il 25 settembre ’54, giorno del suo ventiquattresimo compleanno, nel camerino del Lirico a Milano, Delia, primadonna novizia, decise di andare in scena acqua e sapone e capelli a caschetto. Un trionfo: al numero del Mambo dei grappoli, rimbalzando acrobaticamente per 24 volte sul tamburo, venne giù il teatro. Era nata una stella. La Scala era la nuova soubrette dinamica, sbarazzina, spiritosa; l’alternativa, nonostante il cognome, alle scale, alle paillettes, all’eleganza da sogno della Osiris, della Masiero, della Giusti. Così, ballando cantando e recitando, furono suoi i ruoli di moglie, ribelle e capricciosa: la scrittrice scandalo alla Sagan di Buonanotte Bettina in coppia formidabile con Walter Chiari; la fomentatrice dello sciopero coniugale ispirato da Aristofane di Un trapezio per Lisistrata con Panelli e Manfredi; la piccolo borghese litigarella del Giorno della tartaruga musical a due voci con Rascel, solo per citare alcuni dei suoi memorabili 8 spettacoli. La ditta G. e G. le costruì nel ’61 su misura anche un Delia Scala show che poi divenne la sua biografia televisiva. Caso più unico che raro, a 36 anni, la soubrette, che aveva rifiutato perfino un’offerta di Broadway, disse basta: un’appendicite fulminante le aveva reso faticoso l’amato-odiato teatro, svenne in scena e si ritirò, dedicandosi alla sua privacy rimasta in secondo piano. ”Non avevo il sacro fuoco dell’arte, il successo era stato merito più che altro di mia madre, che mi aveva fatto scritturare bimba in un’opera di Leoncavallo con Gigli alla Scala. Questa la ragione del mio nome”. Uscita di scena, non senza aver provato l’ebbrezza scespiriana di un’Ariel nella Tempesta diretta da Enriquez nel ’57 a Verona, Delia si dedicò alla tv, aumentando a vista la sua popolarità. Ieri il varietà con Taranto Lui e lei e la storica Canzonissima del can can-cin cin, oggi uno show con Buzzanca e le sit-com Casa Cecilia con Dettori e Io e la mamma, col figlio finto Gerry Scotti e la vera figliastra Mariangela. Delia Scala, che spesso aveva polemicamente sognato l’addio alle scene, tenne da allora eroicamente lontane anche le memorie. Di quei 12 anni che la videro trionfare accanto agli assi della rivista, non conservava nulla: solo un articolo di ”Le Monde” e tre foto, con Chaplin, Peck e una con dedica dell’amico Panelli: ”Cara Delia, pazienza”. Nel ’67 era nata un’altra Delia, una donna forte che vinse con serenità il tumore al seno (’fui operata coi fotoreporter sotto il letto”) e lo raccontò, per prima, con coraggio, invitando le donne alla prevenzione. Accettò rassegnata i casi della vita, la scomparsa di due mariti, così come, nel ’57 seppe, nell’intervallo dello spettacolo, della morte del fidanzato Eugenio Castellotti, corridore di Formula 1, tornando ugualmente in scena, con le lacrime agli occhi. La Delia Scala spigliata e carina del dopoguerra girò 46 film. Faceva la collegiale, l’ingenua, la fidanzatina. Fu accanto ad Eduardo in Napoli milionaria , a Macario, Totò, ballò un vorticoso charleston in Gran Varietà e pedalò in calzoncini corti con la Pampanini coscialunga nel classico Bellezze in bicicletta. Apparve però anche nel drammatico Roma ore 11 e in Vita da cani visse la fame dell’avanspettacolo, finché ebbe una parte nel noir Grisbì di Becker. Fu allora che bussarono alla sua porta Garinei e Giovannini, padri padroni del teatro musicale. Delia era perfezionista per natura e ballerina provetta: si era trasferita da Bracciano[...] a Milano. A 8 anni si era iscritta alla scuola di ballo della Scala, esibendosi anche sulle punte e debuttando in Pierino e il lupo. Pur essendo la prima della classe, aveva doti di simpatia incalcolabili: una delle molte, belle canzoni scritte per lei da Kramer era Simpatica e gliela cantava Teddy Reno in L’adorabile Giulio, musical liberty. Il segreto? Piaceva a uomini e donne, bella senza suscitare gelosie, con una marcia quasi femminista. Che da un lato le permise il ruolo autonomo, forte, ribelle, risorgimentale, spinta da Modugno in una tinozza, di Rinaldo in campo, addì Italia 1961, con trionfale tournée anche a Parigi; dall’altro le regalò la deliziosa Elisa della sua riuscitissima My fair lady con Tedeschi, memorabile Cenerentola in gara con la Hepburn. L’anno dopo aver lasciato il teatro, nel ’67, Delia Scala sposò a Viareggio Piero Giannotti, l’uomo che aveva saputo aspettarla per tutta la vita fuori dall’uscita degli artisti. Garinei e Giovannini, orfani inconsolabili della loro soubrette preferita, le regalarono le locandine incorniciate di tutti i suoi spettacoli, più una simbolica in bianco, sempre valida, mai riempita. Dopo la morte, ’82, in un incidente, del secondo marito (un primo matrimonio lampo era stato con l’ufficiale greco Niki Melitsanos, sedotto e abbandonato nel ’46), ecco un terzo, l’armatore Arturo Fremura che le portò in dote quattro figli, la amò dolcemente e fece trasferire ”my fair Delia” in una villa a Livorno, dove visse isolata [...] senza album di ritagli, solo invasa dai suoi ricordi" (Maurizio Porro, ”Corriere della Sera” 16/1/2004). "[...] Com’era carina! Ma in seguito si era scoperto che possedeva anche altre doti molto più rare. Intendiamoci, Odette Bedogni non era nata imparata, ma aveva lavorato su se stessa sempre e molto duramente. Diplomata ballerina alla Scala, donde lo pseudonimo che a un certo punto si scelse, era stata scoperta dal cinema molto presto, addirittura nel 1943 (Principessina di T. Gramantieri) e utilizzata in parti di graziosa più o meno ingenua, anche da Eduardo (Napoli milionaria) e da Steno e Monicelli (Vita da cani); fu tra l’altro in Bellezze in bicicletta di Campogalliani, in Roma ore 11 di De Santis (1952) e in molti altri film non dimenticati dei primi Anni Cinquanta. Ma nella seconda metà del decennio, mentre le sue partecipazioni cinematografiche pur mantenendosi numerose decadevano come qualità, cominciò, in anticipo sull’età in cui di solito lo fanno le sue colleghe, a pensare al teatro come alternativa; e apparve come Ariele in una Tempesta diretta da Franco Enriquez al festival shakespeariano di Verona. Il suo destino era tuttavia nel teatro leggero, anzi, nella commedia musicale, anzi, nella nuova commedia musicale, tra musical americano, commedia brillante e operetta europea, che Garinei e Giovannini stavano inventando a misura del pubblico italiano. Venne fuori che Delia Scala era nata per loro, e loro per lei. Oltre all’aspetto, dove si fondevano i due grandi richiami per il maschio latino, le indispensabili curve e l’aria di brava ragazza della porta accanto (e dimensioni non imponenti, tali da non intimidire nessuno); oltre al talento dell’attrice e alla disciplina della ballerina; oltre alla buona intonazione musicale; oltre a una non trascurabile dose di umorismo e di comunicativa, Delia possedeva in massimo grado la qualità indispensabile dei ”performer” più grandi - vale a dire l’energia. Si buttò nella nuova specializzazione con tutta la passione di cui era capace, e per molto tempo non ebbe rivali; anche adesso credo che chi abbia cominciato a frequentare quel genere di teatro in quegli anni non avrebbe esitazione a darle la palma di più grande di ogni tempo, almeno in Italia. [...] Trasferite in televisione, le commedie musicali mostrarono come Delia bucasse anche lo schermo piccolo (che veramente aveva già saggiato fin dal 1956 con Lui e Lei, varietà di Metz e Marchesi), donde suoi trionfi anche qui, tra cui quello della leggendaria Canzonissima di Antonello Falqui, accanto a Nino Manfredi e Paolo Panelli (1959-60). [...] Nel frattempo c’erano stati svariati episodi tragici nella sua vita privata, tra cui una gravissima malattia e la scomparsa di tre grandi amori: in gioventù Eugenio Castellotti, corridore automobilistico morto in gara e poi Piero Giannotti, il primo marito, morto a Viareggio durante una passeggiata in bicicletta e il secondo marito Arturo Fremura. Lutti sempre affrontati dall’indomabile donnina con una grinta e con una grazia che sarebbero state ammirate da Hemingway. [...] Non era prepotente, sapeva quello che voleva e lo aveva sempre saputo. E irresistibile com’era (tra l’altro, totalmente priva di malizia: era spiritosa, ma diretta, incapace di doppiezze), trascinava tutti noi, lietissimi di farci trascinare" (Masolino D’Amico, ”La Stampa” 16/1/2004).