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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SCARPA

SCARPA Daniele Venezia il 3 gennaio 1964. Ex canoista. Dopo due titoli mondiali nel 1995 (K2-500 e 1000), seguiti ad altre medaglie, vinse ai Giochi ’96 con Antonio Rossi nel K2 1000 e fu d’argento con Beniamino Bonomi nel K2-500. Dopo Atlanta denunciò fatti strani nella nazionale e l’uso di farmaci dubbi. Venne radiato, la polizia lo sospese, la federazione lo querelò. Nel novembre 2002, dopo che era già stato reintegrato, la vicenda si concluse con la remissione della querela. «Uno dei più acerrimi avversari del doping nello sport. Rema, rema con vigore, forse per dimenticare. Al punto in cui si trova, non gli resta molto altro da fare. Senza squadra, senza lavoro, licenziato anche dalla Polizia per i cui colori ha gareggiato nei bacini di mezzo mondo, senza quattrini, ovviamente, e con un contenzioso fra querele, controquerele e ricorsi al Tar da far rabbrividire un principe del foro. E’ finito così in una sorta di tunnel di cui non si intravede l’uscita, nella più completa indigenza, uno degli eroi di Atlanta; il gigante dal sorriso buono, 38 primavere, che per anni è andato a propagandare lo sport del remo nelle scuole, a mostrare le sue medaglie; a spiegare che uno sport pulito, a dimensione d’uomo non è un’utopia anche in tempi di farmacia imperante. Emarginato. Eliminato. Abbandonato. Come se il lustro che ha indubbiamente dato allo sport italiano non contasse più nulla, non fosse mai esistito. Perché? Non è mai stato un carattere facile. Le sue spigolosità e le sue uscite polemiche, unite ad una schiettezza disarmante, ne avevano fatto uno scomodo personaggio. Specie in tempi in cui lo sport italiano viaggiava alla frenetica rincorsa di risultati a tutti i costi, di medaglie che giustificassero l’intero carrozzone della dirigenza nazionale. Non a caso i suoi guai cominciano nel 1996. Sono gli anni d’oro del doping, come ha messo in luce il processo al professor Conconi e al suo staff, in corso a Ferrara. Scarpa aveva avuto il coraggio di denunciare un trattamento farmacologico subito in nazionale, ai mondiali di Città dle Messico, due anni prima. Sotto accusa il Liposom, un prodotto che, secondo i tecnici, ha anche il potere di nascondere l’uso degli anabolizzanti. E che, secondo recenti ricerche, sarebbe addirittura a rischio Bse, il morbo della mucca pazza: è ottenuto da estratti di cervello di bovino. Una somministrazione non terapeutica, che non trova ancora spiegazioni razionali ad anni di distanza, lasciando intatte le ombre dei giorni della polemica. Scarpa non si fermò lì, denunciò anche che il medico della nazionale, Mazzoni, uno dei collaboratori più fidati del professor Conconi. Secondo l’azzurro, gli avrebbe fatto saltare un controllo antidoping. Poi, spiegò ai media come, quell’anno, al ritorno in Italia, le sue analisi fossero tutte inspiegabilmente sballate. Anni di inchieste e l’interessamento delle procure di mezza Italia non sono servite ad evitare al rematore veneziano peripezie assurde. La radiazione della Federazione canoa nel ’98, reiterata ancora nel ’99. Poi i guai con le querele. La più spigolosa, quella della stessa Federazione canoa, che vorrebbe una ritrattazione su quanto denunciato nel ’96. Ma lui non vuole tornare indietro. Nel ’99 è sospeso dalla Polizia per la banale storia di una canoa tenuta in uso qualche mese per allenarsi. Si dedica allora al nuoto di salvamento, dove emerge ancora come atleta. Ma la richiesta di trasferimento dell’ispettore Bonanni, responsabile del settore per le Fiamme Oro, che lo avrebbe accolto, non ha seguito. Ha contro anche i suoi ”amici” della Polizia. Nell’aprile del 2002 viene addirittura destituito da assistente capo. Niente più divisa e stipendio. Assenteismo, secondo i suoi superiori. Assenze giustificate da certificati medici, secondo lui, che ha presentato l’ennesimo ricorso al Tar. Ora, con la povertà addosso (le spese degli avvocati le copre la madre...) si è rifugiato in mare. ”Ho riscoperto i valori e le sensazioni di quando ero ragazzino...”. Il remo come unico, fedele amico di vita» (Eugenio Capodacqua, ”la Repubblica” 14/6/2002).