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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SCHRDER Gerhard Mossenburg (Germania) 7 aprile 1944. Politico. Ex cancelliere tedesco (1998-2005). Presidente del comitato degli azionisti di Nord Stream, il consorzio controllato dalla russa Gazprom che costruirà il controverso gasdotto tra la Russia e la Germania • Il suo ingresso nella vita politica è datato 1963, quando all’età di 19 anni si iscrive agli ”Jusos”, i giovani del partito socialdemocratico

SCHRDER Gerhard Mossenburg (Germania) 7 aprile 1944. Politico. Ex cancelliere tedesco (1998-2005). Presidente del comitato degli azionisti di Nord Stream, il consorzio controllato dalla russa Gazprom che costruirà il controverso gasdotto tra la Russia e la Germania • Il suo ingresso nella vita politica è datato 1963, quando all’età di 19 anni si iscrive agli ”Jusos”, i giovani del partito socialdemocratico. Assume nel tempo incarichi di sempre maggiore responsabilità all’interno dell’Spd. Nel 1990 diventa presidente del land del Niedersachsen con una coalizione Spd-Verdi. Insieme a Oskar Lafontaine e a Rudoplh Scharping formò, nel corso degli anni Novanta, la cosiddetta ”troika” dell’Spd. La sua popolarità oscurò in breve tempo il ruolo politico dei suoi compagni, e nel 1998, la sua elezione Cancelliere segna la fine dell’era Kohl • «Suo padre era un operaio ed è morto in guerra, sua madre [...] che egli definisce ”una socialdemocratica nata”, lavorava come donna delle pulizie e ha dovuto occuparsi di cinque figli. Quando era ancora un adolescente, Gerhard ha lavorato come venditore in un negozio di ferramenta, poi in uno di porcellana e ha conseguito la maturità e la laurea in Giurisprudenza frequentando una scuola serale. Il modello che ha spinto Schröder, a 19 anni, a entrare nella Spd non è stato Willy Brandt, emigrante e combattente della resistenza, bensì Helmut Schmidt, che rispetto a Brandt si trova completamente agli antipodi. Già allora Schröder si presentava come uomo votato alla pratica. Simpatizzava per la socializzazione dei mezzi di produzione secondo il modello jugoslavo, la cui parola d’ordine era ”democrazia delle ruote”, ma fin dall’inizio si dedicò alle questioni logistiche della ribellione: le pubbliche relazioni e la cassa [...] Tra il 1978 e il 1979 Schröder è diventato presidente dei giovani socialisti, nel 1986 presidente della Spd nel Niedersachsen e nel 1990 è riuscito a guidare la Spd del Land alla vittoria, interrompendo così il lungo dominio della Cdu. In questo periodo è diventato famoso grazie a due talenti apparentemente inconciliabili: i rapporti priviligiati con gli imprenditori - il Niedersachsen è la patria degli stabilimenti Volkswagen - e l’apertura nei confronti della politica ambientale dei verdi, con i quali ha formato la prima coalizione di governo rosso-verde alivello di Land.[...]» (Peter Schneider, ”Sette” n. 38/1998) • «Di lui tutti ricordano una frase pronunciata in gioventù davanti alla cancelleria federale a Bonn: ”Voglio entrare là dentro!”. Qualche decennio dopo, nel 1998, ce l’ha fatta davvero, riportando l’Spd al potere dopo 16 anni di Helmut Kohl. […] Sposato per la quarta volta – l’attuale moglie è la giornalista Doris Koepf […] Uomo del popolo: è figlio da un manovale caduto in guerra quando lui era in fasce, sua madre per sopravvivere dovette fare la donna delle pulizie. Egli stesso ha conseguito una laurea in Giurisprudenza dopo essersi preso la maturità studiando ai corsi serali. Piace perché sa spiegare anche concetti noiosi o difficili in modo chiaro e interessante, è ricco di humour, padrone di sé, eccezionale nei rapporti con i media. Capacità che lo hanno portato nel 1990 a diventare ministro-presidente della sua regione, la Bassa Sassonia, nel 1998, fu un ennesimo trionfo alle regionali a sancire la sua candidatura contro Kohl. Nel suo partito, però, è sempre stato osteggiato da molti, che lo considerano troppo vicino al mondo dell’industria. Solo dopo la sua vittoria è riuscito a ricompattare il partito dietro di sé, ma non fino in fondo. Il suo governo, certo, ha visto grandi novità: anzitutto un massiccio impegno militare della Germania all’estero, importanti riforme sul piano fiscale e sociale (dalla cittadinanza ai matrimoni gay). Ma dissidi interni al partito e alla coalizione con i Verdi hanno assorbito spesso troppa energia e frenato urgenti riforme. Tra queste anzitutto quella del mondo del lavoro, necessaria per ridurre la disoccupazione risalita a 4 milioni di senzalavoro: nel 1998 ne prometteva un massimo di 3,5» (G.D.R., ”Il Messaggero” 26/8/2002) • «L’orizzonte politico di Schroeder sembrava tra i più chiusi. [...] Un paese assopito, se osservato dall’esterno; e al contrario scontento, nevrotico, all’interno. Non più un’indiscussa superpotenza economica e non ancora una dinamica potenza politica. Una Germania in mezzo al guado, incerta, con un profilo basso, una voce sommessa. Quasi un vuoto per l’Europa, sempre in verità preoccupata: sia per una Germania debole, sia per una Germania forte; insomma cronicamente perplessa; e adesso soprattutto sconcertata al cospetto di una Germania in sospeso. Una Germania che non trascina, non stimola come si vorrebbe, le economie dei suoi alleati (e per l´Italia è il primo partner commerciale); e che, sul piano politico, sembra a volte al traino della Francia, quasi ne fosse il retroterra. Per cui anche quando le sue posizioni, come nella crisi irachena, risultano appropriate, e calibrate, si ha l’impressione che abbia un ruolo (quasi) gregario rispetto a Parigi. Una Germania svizzera? [...] in questa fase anche frenata dalla mediocrità della sua economia, sulla quale basava il suo orgoglio e la sua potenza. In che misura Schroeder è responsabile di questa situazione? Dopo sei anni di ininterrotto potere, i più severi, i più irriverenti, vedevano [...] il cancelliere di questa Germania, gigante impacciato nel cuore del continente, non tanto come un uomo di Stato quanto come un uomo di spettacolo. ”Abile nel mandare in scena i suoi rari successi come i suoi numerosi insuccessi”, dice un redattore politico dell’amburghese ”Die Zeit”. Ed egli cita un esempio: la teatralità data [...] alle sue dimissioni da presidente della Spd. Dandole solennità, presentò una sua clamorosa sconfitta nel partito, che stava per sfuggirgli di mano, come un suo trionfale sacrificio, teso a favorire il leale e meritevole Franz Muentefering. Una successione voluta dunque da lui, prima che gli potesse venire imposta. Ottimo regista, ma troppo instabile per concretizzare gli ambiziosi programmi. E tra questi in particolare la riforma del sistema assistenziale, qualificante capitolo di quell’economia sociale di mercato che ha dato un volto ai gloriosi trent’anni di crescente benessere europeo. Un sistema che differenzia le due sponde dell’Atlantico e sottolinea i diversi percorsi storici delle due società, in buona parte all’origine dei difficili rapporti con l’America. Un’America in preda, secondo gli europei, a un liberismo selvaggio. Cosi come l’Europa, secondo gli americani, è paralizzata dal costoso assistenzialismo. [...] però un fatto che l’avvenire di Schroeder non è più cosi buio. La sinistra socialdemocratica, pur continuando a considerarlo troppo liberale, e riconoscendogli una sola virtù, quella di essere telegenico, non sembra più sull’eterno orlo di una scissione. Alcuni suoi esponenti, tra i più radicali, sembrano passati dalla collera all’irritazione. [...] Nel mondo finanziario e industriale si comincia ad ammirare la tenacia del cancelliere, fermo nell’applicare le riforme, nonostante le proteste. La coerenza è una qualità politica rara e apprezzata in un politico, soprattutto quando chi la valuta ne trae vantaggio. E la versione liberale di Schroeder non spiace agli imprenditori. Anche se con il suo governo i segni di una ripresa affiorano a singhiozzo, con una lentezza esasperante, e sono puntualmente ridimensionati dai consumi, che, stagnando o regredendo, provocano la chiusura di grandi magazzini. [...] Gli abitanti dell’Est rimproverano a Schroeder le riforme che disciplinano il sistema assistenziale (cure mediche, pensioni, indennità di disoccupazione). Ferisce in particolare l’obbligo di accettare un lavoro anche meno remunerato, e non qualificato come quello precedente, quando viene proposto ai disoccupati, dopo un certo periodo. Ed altresì i licenziamenti più facili nelle imprese con meno di dieci dipendenti. Dopo un crescendo preoccupante per il governo, la partecipazione ai lunedì di protesta sta via via assottigliandosi. E comunque le manifestazioni non si sono estese alla Germania occidentale. Questo potrebbe essere un segnale che annuncia la lenta accettazione o rassegnazione alle riforme. [...] Per quanto riguarda l’Europa, va ricordato che nei momenti cruciali della crisi irachena, la sua posizione, benché in apparenza (quasi) gregaria a Chirac, determinò l’atteggiamento autonomo europeo rispetto all´America di Bush. Senza il retroterra tedesco, la Francia avrebbe contato molto meno. Non è un aspetto insignificante» (Bernardo Valli, ”la Repubblica” 6/10/2004).