Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SCOLA

SCOLA Ettore Trevico (Avellino) 10 maggio 1931. Regista • «Gli inizi sono da umorista poi da cosceneggiatore, l’esordio dietro la macchina da presa è con Se permettete parliamo di donne (1964) a cui seguono film di successo come Il commissario Pepe, Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca, Permette? Rocco Papaleo, Trevico-Torino viaggio nel Fiatnam sulle condizioni degli operai meridionali nella città delle automobili e C’eravamo tanto amati (1974) su quel che resta delle lotte degli anni Sessanta. Tra una commedia, un guizzo e una strizzatina d’occhio gira ancora qualche titolo interessante come Una giornata particolare (1977) e Ballando ballando (1983), poi più nulla e da ministro ombra del pci finisce col diventare regista ombra dell’Italia dei luoghi comuni» (’diario” 5/12/2003 - La meglio gioventù - Accadde in Italia 1965-1975) • «[...] La prima volta che andai a mangiare fuori me la ricordo ancora. Era il 1949 [...] Lavoravo come giornalista e disegnatore al ”Marc’Aurelio”, un giornale satirico [...] che è stato un importante palestra per molti come me. Vito De Lellis, il direttore, era solito andare a mangiare da ”Otello alla Concordia”, un locale notissimo di Roma. Un giorno decise di portarmi con sé. E per me fu un avvenimento. Ero un ragazzo e non avevo una lira. Al massimo potevo permettermi di andare al bar. Il direttore era una figura onnipotente, incarnava il giornale, che era tutto per me. Finita la scuola correvo in redazione e cominciava un’altra vita, i pezzi, la tipografia, i ritmi e gli orari diversi, in una parola, la libertà. Potevo dare sfogo alla mia grande passione: il disegno. Forse è l’unica cosa che so fare davvero. Ho sempre disegnato. Conservo ancora libri del liceo e dell’università dove tutti gli spazi bianchi sono pieni di miei disegni, ghirigori e pupazzi. Mi ispiravo a Steinberg [...]» (Ottavia Salerni, ”Il Venerdì” 20/2/1998) • «Mio nonno era cieco, molto curioso e autoritario. Appassionato di cultura francese, pretendeva che noi nipoti leggessimo il Memoriale di Sant’elena, Montesquieu, Victor Hugo, Capitan Fracassa. Io avevo nove anni, leggevo a pappagallo, non capivo nulla. Era un legame di amore e odio» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 16/7/2004) • «Ho sfogliato i libri di scuola dei miei nipoti: sconsolante. Purtroppo è finito il tempo delle conversazioni, quando si stava a tavola due volte al giorno col padre e col nonno che ti davano delle informazioni anche se accolte con insofferenza […] Temo il sottile qualunquismo che sempre è stato l’arma più forte. Perché un giovane dovrebbe dire che questo governo è impresentabile, con uno di Salò (Mirko Tremaglia, ndr) adesso ministro? Ho paura per i giovani e forse anche per i giovani registi: verrà mai in mente a un Muccino di fare I compagni?» (’la Repubblica”, 25/6/2001).