Varie, 6 marzo 2002
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Scorsese Martin
• New York (Stati Uniti) 17 novembre 1942. Regista. Nel 2006 ha vinto l’Oscar con The Departed, nomination anche per The Aviator (2004), Gangs of New York (2002), GoodFellas (1990), The Last Temptation of Christ (1988), Raging Bull (1980) • I primi film (Chi sta bussando alla mia porta? del 1969 e Mean Streets del 1973) affrontano argomenti (ossessioni religiose, pregiudizi sessuali, amicizie violente) che torneranno in altre pellicole. La consacrazione internazionale arriva con Taxi driver, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 1976 • «[...] quel giorno in cui sua madre lo portò a conoscere il cinema, scegliendo Duello al sole. il 1946, il piccolo Martin ha 4 anni e resta subito ipnotizzato dai colori che vibrano come in un delirio, dagli spari, dalla selvaggia intensità della musica, dalla dichiarata sensualità. ”L’ultimo duello al sole, quando Jennifer Jones spara a Gregory peck, era troppo intenso per un bambino. E mi coprii gli occhi” [...]» (Claudio Carabba, ”Sette” n. 40/1998). «Chi bussa alla mia porta nasce come film studentesco per la New York University girato con un budget ridicolo nel corso di tre anni. Anche quello era un modo di celebrare il cinema che amavo: ci sono tracce di film straordinari come Accattone e Prima della rivoluzione. Ricordo l’incoraggiamento che mi diede John Cassavetes e la severità con cui giudicò il successivo America 1929 [...] Alla fine della proiezione mi abbracciò e mi disse: hai sprecato un anno della tua vita per realizzare della spazzatura. Non ebbi il coraggio di dirgli che stavo pensando di girare un western, cosa che tuttora mi affascina. Devo anche al suo rimprovero se invece ho diretto Mean Streets, ma nello stesso tempo l’esperienza di America 1929 mi ha insegnato a realizzare del cinema all’interno dell’industria. Francamente penso che ci sia una grande mitizzazione della libertà del cinema indipendente: molti dei film realizzati negli anni settanta hanno ad esempio delle scene di nudo immotivate, richieste dai distributori per garantire il lancio. Ciò che invece è da celebrare è lo spirito di gruppo che ci coinvolgeva tutti: ricordo le proiezioni in cui ci scambiavamo consigli, e la naturalezza con cui si discuteva di progetti che finivano anche per passare di mano: Alice è un film che in origine interessava a Coppola [...] Sono un siciliano nato in America [...] Ho raccontato infinite volte come abbia deciso di dedicare la mia vita al cinema dopo aver visto in tv con la mia famiglia i grandi capolavori neorealisti. Sentivo che il cinema era il modo per eternare le storie della mia cultura più intima, ed ero commosso nel vedere i miei nonni ed i miei genitori commuoversi di fronte a storie di un’Italia che avevano abbandonato molto tempo prima. Ma devo dire che oggi sono sempre più appassionato a maestri misconosciuti come Vittorio De Seta e Pietro Germi. Del primo mi affascina la purezza ed il rigore, del secondo la straordinaria, e direi sensuale padronanza tecnica. L’uso che Germi fa della voce off ha influenzato enormemente il mio cinema [...] quando girai Fuori Orario non avevo idea di come concludere la storia e decisi di fare vedere il film a Spielberg e Michael Powell. Il primo mi suggerì di girare una sequenza in cui il protagonista viene ricercato da alcuni poliziotti, il secondo un finale in cui torna al lavoro. Ho girato entrambe le scene ma poi ho optato per un finale aperto [...] Il cinema non può ignorare la propria anima industriale [...]» (Antonio Monda, ”la Repubblica” 19/9/2004). «Ho iniziato ad occuparmi di cinema in un momento particolare e forse irripetibile, che ha visto il contemporaneo disfacimento dello studio system ed il periodo aureo del cinema europeo ed asiatico. La mia generazione è cresciuta educandosi ad un linguaggio che sentiva la necessità di cambiare e che era influenzato da fermenti imprescindibili. L’avvento della generazione di cui faccio parte insieme a De Palma, Spielberg, Schraeder e Lucas ha evidenziato la volontà impellente di raccontare storie diverse in maniera diversa. Non ho nominato Coppola erché insieme a Bogdanovich fa parte di una generazione immediatamente precedente, ed alcune delle sue opere maggiori, come ad esempio i due Padrini sono caratterizzate da uno stile più classico. Ognuno di noi ha una personalità ed una cultura differente: io sono stato influenzato in maniera determinante dai film europei, mentre Spielberg e Lucas sono riusciti a riproporre, modernizzare e per alcuni versi a rivoluzionare la concezione hollywoodiana del cinema. Rispetto a quegli anni di fermento, vedo oggi il dominio assoluto del botteghino, ed un interesse sempre minore rispetto a nuove idee e a nuove proposte […] Nessuno si sarebbe sognato di dichiarare un film come un fallimento se nel primo week-end non otteneva un incasso miliardario. Non voglio creare un mondo idilliaco, ma ricordo i dibattiti appassionati sulla essenza del cinema, sul bisogno di esprimere una certa idea e perfino sulle scelte di tipo tecnico e registico. Oggi le discussioni sono sulla soglia da superare entro la prima domenica o sulla media d’incasso registrata in ogni sala. Si tende sempre di più a classificare tutto in questi termini, e a consumare nello spazio breve, non diversamente da quanto avviene con altri prodotti di consumo. Gli effetti sono devastanti, ed influenzano anche il linguaggio[…] Sono cresciuto circondato dalla violenza, e da piccolo era la lente attraverso cui vedevo il mondo. Ma se devo identificare un tema portante del mio cinema parlerei piuttosto della religione. Si tratta di qualcosa che ho cominciato a razionalizzare solo recentemente. Se posso usare un’immagine parlerei della luce in fondo al tunnel: la grazia e la redenzione, ma anche il perdono e l’assenza del perdono» (Antonio Monda, ”la Repubblica” 26/8/2002).