varie, 6 marzo 2002
SCOTTI
SCOTTI Gerry (Virginio Scotti) Miradolo Terme (Pavia) 7 agosto 1956. Conduttore tv • «Lui la mette così: ”Ho aspettato il tram e sono stato fortunato: era vuoto, non ho dovuto spingere, ho trovato posto e mi sono potuto sedere”. Metafora del successo per l’uomo d’oro di Mediaset, un signore [...] dall’aspetto bonario che con la ruota di Passaparola ferma l’Italia prima di cena. [...] è un caso più unico che raro: non ha un manager, non si fa fotografare in giro, non ha una faccia da vincitore (’Non ci credeva nessuno che con questa faccia da ragioniere avrei fatto tv, invece”), frequenta gli amici di una vita. Grazie a uno spot, per l’Italia è il ”dottor Scotti” e lui, dell’azienda che reclamizza, (di proprietà di Dario Scotti, nessuna parentela), è diventato anche azionista. Famiglia contadina originaria di Pavia, Virginio all’anagrafe, ma Gerry fin dalle scuole medie (in onore di un astronauta soprannominato Gerry) [...] ”Mi alzo alle 7 e mezza, accompagno mio figlio a scuola. Poi entro in studio per le telepromozioni: lavoro per una tv commerciale, quasi il 50% deriva dal fare queste cose, non me ne sono mai vergognato. All’una ho finito. Alle 14 registro Passaparola o Chi vuole essere milionario?. Alle 20 sono libero. Sempre meglio che lavorare, no? Tra i miei amici c’è chi ha avuto la fortuna di fare l’avvocato o l’architetto, ma c’è anche chi fa l’operaio. Quella è fatica vera”. [...] racconta sempre che col suo compagno di banco eravano gli unici figli di operai al liceo classico Carducci di Milano. ”Come no, gli unici della classe: 2 su 32. Erano tutti figli di notai, avvocati, questa cosa me la porto dietro. Mi danno dell’accorto, spero non dell’avaro. Do un senso al denaro guadagnato: ho visto tutta la vita rientrare a casa mio padre quando io uscivo per andare a scuola. Nonno era contadino, papà sognava la città: lavorava alle rotative del Corriere della sera. Ho smesso di credere nei soldi quando non sono riuscito a salvare né mio padre né mia madre [...] Mi mancano due esami per la laurea in Giurisprudenza, i miei avevano il cruccio che non avessi finito. Quando mi hanno chiesto di fare Deejay television, Cecchetto credeva più di me nei miei mezzi di comunicatore. ’Con tutti i ragazzi’ si è chiesto qualcuno ’dobbiamo scegliere questo che sembra il ragioniere della porta a fianco?’. stata la mia carta vincente. Poi Fatma Ruffini mi affidò Il gioco dei nove e da lì, morfologicamente con quindici chili in più, sono finito nelle credenze degli italiani”. Mike Bongiorno l’ha indicato come erede. Marina Donato, vedova di Corrado, ha detto: è l’unico che poteva sostituirlo alla Corrida. ”La cosa buffa è che ritrovo tante loro caratteristiche nel mio dna, anche se sono diversissimi. Si beccavano continuamente e non se le mandavano a dire. Mike mi segue come un figlio e mi rimprovera: ’Questo non lo dovevi dire, quella cravatta era sbagliata’ [...] Ne devo portare 300 all´anno, una stranezza mi sia concessa [...] Sono vellutato e imbottito come certi divani dove è difficile farsi male. Alla radio ero più graffiante, più caustico. Negli anni ho affinato il modo di fare, metto a proprio agio chi viene in tv per la prima volta, altri colleghi hanno preso strade diverse. Bonolis è formidabile [...] Sa come ho chiuso il mio ultimo contratto con Piersilvio Berlusconi? Mi ha dato un foglio e mi ha detto: ’Scrivi date, programmi, soldi, ci metti una firma’. Dove avrei tanta libertà? Tiro la carretta col preserale, ma vorrei fare la fiction. Quando lascerò il quiz mi hanno chiesto solo di avvisarli un anno prima” [...]» (Silvia Fumarola, ”la Repubblica” 1071/2005). « spiritoso, intelligente, gradevole conversatore, non volgare, non ignorante. Presenta quiz tra ballerine scosciate, e non c’è niente di male, intendiamoci. Guadagna dei bei quattrini, e anche qui non c’è niente di male. Ma non sarà clamorosamente sprecato? Di solito parliamo male della tivù, e della società di massa in genere, perché esalta i mediocri e ne fa un modello. Sarebbe bene avere, anche, il sospetto inverso: la televisione mortifica i talenti, li ingabbia, li pialla. Non può permettersi il lusso della qualità, perché la qualità manderebbe in crisi l’intero sistema. A quelli bravi chiede poco, la televisione. Intanto perché la bravura non è richiesta, se non in misura minima. Poi perché la bravura scompaginerebbe i ranghi disciplinati dell’ovvio e del qualunque. E dunque, tornando a Gerry Scotti: fosse vissuto in altra epoca, probabilmente non avrebbe scritto la Divina Commedia. Ma altrettanto probabilmente le sue brillanti qualità di comunicatore, la sua socievolezza, la sua facilità di parola avrebbero avuto miglior luogo e miglior destino» (Michele Serra, ”la Repubblica” 29/6/2003).