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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

Shields Brooke

• New York (Stati Uniti) 31 maggio 1965. Attrice. stata sposata con il tennista Andre Agassi • «[...] la ragazzina di Laguna blu [...] dopo il successo da giovanissima, Brooke ha cercato di fare una vita normale e c’è riuscita, al punto che una volta terminata l’università a Princeton – è chiaramente intelligente quanto bella – si è ritrovata un po’ spaesata. ”Ero in grado di parlare autorevolmente per ore di letteratura francese, ma avevo perso i contatti con il mondo dello spettacolo e, mentre i miei compagni si avviavano verso Wall Street, e quindi la finanza, il marketing, la pubblicità e stipendi favolosi, io ero praticamente disoccupata [...] Andre (Agassi, suo primo marito) rimane una delle persone più generose e comprensive che abbia mai conosciuto. Ci siamo voluti tanto bene e per me non è cambiato nulla, gliene voglio ancora come prima. Ci siamo riconosciuti subito: entrambi eravamo reduci di infanzie molto complicate. Lui ha avuto un padre che ha cominciato a farlo giocare a tennis quando era ancora in culla, io una madre estremamente possessiva. Insieme eravamo come due bambini che avevano bisogno l’uno dell’altra. Non poteva durare”» (Paola De Carolis, ”Corriere della Sera” 18/4/2005) • «Il sogno americano e l’aspetto oscuro della vita. Lei, Brooke Shields, è stata il Sogno americano, icona teen che avrebbe conquistato l’ammirazione di Lewis Carroll, il Volto degli anni 80 per Time e un metro e 81 di purissima grazia, simbolo di una bellezza capace di illuminarsi di innocenza e accendersi di trasgressione, scandalosa mini-diva in Pretty Baby di Malle a 12 anni o provocante testimonial a 16 dei jeans Klein con uno slogan che ha fatto epoca (’Non c’è proprio niente tra me e i miei Calvin”) ma anche emblema di stucchevole perbenismo sotto l’influenza di una madre iper-puritana, newyorkese doc con sangue blu nelle vene (la nonna paterna era la principessa Marina Torlonia) e laureata in letteratura francese nientemeno che a Princeton, sposata dal ”97 al ”99 al grande tennista André Agassi (al quale è rimasta, però, sempre legata da affetto) e dal 2001 allo sceneggiatore Chris Henchy, protagonista di una manciata di scialbi film e poi acclamata star teatrale di musical come Grease, Cabaret, Wonderful Time e Chicago. L’aspetto oscuro della vita è stato la nascita della bellissima Rowan, una maternità lungamente desiderata, arrivata sulla soglia dei 40 anni [...] dopo una ”una gravidanza serena, senza nausee, senza disturbi” ed esplosa in una depressione post parto terribile e violenta, un pozzo nero in cui l’attrice americana ha rischiato di perdersi fino ad accarezzare l’idea del suicidio. Un’esperienza raccontata coraggiosamente, con emozione e con crudezza, senza alcuna reticenza, in un libro E poi venne la pioggia diventato un caso internazionale, giunto in vetta alle classifiche Usa [...] Chi avrebbe mai pensato che l’ex incantevole pretty baby potesse avvertire ”l’orribile tentazione” di lanciare la sua auto contro il guardavia mentre Rowan dormiva sul sedile posteriore o di scagliare la figlioletta contro il muro, per poi osservare ”il suo corpicino scivolare giù, come in un videogioco”?... Chi avrebbe immaginato che Brooke Shields potesse scrivere: ”Questa bimba era cresciuta dentro di me, santo cielo, e non mi sentivo neppure sua parente... Questo mio profondo distacco mi faceva soffrire moltissimo, ma non sapevo come reagire. Ricordo che guardavo fuori dalla finestra della nostra camera e pensavo di buttarmi di sotto”. E biasimarsi impietosamente: ”Sono una madre che non vale niente... Mi odio, odio tutto... Mia figlia non mi vorrà mai bene”. Quella crisi di identità sembrava un incubo senza uscita. Invece, Brooke ce l’ha fatta. Sull’orlo di un abisso, ha capito che c’era la possibilità di vincere il male oscuro che la soffocava. Come? Parlando con persone a lei care, informandosi sulle ragioni della depressione che l’avviliva (soprattutto quelle derivate da alterazioni ormonali), discutendone con i medici fino ad accettare una cura farmacologica (alla quale, inizialmente, era contraria) e a convincersi che soffrire di una simile patologia ”non significa non essere una buona madre e essere pazze”. Infine, last but not least , ha trovato il coraggio per raccontare tutto ma proprio tutto nel libro, dedicato a Rowan ”che rende la vita degna di essere vissuta”. Questa rinascita è stata coronata da un’altra, questa volta artistica. [...] ”Il lavoro è sempre stato una terapia per me. un modo per conoscermi meglio, per mettermi alla prova. qualcosa che mi appassiona e mi dà forza, mi dà fiducia nelle mie possibilità. Lo è stato anche in questo caso” [...]» (Massimo Di Forti, ”Il Messaggero” 4/12/2005).