Varie, 6 marzo 2002
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Smith Patti
• (Patricia Lee) Chicago (Stati Uniti) 30 dicembre 1946. Cantante • «In mille modi l’hanno catalogata. E decine sono state le definizioni per le sue performance. Qualcuno ha paragonato quel modo di esibirsi ai dolori del parto. Il ”New York Times” ha dipinto i suoi concerti come una sorta di ”battaglia cosmica tra angeli e demoni”. Di lei si è detto tanto, probabilmente tutto. Sacerdotessa del rock, dea della new wave, artista maledetta e selvaggia. Nove album incisi, i primi tre, Horses, Radio Ethiopia, Easter la trasformano in un mito alla fine degli Anni 70. Patricia Lee, coniugata Smith (suo marito era Fred ”Sonic” degli Mc5, il ”Frederick” dello splendido brano contenuto nell’album Wave, morto nel ”95) è originaria di Chicago, cresciuta a Pitman nel New Jersey, innamorata di New York dal 1967 quando vi approdò da ragazza madre, scrittrice di poesie. ”Allora non pensavo di diventare un rockstar - spiega - ma sognavo di essere come Maria Callas, il mio mito fin da quando ero bambina”. L’incontro con Bob Dylan e Lou Reed è fondamentale per entrare nell’universo musicale americano. La relazione prima con Allen Lanier dei Blue Oyster Cult, poi con Tom Verlaine dei Television, poi con i due contemporaneamente, è una svolta. Patti suona e canta nei locali di Manhattan dove si esibiscono i Talking Heads, i Ramones, Blondie. Legge Rimbaud al quale dedicherà un libro pubblicato in Italia da Einaudi. La poesia, la musica, la prosa. E anche lo studio. Si interessa alla cultura italiana, alle opere di Michelangelo e Giotto. La appassionano Fellini, Pasolini, De Sica. ”Con l’Italia ho sempre avuto un rapporto speciale, fatto di emozioni, di sensibilità comuni” sottolinea ad ogni intervista. Anche l’Italia ha un’intesa particolare con Patti Smith. L’idillio è nato nel 1979 dopo il leggendario concerto allo stadio Comunale di Firenze. 85 mila spettatori per quella che sarebbe stata l’ultima esibizione della rockstar prima del lungo, seppur momentaneo, addio alle scene. Col marito si ritira a Detroit e fa altri due figli, Jackson e Jesse» (Claudia Carucci, ”La Stampa” 21/7/2003). «Quando arrivai a New York avevo vent´anni, ero senza soldi e non conoscevo nessuno. Incontrai Robert Mapplethorpe e dovevamo lottare per trovare di che mangiare e per dedicarci alla nostra arte. Non avevamo soldi per andare ai concerti, non avevamo tv o telefono. Avevamo i libri, qualche disco. Quando ci trasferimmo al Chelsea Hotel incontrai Janis Joplin, Jimi Hendrix, Johnny Winter, c´era una grande energia, era il ´70-´71. La gente era carica di idee politiche e di voglia di rivoluzione, voleva fermare la guerra in Vietnam, promuovere diritti civili e la libertà di scelta su ogni aspetto della propria vita. Non si parlava certo di business o del proprio successo, della classifica di Billboard come fanno oggi, che nelle interviste per il 20 per cento parlano della propria musica e per l´80 di marketing e business. La cosa che è cambiata di più sono le motivazioni: questi non capiscono che la fama e il successo arrivano ma se ne vanno presto» (Carlo Moretti, ”la Repubblica” 8/7/2003).