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 2002  marzo 06 Mercoledì calendario

SOFRI

SOFRI Adriano Trieste 1 agosto 1942. Giornalista. Politico. Scrittore • Negli anni Settanta fu il leader del movimento extraparlamentare di sinistra Lotta continua e direttore del giornale che ne era espressione, protagonista di una violenta campagna di propaganda contro il commissario Luigi Calabresi per la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, avvenuta alla questura di Milano durante le indagini sulla strage di Piazza Fontana. Calabresi, che aveva querelato Lotta continua per diffamazione, fu assassinato il 17 maggio 1972. Il 21 luglio 1988 l’ex militante di Lotta continua Leonardo Marino accusò Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani di essere stati i mandanti dell’omicidio Calabresi e Ovidio Bompressi l’autore materiale. Recluso nel carcere di Pisa dal 24 gennaio 1997, una lunga vicenda giudiziaria, con diversi pronunciamenti della Cassazione, la condanna diventa definitiva nel 2000. L’attività giornalistica ha accompagnato la vita di Sofri, sia precedentemente il primo arresto (nel 1988) sia durante gli anni della sua vicenda giudiziaria. stato, come inviato speciale di Mixer, a Sarajevo e in Cecenia. Dal carcere di Pisa, in cui è rinchiuso, tiene una rubrica quotidiana su ”Il Foglio”, diretto da Giuliano Ferrara, e una sul settimanale ”Panorama”. Si è sempre rifiutato di chiedere la grazia al presidente della Repubblica "Perché – ha spiegato – chiederla sarebbe come dichiararsi colpevoli". "Secondo me le persone che si assumono la responsabilità di prendere decisioni che segnano il destino altrui devono poi seguire le conseguenze di queste decisioni fino al punto finale [...] Il punto finale nella mia storia è stato il mio corpo scaricato dentro un carcere. Ritengo questa decisione inammissibile, perciò non ho mai voluto attenuare di nulla la responsabilità di chi ha deciso questo percorso [...] anni passati in uno sgabuzzino ti fanno diventare matto. Tutta questa mia produttività altro non è che la mia pazzia [...] Comunque scrivere non è certo la mia attività primaria in carcere [...] L’attività primaria in un carcere sono proprio le funzioni primarie. Non si può immaginare che impresa sia dormire. Il problema qui dentro è il corpo, tutto il resto viene dopo. Per questo faccio molta ginnastica, flessioni, corse, gioco a calcio [...] Non immaginavo di rimanere in carcere così tanto [...] Ho attribuito un’importanza fondamentale al processo di revisione [...] Tuttavia non ho mai vissuto nemmeno un giorno di galera aspettando di uscire dalla galera [...] Dal primo giorno che sono entrato ho trovato due ragioni fondamentali per rimanere qui dentro [...] La prima è stata proiettare la mia vita al passato piuttosto che al futuro. Il passato non inteso come nostalgia, ma come stimolo promettente [...] Alludo a tutto il passato della mia lunga vita. Lotta Continua è stata un’esperienza che è durata dal 1969 al 1976, ovvero sette anni. Ovvero meno del tempo che ho passato in questa galera [...] Nonostante sia diventato anziano la verità è che io alla fine mi trovo bene dappertutto. Sono curioso, socievole, estroverso. Non voglio togliere nulla al carattere abominevole della galera. Eppure... [...] Eppure sono certo che quando mai uscissi da questo carcere ne uscirei con il cuore gonfio di tristezza per le persone che lascio qui dentro [...] Mi manca tutto, qui dentro non c’è niente [...] Dipende dai mesi. In agosto mi manca l’albero di fico che sta nel giardino della mia casa. A dicembre il mare di dicembre. In luglio in mare di luglio. Ma non è facile capire[...] Che chi vive in galera è continuamente frastornato dalla mancanza di tutto da un lato e dall’altro dall’importanza aberrante che prendono i dettagli. Può diventare enorme la nostalgia per una tazzina di ceramica dove bere il caffè o di un cucchiaino di metallo per girare lo zucchero [...] grazia. una delle più belle parole di cui dispone l’italiano. gratuita ed è questa una delle cose più preziose di questo concetto. Si pensa che la giustizia debba essere temperata dalla misericordia. Ma la grazia non è un temperamento della giustizia [...] La grazia ha una pregnanza religiosa, molto più che mondana e civile. E poi... [...] La parola grazia ha in italiano un’adiacenza fisica e logica con un’altra parola che le altre lingue non hanno [...] Grazie”" (Alessandra Arachi, ”Corriere della Sera” 31/12/2003). "Editorialista influenza l’opinione italiana dalla sua cella in carcere. Condannato per l’uccisione di un poliziotto, ispira i suoi sostenitori, irrita la polizia" (dal ”Wall Street Journal” del 7/3/2002).