6 marzo 2002
Tags : Johnny Mike Spann
SPANN Johnny ”Mike”. ”Agente della Cia, padre di tre bambini piccoli, è il primo morto americano in Afghanistan (
SPANN Johnny ”Mike”. ”Agente della Cia, padre di tre bambini piccoli, è il primo morto americano in Afghanistan (...) la settantanovesima stella murata (...) nell’atrio della Central Intelligence Agency, accanto ad altre 78 ’stelle’ umane spente dal ’grande gioco’ spionistico. E’ morto, non si sa come, non ce lo dicono, perché la Cia è la Cia, nel mattatoio di Mazar-i-Sharif, un corpo di ’good old boy’ d’Occidente, di bravo ragazzo dell’Alabama, nel mucchio di ottocento cadaveri d’Oriente. ’Un eroe americano’, lo ha chiamato il direttore della Cia Tenet incastrando la settantanovesima stella alla parete (...) La sua morte, che la Cia aveva tentato fino all’ultimo di negare dopo che Time l’aveva rivelata da giorni(...) E’ caduto nell’assalto al forte preistorico di fango dove ottocento prigionieri dell’Alleanza del Nord erano stati rinchiusi, legati e poi, se dobbiamo crederci, si erano ribellati, anche se molti di loro sono stati trovati morti con le mani legate. E’ dunque caduto a diecimila chilometri di distanza da dove era nato, una cittadina dell’Alabama di 4 mila abitanti chiamata Winfield, dove suo padre è un impresario edile, milioni di anni luce lontano dal mondo nel quale era cresciuto, i licei del sud, le colline morbide della Bama, come la chiamano i suoi figli, il ricordo del cotone e del cocomero, il campo da football americano doveva aveva giocato da ragazzo sognando destini di gloria per sfuggire a quella provincia umida, dove i terroristi di un’altra jihad fino a ieri uccidevano bambine nere in chiesa con le bombe del KKK, a Birmingham. Per questo Johnny ’Mike’ aveva scelto i Marines e dopo tre anni con i leathernecks, i colletti di cuoio, aveva chiesto di entrare a far parte del braccio armato della Cia. Non degli ’007’, come vogliono i luoghi comuni giornalistici, ma dei reparti armati e combattenti dell’Agenzia che ha il suo mini esercito e la sua mini aviazione. Era uno di quei ’consiglieri militari’, commandos in borghese che vengono paracadutati laddove l’America vuole che altri combattano per essa le sue guerre, senza scoprire la mano. E con tutto il suo entusiasmo di essere finalmente al fronte per la bandiera, aveva portato i suoi 32 anni sugli spalti della fortezza preistorica di Mazar-i-Sharif la sera di sabato scorso a organizzare, disciplinare, pungolare la bande dei ’nostri’, dei mujaheddin, contro le bande di altri stranieri e altri mercenari andati in Afghanistan per seguire i loro richiami di guerra santa e asserragliati dentro quel castello surreale. Era lì con un collega della Cia, con altri operators dei servizi segreti inglesi e con qualche pattuglia di forze speciali americane in uniforme, quando i prigionieri afgani e stranieri ammassati dai mujahiddin dentro il forte di fango, si sono ribellati e lanciati all’assalto dei loro carcerieri. Spann si vede in filmati e immagini televisive mentre addita alla bande del Nord gli spalti del forte, sul quale puntare i loro vecchi catenacci sovietici, e li incoraggia a pacche sulle spalle. Non lo si vede invece mentre via radio comunica con i jet e i bombardieri chiamati d’urgenza per reprimere la rivolta dei prigionieri, per sterminarli e spalancare così la strada ai mujahiddin per quella che nel gergo eufemistico della guerra si chiama ’la pulizia finale’. C’è chi dice che Johnny/Mike sia caduto, come cinque soldati feriti, vittima dell’ennesima bomba intelligente finita fuori bersaglio, un altro ’eroe’ del micidiale ’fuoco amico’ che già in Iraq e Kuwait fece quasi cento morti americani. Altri, più crudelmente, riferiscono che l’ex giocatore di football, il ragazzo con la faccia di tutti i nostri figli che ci sorridono dall’album delle foto liceali, abbia fatto una fine ben più oscena. Che sia entrato nel forte, credendo di essere alla testa dei ragazzacci ’buoni’ e si sia trovato invece solo, in mezzo ai ragazzacci ’cattivi’, ai Taliban e ai mercenari di Al Qaeda, che lo hanno circondato e finito, non vogliamo sapere come. ’Non è vero che sia il primo caduto americano in questa guerra’ dirà Bush salutando il primo american hero tre giorni dopo la sua morte (...) quando finalmente la Cia ha dovuto ammettere che anche lui era diventato una ’stellina’ sulla parete, ’i primi caduti in battaglia sono stati i quattromila delle Torri Gemelle’. E fa bene, il presidente americano, a ricordare dove stia la sorgente del male (...) Ma non diciamolo alla vedova di Johnny/Mike e ai suoi tre figli” (Vittorio Zucconi, ”la Repubblica” 29/11/2001).