6 marzo 2002
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Spelling Aaron
• . Nato a Dallas (Stati Uniti) il 22 aprile 1923, morto a Los Angeles (Stati Uniti) il 24 giugno 2006. Produttore e autore tv. Studi alla Sorbona e alla Southern Methodist University. Dopo aver partecipato alla seconda guerra mondiale (decorato) e aver tentato la carriera d’attore, nel 1969 fondò con Danny Thomas la Thomas-Spelling Productions. Tra le serie di maggior successo che ha realizzato Starsky and Hutch, Charlie’s Angels, Dynasty, Beverly Hills 90210, Melrose Place. Ha detto: «Sono stanco di chi mi critica definendomi il maestro dello ”schlock”, della robaccia da due soldi . Non m’interessava fino a quando i miei figli sono cresciuti ed hanno cominciato a leggere. Bene, sono orgoglioso di questi spettaccoli che chiamano ”schlock”» (People Almanac, 2003). «Chiamava i suoi serial tv ”caramelle per la mente” e l’America li ha amati a tal punto da fare di lui un’icona della cultura pop. [...] ideatore di programmi come Charlie’s Angels, Beverly Hills 90210, Love Boat, Hotel, Dynasty, Starsky e Hutch e tanti altri che hanno svagato generazioni di spettatori portando sul piccolo schermo un’immagine della vita americana che ha conquistato il pubblico in tutto il mondo (Italia compresa). Amato dai fan e corteggiato dalle tv, Spelling non ha mai avuto vita facile con la critica che lo accusava di descrivere un’America vuota, definendo i suoi programmi ”caramelle senza cervello”. Ma questo duello non lo ha mai intimorito, anzi reagiva a tali accuse ribattendo ”a volte la scelta è fra essere apprezzato da 300 critici o da 30 milioni di fan perché se fai qualcosa di davvero buono assai raramente piace ai commentatori”. A questo difficile rapporto si deve il fatto che Spelling non ha mai ricevuto uno degli ambìti premi di Hollywood pur avendo accumulato 140 film per la tv, inclusi alcuni dei maggiori successi che fra gli Anni Settanta e Ottanta consentirono alla tv Abc di imporsi come uno dei maggiori network. Il legame con la Abc fu talmente stretto da farla soprannominare ”The Aaron Broadcasting Company” per sottolineare quanto doveva a film come Charlie’s Angels [...] La parabola di Aaron Spelling incomincia all’inizio degli Anni Cinquanta quando arriva senza un centesimo in tasca a Hollywood dove trenta anni dopo il magazine Forbes lo incoronerà come uno dei più ricchi e potenti, titolare di un patrimonio di 300 milioni di dollari, incluso il brillante da 40 carati regalato alla seconda moglie Candy con la quale andò a vivere in un castello francese di 5650 metri quadrati costruito a Homby Hills, su un appezzamento di terra acquistato per 10 milioni di dollari da Bing Crosby e costruito spendendone altri 12 milioni. Successo e ricchezza arrivarono al termine di una carriera che aveva alle spalle un’adolescenza segnata dalla povertà: nato nel 1923 a Dallas, Texas, da una famiglia di immigrati ebrei polacchi e russi, viveva assieme a madre, padre e tre fratelli sul ”lato sbagliato della ferrovia” - come spesso amava ricordare - e a 8 anni subì un collasso nervoso che lo costrinse a letto per 12 mesi. A posteriori considerò lo shock di quel periodo come la genesi del propro genio artistico, che espresse le prime volte quando vestiva la divisa dell’Us Army durante la Seconda Guerra Mondiale organizzando in Europa eventi di intrattenimento per le truppe. Al ritorno in patria andò a studiare alla Southern Methodist University, dove scrisse e diresse i primi lavori, ma la scommessa del salto verso New York fallì e fu proprio il mancato sbarco a Broadway a spingerlo a trasferirsi a Los Angeles. Ad un certo punto tentò anche la recitazione, interpretando la parte di un mendicante nel musical Kismet, ma alla fine preferì la macchina da scrivere. Sposato per 13 anni con Carolyn Jones - la Morticia della Famiglia Addams - divorziò prima della morte di lei, nell’83, mentre nel 1989 si consumò la separazione dalla Abc che aveva deciso di cancellare Dynasty. Trovatosi per la prima volta disoccupato, dal 1990 sbarcò alla Fox, consegnandole gli show Beverly Hills 90210 e Melrose Place che ne hanno fatto la prima tv per ascolti» (Maurizio Molinari, ”La Stampa” 24/6/2006).