varie, 6 marzo 2002
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Spielberg Steven
• Cincinnati (Stati Uniti) 18 dicembre 1947. Regista • « diventato il regista più popolare di tutti i tempi con i suoi extraterrestri benevoli, adorabili creature che restituiscono la vita ai fiori appassiti e che desiderano solo tornare a casa. […]» (Lorenzo Soria, ”L’Espresso” 31/3/2005). «Il regista e produttore di maggior successo nella storia del cinema. […] Enfant prodige come Orson Wells, manipolatore di pubblico come Hitchcock, sentimentale come Capra, fondatore di un impero multimediale come Walt Disney. […] ” vero. Passo da un genere a un altro e assumo i ruoli professionali più diversi. Adesso si è anche aggiunto quello di capo di studio, che un po’ mi fa ancora ridere. ”Mogul’, come dicono i boy scout. […] I miei hanno divorziato 40 anni fa e ancora non mi sono ripreso dallo choc. Scherzo: non ci ho mai dato molto peso, anche se a pensarci bene tendo a fare film sul tema della dissoluzione della famiglia. […] Mi sento sempre sotto il microscopio. Non mi ci sono sentito solo con i miei primi due film, Duel e Sugarland Express, quando ero uno dei tanti giovani allo sbaraglio. Mi manca l’anonimato quando viaggio, quando sono in vacanza. Mi piacciono i divi come Di Caprio o Tom Hanks perché sono come dei paraventi dietro cui posso nascondermi. Quando siamo insieme, la gente guarda prima uno poi l’altro, e si dimentica di me […] Il mio hobby sono gli extraterrestri, c’è chi scolpisce, io racconto storie di rapimenti da parte di extraterrestri. […] Il primo ricordo è quello di una lucetta rossa e di uomini con delle lunghe barbe che mi davano da mangiare dei cracker, evidentemente ero in una carrozzella, e i miei genitori mi hanno detto che eravamo in una sinagoga e io avevo sei mesi, e davvero è la prima cosa che mi ricordo […] I miei genitori avevano un amico che aveva inventato una nuova macchina a raggi x fluorescente e aveva deciso di sperimentarla sul mio corpo. Avevo tre anni e ricordo questa orribile sensazione di essere chiuso dentro questa sorta di bara, circondato da raggi verdi […] A causa di quell’esperienza sono sempre stato claustrofobico, ho paura di andare in ascensore, di stare in posti chiusi. Ma il ricordo di quella luce non ha niente a che fare con il mio interesse per gli extraterrestri o gli squali”» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 4/12/2002). «A Spielberg piace parlare del suo lavoro. ”Devo decidere se usare la torre o il mio secondo alfiere [...] Da dove arriveranno i pericoli? Come posso guadagnare terreno? Dirigere un film è come guardare avanti di 20 mosse mentre stai lavorando alle prossime cinque. E poi mi piace lavorare sodo sui dettagli. La roba girata di nuovo è quella che obbliga il pubblico a mangiare i popcorn più in fretta. Fare un film senza curarsi delle piccole cose è come bere una bibita e lasciare l’ultimo sorso a qualcun altro [...] Ciò che lega i miei film è il concetto di solitudine, l’isolamento [...] Ed è tutta roba che viene fuori da quello che ero e dal modo in cui sono cresciuto” [...] La capacità distruttiva del giovane Spielberg lo aveva trasformato nel terrore delle sue sorelle. Una sera Steven tagliò la testa a una delle loro bambole e la mise su un vassoio, guarnendola con lattuga e fette di pomodoro, come se fosse un arrosto di maiale. Un’altra volta dopo aver visto L’invasione degli ultracorpi, il celebre film con gli alieni che escono da enormi baccelli e si sostituiscono agli uomini quando questi si addormentano, Steven riuscì a costruire un gigantesco baccello e a metterlo sottom il letto di sua sorella Anne. terrorizzandola [...] Nel grande gioco del cinema, è stato Arnold l’istruttore di volo che ha spiegato a suo figlio come si diventa un top gun. ”Fu Arnold a fare interessare Steven al cinema”, osserva Joseph McBride [...] era lui il narratore di famiglia; ed era sempre lui, in casa, quello interessato alla fantascienza”. Questa collaborazione padre-figlio è evidente in tre filmetti pressoché sconosciuti, che Steven ha girato negli anni dell’apprendistato: Fighter Squad (un inno all’amicizia maschile girato nel 1959/1960, quando il futuro regista era ancora alla scuola dell’obbligo, Arnold ottenne per Steven e la sua troupe di ragazzini il permesso di girare all’interno di un aereo), Escape to Nowhere (un cortometraggio a colori di 22 minuti girato negli anni del liceo con ancora l’ossessione di Steven per la guerra combattuta da suo padre) e Firelight (un’invasione spaziale che ricorda quella di madre e figlio in Incontri ravvicinati). [...]» (Richard Corliss, Jeffrey Ressner, ”Sette” n. 27/1997).