Varie, 6 marzo 2002
STAINO
STAINO Sergio Piancastagnaio (Siena) 8 giugno 1940. Vignettista. «Un omone dalla barba e i capelli arruffati, qualcosa a metà tra Garibaldi e un profeta, è il padre di Bobo e di tante altre strisce che hanno segnato la cultura e coltivato il senso dell’ironia (e soprattutto dell’autoironia) di una bella fetta della sinistra nostrana» (Stefano Jesurum, ”Sette” n. 6/1997). «Ha creato le vignette di Bobo, che oggi compaiono sull’’Unità”, su ”Sette” e sul ”Corriere della Sera”, parafrasando le vicende della sua famiglia. Così i due ragazzini della striscia (famosa già nell’81) sono cresciuti insieme con i suoi figli fino a quando Ilaria, laureanda in lettere, ha protestato che Qui, Quo, Qua non crescevano e non si capiva perché loro dovessero farlo. Detto fatto: sulle strisce sono rimasti adolescenti […] ”Il mio è un lavoro da solitario. Ma per trovare idee devo uscire”. Ecco allora, anche per un’incontenibile curiosità, il cinema (Cavalli si nasce dell’89 e Non chiamatemi Omar del 1992, insieme con Altan), la televisione (Cielito Lindo), i reportage in giro per il mondo per ”l’Unità”, perfino l’attività da sindacalista […] Appartiene a una generazione che si arrabbia ancora pensando a D’Alema e Berlusconi. Ma soprattutto non perde la speranza che una risata, pur non seppellendo nessuno, abbia una funzione ”civica”» (Valeria Palumbo, ”Capital” agosto 1999). «[...] il personaggio di Staino è nato nel 1979 sul mensile Linus. Negli anni, ha dato voce alle inquietudini e ai dubbi dei militanti della base prima comunista e poi diessina, lasciando all’amico-compagno Molotov l’onore e l’onere dell’ortodossia. Un esempio? Diceva Molotov: ”Sono stato all’ambasciata sovietica, per respirare un po’ d’aria fresca, finalmente...” Ribatteva Bobo: ”Con chi hai parlato?” E l’altro: ”Con nessuno, erano tutti in ferie...”. [...] Architetto, nato a Piancastagnaio, in provincia di Siena, nel 1940, Staino si iscrive nel 1961 al Pci e nel ”69 al partito comunista marxista-leninista. Grazie a Oreste del Buono, direttore di Linus , inizia a disegnare la sua creatura. La motivazione, confessata nel sito www.sergiostaino.it , è tutta economica: nasce la primogenita, la moglie peruviana Bruna non trova lavoro... non si arriva alla fine del mese. Successo immediato, clamoroso. Nel 1984, l’anno della morte di Berlinguer, vince il premio Forte dei Marmi con la motivazione solenne: ”per aver introdotto l’umorismo, la malinconia e la riflessione nel partito comunista”. Il regista Ettore Scola sottolinea l’importanza della ”terapia analitica collettiva” cui le strisce di Staino sottopongono quotidianamente il Pci, nell’87 Bobo diventa una star televisiva nel programma Drive In, interpretato dal regista-cantante Paolo Pietrangeli. Da allora [...] l’evoluzione del pensiero di Bobo è libera e fuori dagli schemi. [...]» (Barbara Palombelli, ”Corriere della Sera” 22/1/2005). «’Bobo ha una data di nascita ben precisa. Il 10 ottobre del 1979 mi sono seduto al tavolino con carta, chine e pennini, e ho cominciato a disegnarlo, a inventarlo dal nulla. A dicembre il battesimo sulle pagine di ”Linus’. Era un personaggio totalmente autobiografico. Quelle strisce nascevano in un momento particolare della mia vita. Avevo 39 anni, una certa esperienza e tante delusioni, soprattutto politiche. Ma anche un qualche affanno personale: un lavoro precario nella scuola, una convivente peruviana con un bambino che non potevo sposare perché entrambi aspettavamo il divorzio... diciamo che tutto è servito a far nascere Bobo. Avevo una gran voglia di raccontare le cose che avevo dentro, e Bobo in cambio mi aiutava ad arrivare alla fine del mese”. Sergio Staino racconta così la nascita del suo personaggio più famoso. L’omino con la barba e il nasone, diventato con gli anni una vera e propria icona della sinistra [...] ”Il momento a cui sono più legato è stato quando, nell’84, ho fatto ”raccontare’ a Bobo i funerali di Berlinguer. Era la prima volta che il mio segno satirico veniva messo al servizio di un’emozione non ironica. Era la prima volta che un personaggio caricaturale raccontava una storia ricca di pathos, di significato [...] Mi costa sempre moltissimo criticare, rompere con qualcuno. Forse perché sono un ottimista, e ho sempre la convinzione che delle persone vediamo solo un aspetto, e non necessariamente il migliore. Quindi non ha senso giudicare”» (Marco Raffa, ”La Stampa” 27/4/2005).