Varie, 6 marzo 2002
STALLER Ilona
STALLER Ilona Budapest (Ungheria) 16 novembre 1951. Ex-regina dell’hard col nome d’arte di “Cicciolina”, ex-parlamentare radicale (dal 1987 al 1992), ex leader del “Partito dell’amore” (con Moana Pozzi, presero l’1 per cento). Primo servizio fotografico nudo a 13 anni, per una marca di pellicce. Nel 1969 si sposò con un italiano, ma il matrimonio durò pochi mesi. Nel 1975 incontrò Riccardo Schicchi, che fece di lei la più amata pornodiva d’Italia. I suoi spettacoli a luci rosse furono oggetto di furibonde polemiche. Ha avuto un burrascoso matrimonio/divorzio con l’artista Usa Jeff Koons, dal quale è nato il figlio Ludwig, a lungo conteso dai due (leggendaria la volta che disse alla signora Togliatti «Mia madre è una puttana»). «Sua madre era un’ostetrica che arrivò vergine al matrimonio […] Dice di se stessa: “Io sono nata dalla voce”, riferendosi a quando, nel 1976, su Radio Luna, faceva un talk show radiofonico vagamente erotico che le diede la prima fama. Infine, anche se ricorda con orgoglio che “nuda ero molto bella”, attribuisce una cospicua parte del successo ai suoi occhi: “Una volta mi ridevano gli occhi. Anche da soli, senza che ridessi io” […] “Sono la persona che ha spostato il comune senso del pudore in Italia: ho fatto arrivare i suoi confini a ciò che veniva definito osceno e che invece era semplicemente la mia nudità. […] Nel 1989, quando lavoravo ancora per Diva Futura, l’agenzia di Riccardo Schicchi, arrivò un fax di un artista americano, Jeff Koons. Si definiva “l’erede di Andy Warhol” e chiedeva di fotografarmi. Venne a Milano, a uno dei miei soliti spettacoli. Io non avevo idea di chi fosse. Scesi dal palcoscenico, come facevo di solito, per andare a stuzzicare qualcuno del pubblico in sala. Mi sedetti per caso sulle sue ginocchia e gli misi un seno in faccia. Lui fu tutto felice e contento. Ci invitò a cena e poi ripartì per New York con la promessa di risentirci, perché lui voleva far qualcosa per la Biennale di Venezia. Si accordò con Schicchi per alcune foto cone me, pagando 10 milioni. Le foto le fece Riccardo: dei nudi senza penetrazione. Un centinaio di diapositive, che Koons presentò alla Biennale come gigantografie sue. Era affascinante perché era introverso e silenzioso. Quando feci la prima sessione di foto mi accorsi che era una persona interessante. Vedevo che non era un carattere semplice, ma mi piacque molto. Facemmo una seconda sessione: di sesso esplicito, molto hard. Furono vendute in tutto il mondo: dopo il nostro matrimonio, che rese Koons famoso, quelle foto furono vendute a 300-400 milioni di lire. Comparivo anch’io, ma non ho visto una lira. E intanto lui veniva chiamato Mister Cicciolino, perché sono io che l’ho reso popolare in Europa. Il matrimonio… Già quello fu un delirio. Dovevamo sposarci il giorno di San Valentino del 1991, a Roma. Koons mi chiamò quattro giorni prima dalla Germania, dicendomi che non mi voleva più sposare. Andai a Monaco, dove lui abitava. Mi disse che gli era apparsa in sogno una persona e gli aveva detto di non farlo. Tornai in Italia e gli scrissi una lettera in cui gli dicevo che l’amavo, che tra noi c’era comunque un sentimento molto forte e per questo gli proponevo di rimanere il mio amante. Accettò, dopo qualche tempo. Io andavo a Monaco per i week end: mangiavamo thai food, andavamo al cinema, facevamo del sesso e poi tornavo a Roma. All’inizio di maggio mi mandò un altro fax in cui mi chiedeva di fissare la data delle nozze. Riuscii solo a ottenere che non ci sposassimo in Italia ma a Budapest, il primo giugno. Mia madre si occupò degli aspetti burocratici. Arrivammo in Ungheria qualche giorno prima delle nozze. Una notte mi svegliò e mi disse: ‘Ilona, ho fatto un sogno, non ci possiamo sposare’. Chiamai mia madre e le dissi di sospendere tutto. All’ora di colazione ci ripensò un’altra volta. Mia madre disse: ‘È matto’. […] Fino a quel punto avevo avuto una vita avventurosa: avevo guadagnato molti soldi, avevo fatto un sacco di cose, avevo viaggiato nel sesso e vissuto la sessualità ampiamente […] Conoscevo tutti i tipi di penetrazione, con uomini di ogni razza e colore e con oggetti di ogni tipo. Il lavoro non mi mancava, ero famosa, ero stata parlamentare, per cui volevo fare un bambino finché ero in tempo. Sapevo che la mia vita sarebbe stata piena solo con un figlio. Non volevo fare come tante donne dello spettacolo che arrivano a cinquant’anni, si fermano e scoprono che vorrebbero un bambino. Mi sembrava che Koons sarebbe stato un buon padre […] Jeff mi dava continuamente della prostituta, della stronza, della troia. Finché, nel 1993, me ne andai. Presi la decisione una mattina,. Mentre scaldavo il biberon e lo sentii urlare a nostro figlio: ‘Tua madre è una prostituta!’. Feci tredici valigie, presi Ludwig e partii […] Il bambino è stato affidato a Koons perché è teoricamente in grado di offrirgli un futuro migliore dato che è più ricco. Non lo dico io, è scritto nella sentenza. Ma allora io vado a rapinare una banca e poi mi riprendo il figlio […] Ho smesso di fare pornografia nel 1990. Faccio qualche spettacolo di nudo. Ma nessuno ha levato Naike a Ornella Muti quando compariva nuda nei film. Bisogna distinguere tra artista e mamma» (Tommaso Pellizzari, “Sette” n.14/1998) • Ha raccontato che «per motivi di spionaggio divenne amante di un ministro dell’allora Germania Occidentale: un carrierone rispetto ai tempi in cui, diciottenne cameriera in un lussuoso hotel di Budapest, diventava amica degli ospiti occidentali, per carpire loro informazioni di ogni tipo. […] “Nome in codice? ‘Coccinella’. Compiti? Far parlare le persone, far dire loro i motivi per i quali erano in Ungheria: lavoro, politica, qualunque cosa. Registravo e passavo i nastri a persone che non conoscevo. Mi facevo abbordare, poi si usciva a cena o ci si vedeva in qualche camera d’albergo. Ma non per sesso: volevano un po’ d’initmità, chiacchierare, divertirsi, bere una coppa di champagne. Ero giovane, bella e non sposata. Se volevo andarci a letto ci andavo. Si aprivano molto di più. A volte è stato anche molto bello, persone di cui non si sarebbe sospettato nulla, mi versavano fiumi di champagne addosso per leccarmi il corpo, oppure mi mettevano le fragole tra le cosce e poi le mangiavano […] Innamorata? Una volta, di un uomo che era in Ungheria anche con la moglie. Per la verità loro (soprattutto lei) volevano fare una cosa a tre. Però poi la cosa è rimasta platonica. Eravamo in una stanza di un hotel. Lui era molto eccitato mentre io facevo conversazione. Pur di scoprire perché erano in Ungheria ho dovuto fare un giochino da bambini: mi facevo inseguire per la stanza, una specie di gioco erotico» (Tommaso Pellizzari, “Sette” n. 46/1999).