varie, 6 marzo 2002
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Stiller Ben
• New York (Stati Uniti) 30 novembre 1965. Attore • «Figlio di Jerry Stiller e Anne Meara (duo comico molto noto in America), a dieci anni debutta nella serie tv Kate McShane, di cui la madre è protagonista. Dopo un piccolo ruolo in L’impero del Sole (1987) di Steven Spielberg, interpreta Su e giù per i Caraibi (1987), Pazzie di gioventù (1988) e Vendetta trasversale (1989). Dal 1990 è su Mtv con The Ben Stiller Show, che chiude dopo due anni. Nel 1994 dirige Giovani, carini e disoccupati. Seguono Il rompiscatole (1996), Amori e disastri (1996), Tutti pazzi per Mary (1998), Ti presento i miei (2000), Tentazioni d’amore (2000)» (’Tv7” N. 4/2002). Nel 2002 I Tenenbaum • «Attore, regista, produttore, sceneggiatore. Noto soprattutto per la cerniera ”assassina” di Tutti pazzi per Mary e per aver lavorato al fianco di De Niro in Ti presento i miei, da outsider è diventato un divo. Alla sua maniera però. Controcorrente e senza concedere nulla all’immagine stereotipata della star hollywoodiana [...] ”La regia è il ’mestiere’ in cui mi trovo più a mio agio; scrivere, a parte il fatto che in genere scrivo le trame dei film che dirigo, è forse la parte più difficile, mentre recitare è quella più divertente e con meno responsabilità. [...] Il massimo della soddisfazione lo raggiungo quando posso scrivere il copione, dirigere e recitare [...] Non dico di voler essere preso sul serio o di voler far film nei quali sono vittima di malattie o eventi catastrofici. Ma neppure voglio essere identificato solo come l’attore che fa ridere”» (Silvia Mapelli, ”Ciak” aprile 2002) • «Ormai esiste un ”genere Stiller”; tanto che i registi [...] cominciano a diventare secondari. L’onnipresente attore ha un suo pubblico affezionato anche dalle nostre parti. simpatico, però da lui non bisogna pretendere una critica della società dell’apparire, né una commedia che, ridendo, castighi i costumi. Dai tempi di Tutti pazzi per Mary, Stiller si è specializzato in un cinema politicamente scorretto, volgare ma non troppo, decerebrato secondo la regola aurea del comico: quella del risparmio di pensiero. [...]» (r. n., ”la Repubblica” 5/11/2004) • «Per il grosso del pubblico Ben Stiller è l’imbranato delle commedie americane, l’uomo catapultato nelle situazioni imbarazzanti, il marito che sorprende la sposina, con cui è in viaggio di nozze, impegnata in un focoso amplesso (con pinne ancora ai piedi) con l’istruttore subacqueo in E alla fine arriva Polly, il fidanzato martirizzato dal futuro suocero (un persecutore interpretato da Robert De Niro) in Ti presento i miei, l’ingenuo sentimentale goffamente alle prese con il cane di Cameron Diaz in Tutti pazzi per Mary. L’autoironia di Stiller [...] nasconde un talento eclettico. [...] prima che attore è, infatti, sceneggiatore, regista e produttore, un tuttofare dell’ultima generazione hollywoodiana. [...] ”Sono metà ebreo e metà cattolico irlandese. I miei genitori sono stati meravigliosi: essendo entrambi attori mi hanno sempre incoraggiato nel mio lavoro, ma è un dato di fatto che i loro retroterra religiosi hanno in comune una tradizione consolidata nel farti sentire ’colpevole’ di ogni cosa. Il che, se non altro, offre infiniti spunti di comicità. Nella mia famiglia però gli aspetti religiosi non sono mai stati così dominanti da causare vere nevrosi, quelli erano problemi di altre generazioni di comici, io non ho mica avuto l’infanzia di Woody Allen [...] per me, la regia è l’impegno più stimolante, l’aspetto più creativo del lavoro, quello a cui, nel tempo, voglio dedicarmi di più. Lavorare come produttore è molto difficile perché ci sono tantissimi elementi da controllare che esulano dall’aspetto creativo del cinema, mentre la scrittura è senza dubbio il compito più faticoso: sei solo e devi inventare quello che diventerà il film, ci sono momenti di pura angoscia. La recitazione, in questo contesto, non è certo lo sforzo maggiore» (Oscar Cosulich, ”L’Espresso” 5/8/2004) • Come tutti i grandi comici è ignorato dall’Academy: «Quando ero più giovane ci stavo male, mi arrabbiavo pensando alla difficoltà di far ridere, molto più difficile che scatenare fiumi di lacrime, e allo snobismo di quelli dell’Academy. Oggi non è un problema, incontro tante persone che mi ringraziano perché li ho fatti ridere, vale molto più di un Oscar» (Maria Pia Fusco, ”la Repubblica” 9/6/2004).