Varie, 6 marzo 2002
Tags : Oliver Stone
Stone Oliver
• New York (Stati Uniti) 15 settembre 1946. Regista. Tre volte premio Oscar: per la regia nel 1986 (Platoon) e nel 1989 (Nato il 4 luglio), per la sceneggiatura nel 1978 (Fuga di mezzanotte); nomination nel 1991 per la regia di Jfk (battuto da Jonathan Demme con Il silenzio degli innocenti). Il padre, Lou Silverstein (si cambiò il nome), era un noto agente di borsa, la madre, Jacqueline Goddet, era francese. Studi a Yale, nel 1965 va in Vietnam (quindici mesi nella 25ma divisione di fanteria). Al ritorno entra alla New York University dove studia cinema: suo insegnante è Martin Scorsese. Nel 1973 dirige il suo primo film, Seizure, e negli anni 80 lavora come sceneggiatore: Scarface, L’anno del dragone, Conan il barbaro. Nel 1986 il film cui deve la fama Platoon. Seguono Wall Street, Nato il 4 luglio, The doors, Jfk, Natural Born Killers. «Più che un regista, è quasi un documentarista, un autore che con i suoi film ha costretto l’America a guardarsi allo specchio e il resto del mondo ad avere una nuova prospettiva del suo paese. Gli orrori e le divisioni del Vietnam con Platoon e Nato il 4 luglio. La cupidigia e il sotterfugio con Wall Street. Crimine e celebrità con Assassini nati. [...]» (Lorenzo Soria, ”La Stampa” 9/11/2004). «Una decina di film, tutti polemici che l’hanno portato perfino in tribunale. Tra i film finiti nelle aule giudiziarie degli Stati Uniti c’è stato anche Assassini nati, premiato nel ’94 alla Mostra di Venezia con il riconoscimento della giuria. Era la storia di due giovani innamorati che uccidono senza motivo viaggiando per le strade dell’America. Assassini nati finì in tribunale perché secondo molti giornali incoraggiava i giovani ad uccidere» (Ernesto Baldo, ”La Stampa” 21/7/2001). «Un uomo contro, che ha fatto della provocazione il suo marchio di fabbrica. Regista ridondante, dallo stile concitato. Potrebbe essere considerato un giornalista con la macchina da presa. Dannatamente americano e pur maledettamente antiamericano, ha tracciato con la sua filmografia un ritratto, sovente impietoso, della madrepatria [...] Considerato un regista politico, in realtà riversa sul grande schermo la passione per la drammaturgia e per le storie di individui impegnati in lotte personali [...] Lo scopo è sempre quello di spiegare, a volte con eccesso didascalico, e destabilizzare» (Marco Consoli, 100 registi, supplemento a ”Ciak” del novembre 2000). «L’enfant terrible di Hollywood. [...] Ha rotto le scatole con Salvador, Nato il 4 luglio, Natural Born Killer [...] ”Sono sempre più convinto, dopo le mie esperienze di vita e in Vietnam, che gli uomini sono assetati di sangue. Ovunque, non solo in America. Se l’uomo fa l’amore con una donna e copre di sangue il suo corpo, avrà l’esperienza sessuale più intensa della sua vita. Non mi fraintenda. Non lo faccio regolarmente. Mi è successo per caso. Una notte a Chcago, tanti anni fa, una ragazza in un hotel ordinò una bottiglia di champagne, mille dollari, era ubriaca, si è rotto un bicchiere e lei si è tagliata la mano, il sangue ha intriso le lenzuola e io l’ho sparso su di lei e su di me. Una notte di sesso indimenticabile... La mattina dopo lei è andata via presto. Mi sono alzato, la stanza era un macello, sembrava un film: vetri rotti, sangue dappertutto, mi sono domandato se l’avevo ammazzata senza ricordarmene. Ma in bagno, sullo specchio, lei aveva scritto col sangue il suo numero di telefono... Quella donna era una selvaggia come me [...] Gli anni Novanta sono stati terribili per me da un punto di vista economico e critico, ma bellissimi da un punto di vista cinematografico. Ho fatto sette film importanti: da Heaven and Earth a Natural Born Killer, che nessuno ha capito, fino a Nixon. Un decennio che si è concluso con U-Turn, un film che ha rappresentato una grande svolta per me. Con Any Given Sunday ho invece rotto con il mio passato, ho esorcizzato il cinismo e la tragedia, mi sono sentito meglio. Ho affrontato il football come avevo affrontato il mondo del business in Wall Street [...] In America ci sono persone che hanno cercato di distruggermi perché sono sempre stato un outsider. Ci sono persone che veramente mi odiano. Eppure quel che la gente non capisce di me è che sono pieno d’amore e compassione”» (Sivlia Bizio, ”L’Espresso” 6/4/2000).