Varie, 6 marzo 2002
STORACE
STORACE Francesco Cassino (Frosinone) 25 gennaio 1959. Politico. Segretario de La Destra, partito da lui fondato nel 2007. Nel 1994 e 1996 fu eletto alla Camera (An), dove fu per cinque anni presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai, nel 2006 al Senato. Ex presidente della Regione Lazio (2000-2005). Ministro della Sanità nel Berlusconi III (2005-2006), in sostituzione di Sirchia, si dimise nel marzo 2006 in conseguenza del cosiddetto Laziogate: «[...] tra il 9 e il 10 marzo 2005 [...] con un accesso abusivo nell’anagrafe capitolina, servendosi dei pc della Laziomatica, società informatica nella galassia della Regione Lazio, lo staff dell’allora presidente uscente verificò casi di false firme e dati anagrafici inventati nelle sottoscrizioni raccolte dal partito della Mussolini. Il passo successivo sarebbe stata la richiesta di esclusione di quella lista di disturbo al centrodestra dalla competizione elettorale. Che poi fu vinta da Piero Marrazzo [...]» (Federica Angeli, Simona Casalini, ”la Repubblica” 6/5/2010). Nel maggio 2010 subì una condanna (primo grado) a un anno e sei mesi di reclusione • «[...] ex ragazzo di Piazza Tuscolo dove dava e prendeva legnate [...] ex giornalista del ”Secolo d’Italia” [...] ex fantasioso portavoce di Fini [...] Epurator della Rai ai tempi in cui era al vertice della Commissione di Vigilanza [...] In un ritratto sul ”Secolo d’Italia” diceva: ”Detesto il clima di ipocrisia generale. Se ti ribelli, se alzi la voce, dicono che sei impresentabile. Un tempo ci dicevano estremisti, oggi ci vorrebbero moderati. Ma moderato è una parola scema, che vuol dire? Niente. Io dico che bisogna essere intransigenti, fare le battaglie con convinzione perché solo così, alla fine, puoi le puoi vincere”. [...]» (Amedeo La Mattina, ”La Stampa” 23/4/2005) • «Ha seguito Fini come un’ombra dai tempi del Msi; ha accettato di seguirlo nella spericolata e fallimentare operazione dell’Elefantino con Segni; ha persino firmato i referendum dei radicali quando il leader di An, nell’inutile tentativo di sfidare Berlusconi, fu colto da febbre movimentista» (Alessandra Longo, ”la Repubblica” 12/1/2002) • All’inizio degli anni 90, fu a capo dei servizi parlamentari del ”Secolo d’Italia”, e poi dell’ufficio stampa del partito: «Come capoufficio stampa rompevo le palle a tutti i giornalisti per far passare le cose di Fini. Ero un tormento. Ricordo che mi inventavo le cose più strane, e infatti ”Prima Comunicazione” mi dedicò un articolo molto bello intitolato: ”Lo sparaballe”. Due pagine! Ma il meglio fu la storia, accreditata, secondo cui Fini era il megafono di Cossiga. Invece ero io che scrivevo dichiarazioni appositamente studiate in cossighese, che avvaloravano l’invenzione per cui quando, per qualche ragione, il presidente della Repubblica non voleva parlare, interveniva in sua vece Fini. Intendiamoci, era tutto concordato: sia Fini che Cossiga sapevano. La storia nacque così: era arrivato il momento del primo messaggio di fine anno di Cossiga al Quirinale. Il 31 dicembre pomeriggio avevo saputo da un amico che il presidente avrebbe parlato solo 3 minuti. Avvisai Fini: guarda che Cossiga sarà brevissimo, facciamo noi una dichiarazione lunga incentrata sul tempo per tacere e il tempo per parlare. Ci lavorai fino a sera, infilandoci una serie di metafore cossighesi. La leggo a Fini, che subito mi dice: ”Figurati, parlerà ore…”. Alle 20.40 suona il telefono, era Fini: ”Avevi ragione – mi dice – è stato brevissimo, aspetta domattina e detta il comunicato’. Il giorno dopo, 1° gennaio, appena la nostra dichiarazione esce sulle agenzie, i giornali iniziano a telefonarmi. Io sparo: ”Fini mi ha svegliato alle 7 per dettarmi la dichiarazione”, e faccio il vago sul resto, sapendo che, dalla mia vaghezza, i giornalisti, che sapevano quanto fosse mattiniero Cossiga, avrebbero dedotto che aveva svegliato Fini alle 6, per dettargli la dichiarazione, che poi Fini aveva dettato a me, e io alle agenzie. Morale: ”Repubblica” il giorno dopo esce con un titolone gigantesco: ”Cossiga parla attraverso Fini”. Una balla clamorosa!”» (Antonello Capurso, ”Il Foglio” 28/11/2001) • «Sembrano fatti apposta per l´eternità, una di quelle coppie che nel cinema arrivano una volta nel secolo: il secco e il tondo, il freddo e lo sbracato, stanlio e ollio. Così diversi da trovarsi irresistibili, l´uno esattamente quello che manca all´altro, per sempre disgustati e attratti dai reciproci difetti. Complementari, speculari, insieme perfetti. [...] Storace vuol fare (forse) il leader del partito dopo Fini, o accanto a Fini se gli toccherà di uscire da An, e tutte quelle giravolte e quei salamelecchi gli fanno venire l´orticaria. ”Io la nostra gente la conosco, non sto mica chiuso nelle cabine di regia”: la sua gente ha ”Voglia di destra´ dice lo striscione dell´Hilton, Bossi gli fa andare il sangue alla testa, il voto agli immigrati lo fa morir dal ridere e la fiamma non si tocca perché brucia. Findus e Epurator. L´accorto subacqueo e il tifoso romanista. L´oratore misurato e il trascinatore battutista. ”Meglio froci che laziali”, disse una volta Storace a Scherzi a parte, poi si scusò. Però quando gli chiesero, a un comizio, ”dì qualcosa di destra”, tornò sul tema. Pesava ancora 115 chili, ora 90. La fotografia nitida del rapporto tra i due è qui: ”Una volta dissi a Fini: ”io dico quello che penso´. E lui: ?cerca di pensare a quello che dici´”. Racconta, nel libro Francesco Storace visto da Antonello Capurso, curato da Nicolò Accame figlio di Giano: ”Fini ha un carattere esattamente contrario al mio, per cui a volte litighiamo a morte, solo che lui è un incassatore straordinario, non si arrabbia mai e la cosa mi manda ancora più in bestia. Non gli farei mai un torto, se ho una cosa da dirgli gliela dico apertamente al contrario di tanti cortigiani che ha attorno. E´ una persona di cui ho persino soggezione”. E´ stato per anni il suo addetto stampa. Si è inventato gole profonde e falsi dossier, lo ha fatto diventare Fini. Quello bravo in tv. Quello che vince i duelli. Forse politicamente sopravvalutato, come pensano in molti e fra questi D´Alema, il gelido a sinistra. Però efficace, sì. Fini conosce l´entità del debito che lo lega al gemello. Quando la notte del 16 aprile del 2000 arrivarono i risultati delle regionali, e Storace aveva vinto con centomila voti in più di quelli della coalizione, il segretario lo abbracciò in lacrime: ”Non ne ho mai dubitato”. Nascono a sette anni di distanza, come le loro figlie. Fini ne ha sette più di Storace. [...] Vengono da famiglie borghesi. Entrambi hanno un solo fratello maschio, più piccolo. Fini nasce a Bologna centro, Storace a Cassino, Ciociaria. Argenio Fini, scomparso nel ´98, lavorava in una compagnia petrolifera. Era stato volontario nella Repubblica sociale italiana, divisione San Marco. Chissà cosa direbbe oggi. Un suo cugino, Gianfranco Milani, fu ucciso dai partigiani dopo il 25 aprile: Gianfranco porta questo nome in sua memoria. Giuseppe Storace, rappresentante di commercio, è morto alla vigilia dell´ascesa del figlio alla presidenza della Regione. Fini è entrato nel Msi perché voleva andare a vedere I berretti verdi di John Wayne, ”e i militanti di estrema sinistra che non volevano farmi passare”. Storace perché folgorato da un manifesto di un uomo in catene davanti alla sezione di piazza Tuscolo, Roma. Non riuscivano a studiare ”perché non ci facevano entrare all´università, ci picchiavano”. Fini però si è laureato in pedagogia, tesi sui decreti delegati. Storace no e gli dispiace parecchio. Fini è sempre molto elegante, Storace solo di recente. Marcello Veneziani: ”Mi ricordo la prima volta che vidi Gianfranco, a Bari, me lo presentò Tatarella: sembrava Pippo Baudo”. Al ”Secolo d´Italia”, da giornalisti, si incrociano un anno: l´82. Storace è ancora abusivo, Fini sta per entrare in Parlamento. Cinque anni prima Almirante lo aveva pescato, quinto in una lista di sette, per guidare il Fronte della Gioventù. Dicono che Donna Assunta nella scelta abbia fatto la sua parte. ”Era così carino, moderato, adatto a mitigare i furori di quegli anni terribili”. Al Secolo conosce Daniela Di Sotto, allora come oggi fascistissima, la sposa. Storace sposa Rita, incontrata alla festa di laurea di un amico, ”aveva un viso bellissimo”. Nei Novanta l´armonia di coppia è assoluta. Storace: ”Il mio ricordo più bello è un viaggio in Russia con Gianfranco e le nostre famiglie”. Francesco era il capo ufficio stampa del partito, Gianfranco si fidava ciecamente. Poi la presidenza della Vigilanza Rai, Storace Epurator, anni belli anche quelli. Dal 2000 in poi, con il trionfo nel Lazio, i primi fastidi. Per i lacchè di cui Gianfranco si circonda. Perché fa da vassallo a Berlusconi. Perché si fa mettere i piedi in testa persino da Bossi, che con le sue sparate contro ”Roma ladrona´ contribuisce parecchio alla sconfitta delle provinciali. Fini scrive la costituzione europea, firma un libro con la prefazione di Giuliano Amato. Storace lo rimprovera di andarsi a sedere nei banchi di An, a Montecitorio, solo quando c´è da votare il ddl Gasparri, ”che poi quella legge non l´ha nemmeno scritta Gasparri”. Fini pensa alla lista unica, Storace non la vuol sentire nominare. Fini guarda al Ppe, Storace nemmeno in fotografia. Fini chiede il voto per gli immigrati, Storace propone di farli votare a casa loro. ”Io sono la destra in anticipo”, dice, e Fini cos´è? Antifascista? ”Ma perché dov´è, in Europa, oggi, il fascismo?”. Comizi, bandiere, chiamata alle armi. La soggezione è sparita, è l´ora dell´Hilton. Tutti gli occhi sul tavolo operatorio, i gemelli si separano. Qualcuno dice scissione, ma poi chissà. Anche da lontano le coppie così non si perdono mai» (Concita De Gregorio, ”la Repubblica” 3/12/2003).