6 marzo 2002
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Street Picabo
• . Nata a Triumph (Stati Uniti) il 3 aprile 1971. Campionessa di sci, specialità discesa libera. «Dev’essere una questione di cromosomi. Dev’essere anche un pizzico di predisposizione. Dev’essere, in definitiva, qualcosa che ti nasce dentro e che, magari senza saperlo, ti porti dietro per tutta la vita. Un giorno - era l’estate del ’71 -, la piccola Picabo cadde dal seggiolone. A testa in giù. La mamma chiamò il padre, senza percepibile spavento nella voce: ”Ron, la bimba sembra morta”. Non lo era: solo un po’ ammaccata. I genitori tornarono alle loro occupazioni, e probabilmente mamma Dee, cantante country, intonò qualche lagna alla Willie Nelson per calmare la bambina. Questa disavventura giovanile nascondeva, in germe, la storia futura di Picabo Street, anzi Peek-a-boo, ”acqua scintillante” in uno dei mille dialetti indiani, campionessa di sci, atleta collezionista di ossa rotte (le sue): sono passati trent’anni da quella caduta a capofitto sul pavimento e Picabo non ha mai smesso di rotolare. Ma anche di vincere o di stare, minimo, nei quartieri alti della classifica. Tra le donne del Circo bianco è indiscutibilmente la signora della velocità e del brivido, ma anche la regina dei cerotti: ”Ho più cicatrici che vittorie” ama celiare. Il 13 marzo 1998 (un venerdì!), ancora fresca di vittoria olimpica a Nagano, prese un po’ troppo velocemente la discesa di Crans Montana che chiudeva la stagione: uscì di pista a cento all’ora e si ruppe il femore in quattro parti distinte. Questo alla gamba sinistra. Alla destra fu il ginocchio a sbrindellarsi: rottura del legamento crociato anteriore e parziale frammentazione del menisco. Quando la raccolsero, sembrava un manichino con i fili rotti: il femore lo rimisero a posto con una piastra di titanio lunga 30 centimetri. Il ginocchio fu ricostruito dal chirurgo Richard Steadman, che ricorda con un brivido di emozione la fedeltà di Picabo nei suoi confronti: dieci operazioni subìte, altrettante le firme sul gesso del professorone che rimise in piedi anche Alex Del Piero. Un’altra volta - era il dicembre 1996 - era toccato al ginocchio sinistro. Qui Steadman fu superlativo: prese un pezzo di tendine meniscale e con esso riattaccò il crociato anteriore. C’era da risistemare anche il collaterale: uno scherzo. E Frankenstein-Picabo, con sempre più cicatrici che vittorie, tornò sulle nevi. Il prossimo 7 dicembre festeggerà l’anno dal ritorno sulle nevi dopo i 21 mesi e 15 giorni trascorsi a rimettersi in sesto dall’incidente di Crans: strano ma vero, non le è ancora accaduto nulla. E non perché abbia in qualche modo tirato il freno, anzi. L’altra settimana, mentre si allenava a Copper Mountain, in Colorado, è stata fermata per eccesso di velocità: lanciata a cento all’ora, metteva in pericolo le evoluzioni degli sciatori della domenica. Non ha mai perso il vizio: la velocità nel sangue, ha scelto uno sport e una specialità dove per importi devi seminare il vento. E’ cresciuta a Sun Valley, nell’Idaho, dove l’inverno dura otto mesi l’anno, dove se non scii sei preda della depressione, dove la neve ti fa da compagna nei primi passi e nei primi giochi: lassù ”Acqua scintillante” scoprì la libertà di essere una piccola, sfrontata, scafatissima figlia dei fiori. Della mamma abbiamo detto: musicista country, con tutte le conseguenze del caso; papà Ron, un ex marine riconvertito al pacifismo hippie, faccione barbuto, abbronzatura perenne da rude uomo delle nevi, ha faticato per anni come muratore; un fratello (Roland, detto Ba-ba) con cui la piccola tigre ingaggiava furiosi duelli sportivi a basket, volley, tennis e qualche volta pugilato. Intorno a questa famiglia solida, unita, amerikana fino al midollo, la prima a donare soldi per le vittime delle Torri gemelle, si è costruita tutta la carriera di Picabo. Quando scappa a Portland, in Oregon, nel ’buen retiro’ costruito con i primi soldi, c’è quasi sempre mamma Dee ad aspettarla con la confezione aperta di Risiko. Conquistare il mondo è uno dei suoi chiodi fissi: lo ha fatto da sportiva, vincendo medaglie d’oro ai Mondiali (in discesa) e all’Olimpiade (in SuperG). Da qualche tempo Picabo si accompagna a John Mulligan, ex preparatore tecnico della squadra di sci americana. Ex perché lo è stato finché nell’ambiente non si è saputo del fidanzamento con ”Acqua scintillante”. Il regolamento non permette relazioni amorose all’interno della squadra: così Mulligan si è dimesso ed è ora uno degli ski-men privati di Kristina Koznick. Un passo indietro: la slalomista Koznick, lo scorso anno, fu costretta a lasciare la squadra perché durante una riunione tecnica, per sbaglio, nel videoregistratore finirono le scene hard che dimostravano inequivocabilmente il rapporto sentimentale con il ’coach’ nazionale Dan Stripp. Quando si dice che il mondo è piccolo. Picabo sogna di diventare, l’8 febbraio 2002, la portabandiera della squadra Usa ai Giochi. Allineata e coperta, dopo i bollori di una gioventù ribelle: a Nagano portava un casco con il disegno di una tigre feroce, ora come portafortuna ha una spilletta dell’Air Force. Insieme alla tedesca Hilde Gerg, è la sola atleta a poter difendere l’oro olimpico conquistato a Nagano. Gli altri re delle nevi giapponesi nel frattempo sono andati via, ritirati (Mario Reiter, Deborah Compagnoni, Katja Seizinger) o infortunati (Maier e Buraas): ”Il mio cervello, da un po’ di tempo, è meno reattivo del solito, e non ho più la fiducia né l’aggressività di una volta. Però Salt Lake City è casa mia: ecco perché non posso mancare”» (Claudio Colombo, ”Corriere della Sera” 2/12/2001).