Varie, 6 marzo 2002
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TAIBO Paco Ignacio Gijòn (Spagna) 11 gennaio 1949. Scrittore • «Un vulcano di ironia. Fuma nuvole di sigarette Habanos, si disseta a cocacole, vola con i ricordi agli amati romanzi d’avventura
TAIBO Paco Ignacio Gijòn (Spagna) 11 gennaio 1949. Scrittore • «Un vulcano di ironia. Fuma nuvole di sigarette Habanos, si disseta a cocacole, vola con i ricordi agli amati romanzi d’avventura. [...] Come il suo detective malconcio, Héctor Belascoaràn, Taibo II ha un debole per le cause perse. Non rinuncerebbe mai a sognare, perché vive in Messico, nell’America Latina, in quel continente che pullula ancora di passioni vere, e non rinuncerebbe mai a scrivere perché sa che se hai letto Il diario di Anna Frank non puoi essere razzista, se reciti le poesie di Neruda rimorchi meglio le ragazze, e se conosci il Conte di Montecristo sai qual è la giusta vendetta. [...] ”Vivevo in un mondo senza tv, in una famiglia di lettori compulsivi. Ed ero sempre malato. Ho fatto tutte le malattia infantili, senza saltarne una. Salgari entrò nella mia vita come un torrente, tra i 5 anni e gli 8 me lo sono divorato. Ottanta-novanta romanzi. Insieme a Verne, May, Dumas. Fingevo addirittura di essere malato per continuare a leggere. Mio padre, che era straordinariamente intelligente, è arrivato un giorno con il Visconte di Bragelonne in quattro volumi e mi ha detto ”se non ti ammali più te lo regalo”. Leggevo di notte con la pila, nel letto, dentro una caverna di lenzuola e coperte [...] Vivevamo in una società strangolata. Censura, falso puritanesimo, residui del franchismo. In casa si parlava di politica molto sottovoce. Tutta la mia famiglia è passata per il carcere, nonni, prozii, zii... La letteratura d’avventura era l’ossigeno [...] Salgari mi ha aiutato a capire il senso della giustizia sociale, che mi ha accompagnato per il resto della vita. Sono quel che sono grazie a Sandokan e a Robin Hood, ’macchiati’ con Brecht. Il mio antimperialismo è figlio di Salgari, non di Lenin [...] Salgari ha il senso dell’eroismo e degli eroi. Fantomas, i Tre moschettieri, il Conte di Montecristo, insegnano che chi subisce ingiustizie ha il sacrosanto diritto di vendicarsi. Per quanto mi riguarda ho sempre cercato di scappare da tutte le navi, di stracciare gli assegni di chi mi voleva comprare. Negli anni 60 ho avuto dibattiti animati con i marxisti neanderthaliani della mia generazione. ’Voi non vi salverete l’anima’, dicevo. ’Siete troppo pragmatici. Oggi leggete il Capitale, domani lavorerete per la Banca Mondiale. Noi, invece, lettori di Sandokan siamo indistruttibili. Non smetteremo mai di lottare. Combatteremo sempre contro le ingiustizie’. Era un dibattito surreale in quell’epoca del Marx-business. I marxisti diventavano professori universitari e guadagnavano lauti stipendi. Noi salgariani restavamo la feccia della terra [...] Mi piace molto la condizione personale, extraletteraria di Salgari. Era un maniaco depressivo, figlio di suicidi, padre di un suicida, suicida esso stesso. Mi piace la sua fantasia, che nasceva in una stanza, da editori vampiri che pretendevano 35 pagine al giorno. Si difendeva da tutto, dai suoi fantasmi, dalla vita, dai torti, con l’arma della fantasia [...] So come iniziano i miei libri, non come vanno a finire. Questo è un omaggio alle letture d’infanzia, agli eroi, alla sete di libertà. Mi diverto a giocare con la fantasia ma costruisco anche un chiaro discorso antimperialista. I riferimenti politici sono espliciti, i parallelismi tra i conflitti antimperialistici del XIX secolo e quelli di oggi sono molto chiari [...] L’ideologia allo stato puro mi fa schifo. Mi piace l’ideologia che si converte in utopia, in sogno, azione immediata”» (Bruno Ventavoli, ”La Stampa” 9/5/2004).