Varie, 6 marzo 2002
Tags : Bernard Tapie
Tapie Bernard
• Parigi (Francia) 26 gennaio 1943. Imprenditore • «Ha usato il calcio per essere popolare e catturare consenso. "sceso in campo". diventato un leader politico. Ma poi è finito in galera. Si tratta di Bernard Tapie, ex di tante cose (ex presidente dell’Olympique Marsiglia, ex padrone dell’Adidas, ex ministro per le aree urbane nel governo Bérégovoy, ex deputato europeo, ex pupillo di Mitterand, ex patron del ciclista Hinault, ex bancarottiere nei rampanti e tragici anni 80, che non erano "da bere" solo da noi), ex di quasi tutto ma non di se stesso. [...] L’Olympique [...] club che lui aveva portato alla conquista della Coppa dei Campioni (1993 contro il Milan), e che per far vincere non esitava a comprare gli avversari: come i tre giocatori del Valenciennes, pagati 85 milioni di lire a testa perché perdessero contro i marsigliesi una partita decisiva di uno scudetto poi revocato. Fosse accaduto in Italia, staremmo ancora a spalare sabbia. Invece è successo in Francia e Tapie si è preso due anni di galera per corruzione e bancarotta, otto mesi dei quali in cella d’isolamento (matricola 265449 G), senza condizionale. Tra la vergogna e il ritorno, la santificazione e la caduta, Tapie ha vissuto un’altra decina di vite tutte insieme. Andò dal giudice nascosto sotto una coperta. Scaraventò nella Senna una telecamera molesta. Assistette allo svuotamento del suo palazzo in faubourg SaintGermain (350 miliardi di debiti, mobili seicenteschi pignorati e caricati su dieci tir, lasciate invece le reti del letto e le lenzuola), durato una dozzina di ore. Scrisse un libro (Occhi troppo grandi) sui retroscena del calcio marcio, tra ricatti mafiosi e tradimenti. Lesse tutto Céline. Girò un film con Lelouch. Pubblicizzò apparecchi stereo. Recitò in teatro Qualcuno volò sul nido del cuculo: esperienza, quest’ultima, che deve avergli fatto quadrare il cerchio, legittimando in sintesi ogni altra esistenza precedente. ”Non riuscivo più ad essere me stesso, sul palcoscenico invece sì”. Figlio di un montatore di stufe, Tapie ha cominciato la scalata vendendo televisori. Si è messo in grande quando prese a rilevare aziende decotte, per poi "risanarle": primo colpo, le cartiere Diguet-Denis acquistate al prezzo simbolico di un franco e rivendute a 750 milioni di lire. Era il 1977 e lo chiamavano lo Zorro delle imprese in crisi. Lui arrivava un attimo prima della fine (e i suoi nemici giurano che quella fine, troppo spesso lo vedeva protagonista) e porgeva la maschera di ossigeno con il denaro prestato dalle banche, specialmente il Crédit Lyonnais. Tapie diventò l’emblema del riscatto marsigliese, mentre il simbolo del suo era il meraviglioso veliero "Phocea" ormeggiato nel Vieux Port e affondato nell’oceano dei debiti (colpa, soprattutto, dell’incauta scalata all’Adidas): ma quanta musica, prima e durante il naufragio, su quei ponti di legno lucido. Dei suoi troppi "se stessi", in realtà Bernard Tapie ha amato e vissuto soprattutto quello di presidente nel pallone» (Maurizio Crosetti, ”la Repubblica” 4/4/2001).