Varie, 6 marzo 2002
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Tarantino Quentin
• Knoxville (Stati Uniti) 27 marzo 1963. Regista. Tra i suoi film: Le iene, Pulp fiction, Kill Bill I e II, Inglorius basterds • «[...] ”I miei film abitano in due mondi differenti” spiega ”Uno è l´universo del Quentin di Pulp Fiction e Jackie Brown, esagerati ma più o meno realistici. L´altro è l´universo del Film. Quando i personaggi dell´universo di Quentin vanno al cinema, vanno a vedere roba ambientata nell´universo del Film. Sono cioè delle finestre su quel mondo. Kill Bill è il primo film ambientato nel Mondo del Film, in cui le convenzioni e i cliché cinematografici vengono abbracciati in maniera quasi feticista, al contrario del mondo di Pulp Fiction, in cui la realtà si scontra con le convenzioni filmiche. [...] Per Pulp Fiction presi molto da cose vissute crescendo in un quartiere poco raccomandabile di Los Angeles come la South Bay. Ho visto e ascoltato parlare gente così e li ho mescolati con la mia immaginazione. Da ragazzino sognavo o di fare l´attore o di fare il rapinatore. La rapina come gesto agonistico mi affascina. Nel cinema, beninteso. [...] Credevo di essere mentalmente preparato per il successo: lo avevo già assaporato con Le iene e le sceneggiature di True Romance e Natural Born Killers. Ho sempre pensato che nel cinema avrei lasciato un segno. E successo vuol dire potere, il potere di non dover convincere nessuno e non aver bisogno di Tom Cruise perché basta il mio nome. Ma è accaduto tutto molto rapidamente, divenni un aggettivo prima di quanto mi aspettassi. [...] Un film su tre veniva definito ”tarantiniano”, in genere robaccia. [...] Il mio amore per il filone criminale, i polizieschi, il noir. Volevo però mostrare la quotidiana banalità della violenza, che quel filone ignorava. In genere in quei film vedi uno che spara, quello che muore, taglio sulla scena seguente. In Pulp Fiction restiamo a vedere come i personaggi reagiscono di fronte alle conseguenze dei loro atti. C´è un crescendo di tensione, ma poi non te vai via, rimani lì. [...] Adoro la violenza nel cinema! Dagli spaghetti western ai film di samurai, dai film cinesi di arti marziali al filone di vendetta all´horror, la violenza mi eccita”» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 22/1/2004). «Sono fortunato: improvvisare girando mi riesce bene. Roman Polanski ha raccontato spesso di restare deluso dai suoi film, lo stesso John Boorman e John Landis. Ho sempre pensato che fosse normale per tutti i registi. Ma a me succede proprio il contrario: quando scrivo niente è più importante del copione, ma quando sono sul set chi se ne frega del copione! [...] L´importante per me è catturare il momento. così che non resto mai deluso dai miei film. [...] Sono cresciuto guardando film di samurai, kung fu, spaghetti western. [...] A New York ci sono un sacco di negozietti pieni di pessime copie illegali di film di Hong Kong, e a furia di vederli il loro vocabolario cinematografico è diventato il mio. [...] Il mio regista favorito, quello che m´ispira a fare il meglio è Sergio Leone. Di me stesso penso di essere piuttosto bravo. Spero anzi di non tradire il mio talento con il passare del tempo. Al contrario mi auguro di migliorare sempre più fino al termine della carriera. Non vorrei finire come quei registi che dopo una decina d´anni crollano miseramente. E tuttavia so che non raggiungerò mai il livello della sequenza finale di Il buono, il brutto e il cattivo, che è perfetta: ci proverò, ma non credo che ci riuscirò mai. Però sognare è legittimo. Per il resto sono un fan di Howard Hawks, di Brian De Palma, di Martin Scorsese, di David Fincher, Sofia Coppola e suo padre, e fra i miei contemporanei quelli che m´ispirano di più sono Paul Thomas Anderson, Robert Rodriguez e Luc Besson. [...] Ribadisco la mia convinzione sulla violenza nei film: è completamente diversa dalla violenza nella vita reale. Si può discutere all´infinito di violenza e azione su un set. Io resto dell´opinione che le sequenze d´azione sono la cosa più vicina al cinema puro» (Silvia Bizio, ”la Repubblica” 1/10/2003). «Mi piace la vecchia Hollywood con i suoi pezzi di storia del cinema e le pareti tappezzate da foto di attori e registi. Mi sembra di essere in una videoteca: mangiare pellicola con qualche buon piatto non fa male. Il mio lavoro incolla e gusta ricordi e ne inventa per i giovani. [...] Si cresce, si vivono anche instabilità personali, si ha bisogno di mettere a fuoco i propri demoni e quelli del cinema, che sembra diventato un mostro tentacolare con le pay tv, i 500 canali, i Dvd, le videocassette amate da mia madre che ormai ne sa più di me dei vecchi e nuovi film. Mamma adora il Robocop con gli occhi blu. Ho letto libri, ho pensato, osservato l’America, il mondo e il cinema. [...] Vado a spasso per Hollywood, guido per ore a Los Angeles, dimenticando anche il dolore che mi procurò il relativo successo di Jackie Brown, da me amato più di Pulp Fiction» (Giovanna Grassi, ”Corriere della Sera” 1/10/2003).