Varie, 7 marzo 2002
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Tavernier Bertrand
• Lione (Francia) 25 aprile 1941. Regista • «Uno dei migliori registi francesi oggi in attività. Nei suoi film (da Che la festa cominci" a Round midnight, fino a La vita e nient’altro o Una domenica in campagna) è sempre riuscito a coniugare qualità, rigore stilistico e capacità narrative, in nome di un cinema dai forti contenuti sociali e politici apprezzato da un larghissimo pubblico. [...] uno dei registi che più si è battuto per continuare a far vivere il cinema francese di fronte al rullo compressore americano. “Se da noi esiste un cinema di qualità [...] è anche perché abbiamo instaurato un sistema di regole che lo difende e lo aiuta a crescere. Abbiamo imposto alle televisioni una quota fissa di film francesi e europei, costringendole a contribuire alla produzione cinematografica. Oggi però gli americani, in nome del liberismo sfrenato, ci accusano di protezionismo e vorrebbero costringerci a togliere ogni regola. Secondo loro il cinema dovrebbe essere considerato come un qualsiasi prodotto commerciale, senza implicazioni artistiche o culturali. In passato, però sono stati proprio loro a imporre regole e protezioni per difendere i loro film. Così, in Francia, nell’immediato dopoguerra, in cambio degli aiuti del piano Marshall, ottennero che le nostre sale riservassero obbligatoriamente nove settimane su tredici alla programmazione di film d’oltreoceano [...] oggi il sonoro è più importante di una volta e conta molto nel successo di un film. Il doppiaggio rischia di produrre un abbassamento complessivo della qualità dei film. Il sonoro in presa diretta è migliore, elettrizza gli attori e obbliga la troupe a una maggiore concentrazione: le riprese diventano più intense. L’idea che tutto si può sistemare al doppiaggio, favorisce il rilassamento e una sorta di pigrizia collettiva. Così sul set capita di tutto [...] Non ho ricette da dare. So solo che quando lavoro mi diverto, anche perché scelgo sempre soggetti che mi appassionano, fatti o fenomeni che ho voglia di denunciare oppure difendere. Anche in molti miei colleghi c’è questo bisogno di vivere a stretto contatto con la realtà” [...]» (Fabio Gambaro, “L’Espresso” 25/11/1999) • «Con l’impermeabile beige, le mani in tasca, i capelli in disordine, una camminata perennemente in cerca di equilibrio intorno alla Place des Vosges, somiglia al suo cinema: poetico, insolente, ferocemente attaccato alla realtà, il cinema che odiavano quelli della Nouvelle vague, ma che avrebbero amato Hugo, Zola o Balzac. Da L’Orologiaio di Saint-Paul a Una domenica in campagna a Il giudice e l’assassino, l’esigenza di dialogare con il pubblico, di ancorare la riflessione sulla Storia e sul presente sono le caratteristiche dell’“impegno” di Tavernier» (Francesca Pierantozzi, “Il Messaggero”, 1/5/2002).