Varie, 7 marzo 2002
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Todt Jean
• Pierrefort (Francia) 25 febbraio 1946. Manager. Dall’ottobre 2009 presidente della Fia. Figlio di un medico fuggito dalla Polonia alla vigilia della guerra, esordì nel mondo dei motori come copilota di rally. Nell’82 divenne manager della Peugeot, nel ”93 la svolta in Formula 1: approdò in Ferrari dove vinse cinque titoli piloti con Schumacher e sei costruttori. In Ferrari ricoprì anche i ruoli di direttore generale e, dal 2006, di amministratore delegato • Si è avvicinato alle corse auto nel 1966 come navigatore nei rally, diventando vicecampione del mondo con Guy Frequelin nel 1981 a bordo di una Talbot- Lotus e contribuendo così alla conquista del campionato marche. Quattro le corse vinte: Polonia e Austria ”73, Marocco ”75 e Argentina ”81. Alla fine di quell’anno lascia l’attività di copilota per assumere l’incarico di responsabile delle attività sportive del Leone: è lui a creare nel 1992 la Peugeot-Talbot Sport. Le sue 205 vincono 16 rally tra il 1985-86, conquistando 4 mondiali: due piloti e altrettanti costruttori. L’abolizione del gruppo B spinge Todt a lasciare i rally per i raid: anche qui fioccano le vittorie, 4 edizioni di fila della Dakar prima con la 205 e poi la 405. Nel 1991 la Peugeot decide di dedicarsi al Mondiale Sport Prototipi e l’anno successivo la 905 conquista titolo piloti (Dalmas-Warwick), costruttori e la 24 Ore di Le Mans. Il 1˚ luglio 1993 Todt diventa responsabile della Gestione Sportiva Ferrari. Con lui al timone il Cavallino torna a vincere: prima i GP e poi i campionati del mondo. Il debutto in F.1 con la Ferrari il 1˚ luglio 1993 e il Mondiale era a Magny-Cours, in Francia: tempi grami per Maranello. La Williams-Renault dominava lasciando le briciole alle rivali. All’epoca, a Maranello era festa se una rossa partiva in seconda fila, un miracolo se Alesi o Berger salivano sul podio. Alla fine di quella stagione la Ferrari chiuse al quarto posto nella classifica costruttori con la miseria di 28 punti contro i 168 della Williams • «Gran lavoratore, non ama concedersi: per la sua Ferrari andrebbe contro chiunque, lavando sempre i panni sporchi in casa. Macerandosi dentro l’anima e massacrandosi le dita […] ”Nel 1993 Maranello era più che altro un centro di assemblaggio. Certo, vi si fabbricava la meccanica, cambio e motore V12, ma progettazione, compositi, sospensioni e altro nascevano in Gran Bretagna, alla FDD. Non c’era la galleria del vento, per qualche ora usavamo quella della British Aerospace. Il primo obiettivo fu riportare tutto in casa. Al mio arrivo c’erano 350 dipendenti, oggi siamo in 700 […] Inizio alle 9 del mattino ed esco la sera alle 23. Alcune volte m’impongo di prendermi una mezz’ora libera. In totale, dedico 220 giorni alla Ferrari, più 110 giorni per le trasferte: per me ho 25- 30 giorni, li passo a Parigi […] Quando mi offrirono la Ferrari parlai con chi ci era stato. Prost era stato chiaro: impossibile riportarla al successo. Per me quelle parole furono uno stimolo ad accettare la sfida. A volte però, lo ammetto, ho pensato che Alain avesse ragione. Ma durava poco […] Abbiamo investito molto, in termini di soldi e uomini. Per arrivare servono teste buone, mezzi e denaro. La Ferrari aveva fama di avere tanti soldi, ma c’è stato un paragone disonesto su questo aspetto: era l’unica all’epoca che si faceva tutto in casa. Di recente succede anche ad altri costruttori: hanno investito tantissimo, ma i risultati stentano ad arrivare […] I momenti peggiori? I mondiali persi all’ultima gara. L’incidente di Schumacher a Silverstone, Michael a Spa nel ”98 che è in testa, sta per doppiare Coulthard e ritorna al box con l’auto a pezzi. Oppure Monza – 95, quando siamo in testa con due auto, vola via la telecamera di Alesi ed elimina Berger, 2˚. Poi un semiasse ferma anche l’altra macchina. Da non credere. O ancora Michael che spegne il motore aSuzuka ”98 nella gara decisiva quando è in pole position. Poi l’incidente con Villeneuve a Jerez nel – 97. La squalifica della Malesia e le polemiche di Zeltweg? Beh, la situazione lì era differente: si discuteva pur sempre di due doppiette Ferrari! […] Il 2000 è stato l’ultimo sogno, sofferto ma bellissimo. Michael aveva 30 punti e più su Hakkinen, poi sono arrivati ritiri in serie e il famoso sorpasso di Mika a Spa. Al briefing dico: ragazzi, mancano 4 gare, dobbiamo vincerne tre altrimenti siamo fregati. Ce l’abbiamo fatta: a Suzuka, andando sul podio con Schumi, quasi mano nella mano, gli ho detto: ’Le cose non saranno più le stess’ […] la nostra forza: gli anni di sofferenze e delusioni hanno rafforzato lo spirito, temprato il carattere. Il cuore del nostro gruppo è una delle ricchezze Ferrari […] Sono un duro-tenero, rancoroso ma onesto, fedele, ambizioso, un lavoratore dedicato e appassionato, capace di fare compromessi come di non farli, dipende dal momento. Per mela fabbrica è tutto. Poi sono una persona affidabile, metodica, pignola e pure intollerante. Esigente con me e con gli altri. Per esempio non sopporto i mozziconi di sigaretta in terra, pretendo un ambiente di lavoro pulito […] Sonounambizioso, guardo a tante cose. La coppa America di vela mi intriga per ciò che ha fatto lo svizzero Bertarelli con Alinghi, oppure penso a Parigi e ai Giochi del 2012. Ma c’è tempo, al momento sono alla Ferrari, per farla vincere ancora» (Enrico Minazzi, ”La Gazzetta dello Sport” 27/6/2003) • «Mi hanno intitolato la strada che passa sotto la vecchia casa di mio padre in un paese della Francia centrale. la casa dove visse mio padre, ebreo polacco scappato in Francia dove studiò, diventò medico e dove sono nato io. Avrei preferito che l’avessero intitolata a mio padre, ma vado bene anch’io. Sono stato il più giovane cavaliere della Legion d’onore. Poi Ufficiale e Commendatore della Legion d’onore» ("Repubblica" 13/1/2001).