Varie, 7 marzo 2002
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Biografia di Ricky Tognazzi
TOGNAZZI Ricky Milano 1 maggio 1955. Regista. Attore. Figlio di Ugo • «Era sulla cresta dell’onda con Ultrà, La scorta e Vite strozzate, tutti film di cronaca e di forte impatto sociale. Poi più niente del genere... ” stato un momento, quello dei miei film ma anche di Marco Risi sulla realtà, in cui siamo stati anche molto criticati perché ci occupavamo di cronaca, di cose che erano compito della televisione e dei giornali, e invece secondo me è stato importante per il nostro cinema. E poi siamo stati scalzati dai cloni televisivi: Distretto di polizia per esempio, fatto benissimo. Se n’è appropriata pienamente la televisione. Infine è diventato ancora più difficile riuscire ad essere contemporanei: la realtà è ancora più indecifrabile e fangosa di allora. [...] E poi, certo, il ricorrere per quanto mi riguarda al romanzo è stato anche un rifugio. Una bella storia già esistente: sei un passo avanti, hai delle fondamenta. Anche se poi te la devi riconquistare pagina per pagina. Ma vorrei tanto riconquistare la realtà, la contemporaneità e anche la cronaca. [...] Capita perfino che mi chiamino Ugo. [...] Comunque la cosa più preziosa che ho, abbiamo ereditato è l’affetto e la simpatia di nostro padre. [...] Vorrei riuscire a fare mio un principio che enunciava mio padre, grande sperimentatore: il diritto alla cazzata”» (Paolo D’Agostini, ”la Repubblica” 7/10/2003). Sul padre: «Amava tenere banco e aveva grandi capacità di intrattenere gli altri [...] Un po’ assente, ma di salvataggio. C’era quando ce n’era bisogno. Esercitava l’autorità di padre. Un aspetto poco conosciuto del suo carattere era un senso della morale molto alto. E della giustizia, malgrado la vita disordinata, le tante donne e le tante famiglie [...] Lui m’introdusse da bambino nel cinema, per esempio ne I mostri volle girare l’episodio dell’educazione sentimentale a tutti i costi insieme a me. Nella maturità invece cominciò a scoraggiarci sulla professione, tentava di proporre alternative. Ma l’educazione in realtà è stata delegata alle nostre madri che sono state anche padri [...] Mi ha trasmesso la passione di fare cinema. Tornava a casa e raccontava la sua giornata di lavoro, ci parlava della scena che doveva girare il giorno dopo. Così portava se stesso nel cinema e il cinema in famiglia; è difficile tracciare un confine tra Ugo attore e Ugo uomo. Diceva che amava cucinare perché lo aiutava moltissimo a passare il tempo da quando non recitava più in teatro. Se la sua pasta e fagioli veniva contestata, per esempio, dai suoi amici, come Monicelli piuttosto che Paolo Villaggio, lui se ne andava subito a dormire offeso come un bambino e metteva il muso per una settimana [...] Lui era vitale, divertente. Io sono un ascoltatore timido e malinconico. Lui era sempre a caccia di donne, io sono monogamo. Forse Gianmarco, mio fratello, gli assomiglia di più. Anche lui ama essere una primadonna, è molto buffo e divertente, come Ugo. Difatti lui gli dava grandi scappellotti. Forse noi ci siamo ritrovati nelle diversità. Ho fatto tanti film con lui sia come attore che come aiuto regista. Alla fine c’era un forte rapporto di amicizia, di fratellanza, più che di padre e figlio [...] più divertente e rilassante fare l’attore. giocare nei panni di qualcun altro. La cosa peggiore per un attore sono i momenti di pausa, quando non recita [...] Così quando sono attore so stare al mio posto, mentre da regista so ascoltare gli attori, proprio perché lo sono io stesso. un po’ come un allenatore di calcio che è stato calciatore» (Alain Elkann, ”La Stampa” 30/5/2004).