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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

TOMMASI Rino

TOMMASI Rino Verona 23 febbraio 1934. Giornalista. Sportivo. Noto commentatore tv del tennis (in coppia con Gianni Clerici) • «[...] ha un computer al posto del cervello [...] lavora basandosi soprattutto sui numeri [...] ha fatto per molti anni l’impresario di boxe [...] è figlio di un ragioniere che è stato campione nazionale di salto in lungo e ha partecipato a ue Olimpiadi [...] “[...] quando giocava la Navratilova e inquadravano la sua fidanzata io dicevo: ‘Ecco il marito della Navratilova’ [...] Nel 1971, ad Ancona per la Coppa del Re. Io ero lì per la ‘Gazzetta’, Gianni per ‘Il Giorno’. Un amico che lavorava in una tv locale ci fece commentare gli incontri [...] A me sarebbe piaciuto giocare come Rosewall, che però fors non è stato il più forte di tutti [...] Dallas, 14 maggio 1972, finale del torneo Wct tra Rosewall e Laver. Durò 3 ore e 42 minuti e vinse Rosewall 7-6 al quinto. È la partita più bella che abbia mai visto, anche perché Clerici non c’era e si arrabbia ogni volta che lo dico [...] Edberg-Becker, finale di Wimbledon 1988. Perché nel 1983, vedendo giocare Edberg, avevo scritto che se non avesse vinto Wimbledon in cinque anni avrei smesso di scrivere [...] in conferenza stampa Edberg mi disse ‘Ho salvato il tuo lavoro’” [...]» (Tommaso Pellizzari, "Sette” n. 41/2002). «Fate un briciolo di mente locale e immaginate un bambino veronese di otto anni che tifa Livorno. È il campionato 42-43, la squadra allenata da Ivo Fiorentini manca d’un pelo lo spareggio scudetto col Toro perché Valentino Mazzola si rimbocca le maniche e chiude la questione. L’Italia è in guerra. Il papà del bimbo è in Russia con l’Armir: “Partito sottotenente, è tornato coi gradi di capitano. Ce l’ha fatta a salvare la pelle perché era un’atleta [...] Ero fra i primi tennisti di seconda categoria, ho vinto quattro campionati italiani universitari. Ma ho fatto bene a studiare: come tennista non sarei mai riuscito ad alti livelli. In famiglia ero abituato bene, Mio padre Virgilio ha partecipato a due Olimpiadi, nel ’24 Parigi e nel ’28 Amsterdam, specialità salto in lungo. Mio zio Angelo è stato olimpionico a Los Angeles nel ’32, salto in alto. L’amore per lo sport l’ho imparato in casa [...] Ho sempre sognato di fare il giornalista sportivo. Dopo Verona mio padre, che era ragioniere commercialista e amministrava molte aziende, si trasferì a San Benedetto del Tronto per lavoro. Di lì, quando avevo 17 anni, nel ’51, si passò a Milano: mio padre era preoccupato che crescessi in un ambiente troppo provinciale. E iniziai a lavorare per ‘Sportinformazioni’, una specie di piccola Ansa dedicata allo sport [...] Funzionava pure da ufficio di corrispondenza milanese per il ‘Corriere dello Sport’ e il 4 dicembre del ’53, complice l’indisponibilità di chi seguiva la boxe [...] mi mandò al Teatro Principe a seguire una riunione [...] Che fastidio! I giornalisti a bordo ring ne sapevano più di me. [...] a scuola non mi piaceva studiare però ero il primo della classe [...] Mi sono recluso per sei mesi nella biblioteca del castello Sforzesco e ho raccolto tutti i risultati di boxe degli ultimi dieci anni. Ne ho tirato fuori il primo libro di una serie [...] Roma, Circolo Canottieri. Alla fine degli anni Cinquanta. Uno dei soci, Giorgio Noalla, amico fra l’altro di Delia Scala, la Carrà dell’epoca per capirci, mi lancia una proposta: io ho i soldi, tu la competenza, perché non organizziamo una riunione di pugilato: Fatto. Il 27 novembre 1959, al palazzetto dello Sport [...] Ai tempi c’erano otto campioni del mondo per otto categorie di peso [...] Gli anni Sessanta sono stati d’oro. [...] La boxe era l’evento, e a bordo ring incontravi attori, attrici [...] Sono stati undici anni di grande boxe. Ho smesso per la fatica, mi mancava il giornalismo. Collaboravo con ‘Tuttosport’ dal ’64, avevo iniziato a seguire i grandi tornei di tennis, sempre part-time però. [...] Organizzare boxe mi ha insegnato a non avere il complesso del campione, a non stare in soggezione. [...] Per Benvenuti-Rodriguez del 22 novembre ’69 ho incassato 94 milioni al botteghino e 33 milioni di diritti tv. Allora c’era solo la Rai, monopolio duro. Vado a trattare per i diritti con un alto dirigente, Manusardi, e lui parte con 9 milioni, subito saliti a 11. Ai 33 ci siamo arrivati dopo ore e ore di trattative. Gliele cantai: ‘Lei mi voleva derubare, mi ha offerto 9 milioni e me ne ha dati 33. Potessi offrire l’incontro a un concorrente, ne prenderei 99 di milioni’ [...] Quando è nato Canale 5 l’ho considerata subito un’innovazione. In tv ci son capitato per caso. Gennaio ’81. Ero negli Usa per un torneo di tennis, inviato della ‘Gazzetta’. Canale 5 aveva acquisito i diritti del Superbowl e mi offrirono di fare la telecronaca. Non se ne fece nulla, tornato mi complimentai con Vittorio Moccagatta per l’idea del Superbowl. Il 23 febbraio firmai l’accordo per diventare caposervizio sport di Canale 5. [...] Durante la presidenza di Letizia Moratti, nel ’94, stavo per passare alla Rai e lasciare Tele+ [...] dirigevo la miglior redazione possibile: me stesso. Era arrivato Biscardi a sostituirmi: un grande, uno che riesce a far carriera senza parlare italiano è un grande davvero. C’ero rimasto male. Mi vidi col direttore della Rai Billia: ‘Tommasi, consideri la cosa fatta’. Tanto fatta che il giorno dopo innescarono la retromarcia. Giustificazione? Avrei guadagnato più degli altri direttori e non stava bene. E son rimasto a Tele+ [...] Boxe o tennis? Una telecronaca di boxe è professionalmente più soddisfacente, devi decidere in fretta. Io ho il mio ‘personalissimo cartellino’ e lascio ai giudidi due possibilità: essere d’accordo con me o sbagliarsi [...] Dovessi scegliere fra direttore del ‘Corriere della Sera’ e della ‘Gazzetta’, sceglierei la ‘Gazzetta’. Meglio dello sport non c’è nulla, insegna le due cose più importanti: a vincere e a perdere. Pagherei per quello che faccio [...]”» (Andrea Aloi, “Guerin Sportivo” 19/1/2000).