Varie, 7 marzo 2002
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Torvalds Linus
• Helsinki (Finlandia) 28 dicembre 1969 • «Se Richard Stallman è Marx, Linus Torvalds è il suo Lenin. Questo ragazzo finlandese, dopo avere ascoltato una conferenza di Stallman a Helsinki nel 1991, chiese aiuto via Internet per completare il sistema operativo che aveva già iniziato a scrivere e che è poi diventato Linux. Con sua grande sorpresa gli risposero con entusiasmo migliaia di programmatori da ogni angolo del mondo, dopo aver accertato che Torvalds non ci avrebbe guadagnato nulla e che i codici del nuovo software sarebbero restati aperti a tutti. ”Una cosa nata nel casino della mia stanza da letto è diventato il più grande progetto di collaborazione della storia del mondo”, sostiene. Quel progetto poi è stato abbracciato dall’Ibm e dalla Hewlett-Packard, dai creatori di Shrek e dalle Poste cinesi. Il 40 per cento delle società americane e europee hanno adottato Linux o stanno sperimentandolo. Tanto che Steve Ballmer, amministratore delegato della Microsoft, sostiene che Linux rappresenta la minaccia numero uno alla sua società. Ma se molti hanno fatto di lui l’anti-Gates, Torvalds [...] si vede come un ”rivoluzionario per caso”, che è poi il titolo della sua autobiografia. Uno interessato più alla tecnologia di questo sistema operativo in continua evoluzione che al senso di comunità che ha finito per generare. ”Molti si aspettano che io viva una vita frugale, da monaco”, sostiene. Ma non è così. Torvalds si è messo a lavorare come programmatore per la Trasmeta, in Silicon Valley. E vive in un comodo villino con moglie, tre figli e un cane» (Lorenzo Soria, ”L’Espresso” 1/8/2002). «[...] a soli 21 anni, quando ancora faceva l’università, scrivendo e riscrivendo un software si è inventato un sistema operativo capace di scalfire il monopolio di Windows e di Bill Gates [...] Per molti è un guru, alfiere del libero software in libera Rete. Per altri, semplicemente un fesso, visto che dalla sua trovata ha guadagnato poco o nulla. [...]» (Davide Perillo, ”Sette” n. 40-41/2000). Vedi anche: Luca De Biase, ”Sette” n. 9/1999.