Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 07 Giovedì calendario

Tosatti Giorgio

• Genova 18 dicembre 1937, Pavia 28 febbraio 2007. Giornalista. Del ”Corriere della Sera”. Ha iniziato a ”Tuttosport”, poi ”Corriere dello Sport”, ”Il Giornale”, Fininvest, Rai. Il padre Renato, anche lui giornalista, morì nella tragedia di Superga. «[...] Articoli (o commenti in tv) secchi il giusto, il compiacimento è zero, il senso del mestiere e del dovere è tutto. Lezione numero 1: ”Un giornalista che abbia dell’orgoglio deve avere uno stile, la gente deve sapere che un pezzo è tuo anche se non c’è la firma. Non uso mai il participio passato, cerco di evitare il ”che” e di sostiturlo coi due punti. Ci ho lavorato per due anni”. Lezione numero 2: ”Odio i luoghi comuni, la superficialità e uso le statistiche come controprova delle mie tesi. [...] La soggettività è bella in letteratura, non nel giornalismo. Concretezza ci vuole, analisi, approfondimento dei fatti. Così ho rispettato la mia inclinazione alla ricerca scientifica: dopo il Liceo avrei voluto studiare chimica e biologia ma ho dovuto rinunciare”. Il No del destino e diverse conseguenti durezze hanno una data: 4 maggio 1949. [...] Il padre di Giorgio aveva 42 anni, alle spalle una carriera iniziata poco più che ragazzino al ”Giornale di Genova”, proseguita al ”Lavoro”, consolidata alla ”Gazzetta del Popolo”. ”Era da due anni che finalmente la famiglia si era riunita. Con mio padre giocavo a pallone in casa, mi comprava i fumetti di nascosto dalla mamma. [...] Sono nato alla fine del ”37, ho visto la guerra. Eravamo sfollati da Genova per i bombardamenti. Tre anni da profughi, a Racconigi in Piemonte, a Poppi vicino Firenze. Il regalo di Natale più bello furono i biscotti nati da un etto di farina scovata chissa come. Tante traversie e finalmente un po’ di pace, tutti insieme a Torino [...] Mio padre aveva iniziato a lavorare a tredici anni [...] ho voluto fare bene il mio lavoro come una rivincita per lui [...] Per scrivere bisogna prima ragionare sulle cose. Nel giornalismo in genere oggi dilaga la moda del riferire quello che dicono gli altri e fine. [...] bisogna combattere contro la speigazione più facile delle cose. [...] Detesto il giornalismo di appartenenza [...] Sono negato per la tecnologia [...] Dovevo lavorare subito. Bruno Raschi, mio professore alle medie, e Paolo Cesarini, grande inviato di terza pagina alla ”Gazzetta del Popolo’, tutti e due amici di mio padre, parlarono del mio problema all’editore di ”Tuttosport’, Massimo Piantelli, che mi inserì fra i ragazzi di bottega. Era il 1957. Direttore era Carlin e faceva un giornale di straordinaria qualità. Il caporedattore Ilo Bianchi era terribile, ci faceva tremare [...] Io facevo cose umili, da appassionato di ippica mi occupavo dei pronostici, lavoro che avevo ereditato da Conso, futuro Ministro della Giustizia e presidente del Csm. E stendevo i programmi delle corse ciclistiche: si correva molto, allora [...] Un mese dopo mi diedero in premio 15.000 lire e basta, Era giusto, mi insegnavano un mestiere, ho sempre pensato che per impararne uno bisognasse pagare. E se un caporedattore ti mandava a comprare le sigarette, voleva dire che ti dava fiducia, mica era un’umiliazione [...] diventava praticamente solo uno su dieci [...] La redazione di ”Tuttosport’ era piccola, e le prospettive scarse. Invece capita una moria di direttori, Carlin, Bruno Roghi e spunta finalmente Ghirelli, che fa una rivoluzione. il più moderno della sua generazione, punta sui giovani, mi trovo caposervizio sport vari a 22 anni. Non è stato semplice. Perché Ghirelli arriva a Torino e si porta un praticante da Roma. Mi sento fregato e allora bluffo [...] ”Grazie, me ne vado’. E facevo la fame, beninteso. Però confezionavo anche tre pagine da solo: sapevo che quel bluff non me l’avrebbe visto nessuno. Alla fine spunto un contratto da impiegato che mi permette di sopravvivere. Primo passo. Prima firma? Per un torneo di calcio alla Lancia, nel 58. Un regalo colossale. E Ghirelli se ne va a Roma, a dirigere il ”Corriere dello Sport’. Per tre mesi chiudo io il giornale. [...] Qualcuno dei vecchi borbottava e Panza mi spedisce a Roma come inviato, nel settembre del 62. [...] Sono stati tre anni bellissimi, con Gianni Minà eravamo come fratelli. Nel ”65 abbiamo persino creato un’agenzia di pubbliche relazioni per cantanti, la prima in Italia, con un ufficio splendido in piazza San Silvestro. Curavamo i Rokes, la Pavone [...] abbiamo fatto scritturare noi Montesano al Puff di Fiorini [...] Rusconi licenzia Ghirelli per un titolo sull’impresa dell’astronauta sovietico Gagarin, ritenuto un affronto politico. Franco Amodei e Ferdinando Romeo rilevano il giornale, oppresso dai debiti, e richiamano Ghirelli che chiama me: braccio destro e caporedattore. Non ti dico il clima: ritardi nella chiusura, giornalisti poco abituati al lavoro di squadra, gente che aveva brindato quando Ghirelli era stato mandato via. Io ero giovane sì, ma duro sul serio e il ”Corriere dello Sport’ diventò un modello di efficienza. [...] lavoravo dalle 9 del mattino alle 2 di notte, seduto alla scrivania, in un anno sono passato da settanta a ottantacinque chili. Ghirelli è stato un maestro [...] Il giornalismo sportivo non è un giornalismo minore [...] Però se non hai successo è frustrante: perché dai moltissimo e puoi ritrovarti con un pugno di mosche in mano. Io sono un agonista, mi piace vincere [...] Dopo Mario Gismondi divento direttore io, nel 1976. Il primo record è riuscire a fondere, un anno dopo, ”Corriere dello Sport’ e ”Stadio’ con l’aiuto di un solo telecopier [...] una specie di fax antiquato col quale ci spedivamo i pezzi [...] Adalberto Bortolotti mi ha aiutato splendidamente, della mia generazione il meglio è lui. Il secondo record sono un milioneseicentonovantacinquemila copie vendute del giornale dopo la finale Italia-Germania dell’82. Nonostante tre soli centri stampa in Italia, nonostante le nostre 12 pagine di allora contro le 18 della ”Gazzetta dello Sport’ [...] Bilancio: entro al ”Corriere dello Sport’ con 30 professionisti e ne esco con 100 [...] dopo aver portato al giornale Maltese, Gramellini, Perrelli, Argentieri, Sconcerti, Maida, Comaschi. 1986. Si ammala gravemente l’editore Franco Amodei, il timone è in mano al figlio Romeo e verifichiamo, in tutta tranquillità, di avere idee diverse ul futuro del ”Corriere dello Sport’ [...] Lascio e mi offrono subito altre direzioni: niente da fare, troppa responsabilità [...] il ”Giornale’, scelto dopo un affettuoso colloquio con Montanelli, e lasciato quando è spuntato Feltri, la telefonata del direttore Mieli che mi voleva al ”Corriere della Sera’, Pressing e altro per Mediaset, la Domenica Sportiva e altro alla Rai [...] Quando parli in televisione devi essere incisivo, andare per slogan, il telespettatore non è un lettore che può ripassarsi l’articolo se non ha colto qualcosa, deve capire alla prima battuta [...]” [...]» (Andrea Aloi, ”Guerin Sportivo” 6/10/1999).