7 marzo 2002
TOTTI Francesco
TOTTI Francesco Roma 27 settembre 1976. Calciatore. Con la Roma ha vinto lo scudetto del 2001, con la nazionale il mondiale del 2006 (secondo agli europei del 2000). Nel 2006/2007 capocannoniere di serie A e Scarpa d’oro. Golden Foot 2010, 5° nella classifica del Pallone d’oro 2001, 14° nel 2000, 18° nel 2003, nomination anche nel 2002 e 2004 • «Atipico. O, per certi versi, rivoluzionario. Perché uno con il suo fisico fino a qualche anno fa avrebbe potuto giocare solo a rugby. Centottanta centimetri di altezza per un peso forma di ottantadue chili: sono misure da pilone o da raffinato trequartista? Francesco Totti ha sconvolto la norma, perché madre natura gli ha regalato il meglio del proprio campionario. Così, il capitano - oltre ad avere due piedi magici - ha doti atletiche straordinarie. Forza esplosiva, resistenza e velocità: ecco le sue qualità che, abbinate alle doti tecniche, lo rendono calciatore unico. Ha un’altissima soglia aerobica, ad esempio. Questo significa che, quando c’è da fare le ripetute, lui fa parte del secondo gruppo, quello subito a ridosso di maratoneti come Tommasi e Panucci. Ai tempi di Zeman, Totti era arrivato addirittura a far parte del gruppo dei migliori, quello capeggiato dal solito Tommasi e da Di Francesco. Oltre a poter coprire tranquillamente le lunghe distanze, il capitano ha un’elevata soglia lattacida che gli consente di poter agevolmente sopportare la fatica. Ecco perché una volta entrato in condizione il suo rendimento atletico è costante. Importante, per lui, sarebbe non subìre traumi di una certa entità: dato che tutto questo é impossibile, visto che in ogni gara becca una marea di calcioni, Totti viene monitorato quotidianamente con una sorta di terapia preventiva. I preparatori della Roma, con Vito Scala in testa, si preoccupano di lavorare ogni giorno sui muscoli maggiormente sollecitati con particolare attenzione alla zona lombo-dorsale, con un potenziamento mirato e esercizi di decompressione e allungamento della colonna vertebrale. Da qualche tempo, Francesco si è affidato ad occhi chiusi allo staff medico della Roma, guidato da Mario Brozzi, e alle sapienti mani di fisioterapisti come Silio Musa e Giorgio Rossi. Inoltre, alla vigilia di ogni partita, si sottopone ad una seduta di agopuntura alla schiena (il suo problema cronico) con il professor Spadini. [...] Grazie ad un’alimentazione finalmente corretta, il suo peso si è stabilizzato sugli ottantadue chili. I test sulle intolleranze alimentari, cui s’era sottoposto un paio di anni fa, l’hanno aiutato a non commetter più errori a tavola. E, contemporaneamente, a migliorare le proprie prestazioni in campo» (Mimmo Ferretti, “Il Messaggero” 20/1/2004) • «Non un campione e basta. Un campione multiuso. La differenza è notevole. Totti, per Trapattoni unico, è uno di quei giocatori che sono la fortuna degli allenatori. Dove lo metti, sa stare. La classe, che nel suo caso, per certi versi isolato, si somma alla generosità. Perché pochi, in giro per il pianeta, mettono faccia e prestazioni a disposizione di tecnico e squadra. Francesco non conosce l’egoismo, difetto di tanti calciatori, che per prima cosa pensano a se stessi. Di solito è il fuoriclasse a scegliersi la migliore posizione in campo, durante una gara, per rendere al meglio o comunque per non sfigurare. Con il capitano romanista accade l’esatto contrario: è il tecnico a scegliere il ruolo, per soddisfare le esigenze della squadra, in un preciso momento, più che esaudire i desideri del calciatore. La disponibilità di Francesco, assoluta da sempre, è fondamentale. Mai è stato lui a chiedere di giocare in una zona del campo piuttosto che in un’altra. Si è sempre adeguato, accettando il consiglio o andando incontro all’emergenza della situazione. Poi, può anche essere successo che abbia manifestato le sue preferenze. Mai, però, con un aut aut o con un rifiuto. Come invece hanno fatto, in passato e anche oggi, altri campioni celebrati e ci viene in mente subito Del Piero che predilige la posizione di seconda punta a quella di esterno o di rifinitore (più di una volta un caso Nazionale). Semplice la motivazione, che è quasi il segreto di Pulcinella: più si sta in posizione avanzata e più c’è la possibilità di segnare. E la vetrina dell’attaccante sarà sempre la più ricca, grazie ai gol. Proprio nel vasto repertorio di Totti, quello che fa la felicità dei suoi allenatori, c’è la storia calcistica del capitano della Roma. Non ha mai fatto il portiere, ruolo in cui ad esempio Maradona si esaltava in allenamento, ma non è detto che un giorno non faccia anche questo esperimento (non sappiamo, non avendoci mai provato, se sarebbe anche all’altezza tra i pali). Francesco, grande visione di gioco oltre ai tutti quei colpi, in particolare toccando di prima, che lo hanno fatto grande, cominciò da libero. Pur non avendo un fisico, all’epoca, statuario, ma addirittura mingherlino, magro all’eccesso e quasi leggero, e nemmeno tanto alto, tecnica, forza e lancio gli hanno permesso subito di farsi notare. Impossibile, del resto, non accorgersi di cosa fosse capace. In quel periodo è come se avesse studiato, avendo davanti tutto il campo. Traiettorie e spazi, innanzitutto. Da sfruttare in futuro. [...] Lì dietro è nato e cresciuto Totti, capace poi di tutto. Eccolo, primo gradino della carriera, salire a centrocampo. Subito mezz’ala. Calcio, forza e potenza. Dagli assist si arriva facilmente al gol, anche su punizione. Ma ormai la trasformazione definitiva è in atto. Francesco deve giocare dal centrocampo in su per fare la differenza. Tatticamente diventa campione multiuso. Non basta soltanto la qualità per esserlo a tutto tondo. Basta pensare al ruolo che gli propone Zeman, venticinque reti in due campionati per la prima esplosione da attaccante, sulla corsia esterna di sinistra. È un’ala atipica. Può andare al tiro, può arrivare in area, ma grande è il sacrificio in fase di non possesso palla, perché deve arretrare sulla linea dei centrocampisti. Copre sulla fascia quando gli avversari attaccano la Roma: strano, ma vero. Diligente, Totti capisce, impara e soprattutto stupisce chi lo etichetta dalla nascita come scansafatiche. Sarà più avanti, dopo quell’esperienza positiva anche nei numeri, che andrà a occupare posizioni di primo piano nel palcoscenico della Roma. Maturato tatticamente a ventidue anni, diventa corum populi trequartista. Piace a tutti in quel ruolo, che piace più di tutti all’interessato. Lui, abituato a prendere calcioni e colpi proibiti, qualche metro dietro le punte ha un po’ più di libertà, mai tanta se lo conoscono. Capello, però, è incontentabile. Sa che Totti, vicino alla porta, può far male agli avversari. Rifinitore o trequartista, largo a destra o a sinistra, ma se serve seconda punta, discorso che vale anche con Trapattoni in Nazionale. Capello va oltre, quasi esagerano. Totti centravanti. Anche da solo contro tutti, può bastare per vincere» (Ugo Trani, “Il Messaggero” 20/1/2004) • «Per un certo periodo ha addirittura giocato da centromediano metodista, “bloccato” davanti alla difesa. Un’invenzione di Sergio Vatta, che è stato cittì di Francesco in diverse nazionali giovanili: Vatta lo vedeva in quel ruolo, e Francesco - che aveva sedici anni o giù di lì - anche in quella posizione non sbagliava una partita. La sintesi? Dove lo piazzi, lui gioca bene. E fa gol. Già nella Fortitudo, la sua primissima squadra, gioca un po’ dove gli pare: ha sette, otto anni e l’allenatore Trillò non obbliga nessuno a rispettare questo o quel ruolo. “Pensate a divertirvi”, il suo ritornello. Discorso diverso, invece, dopo il passaggio alla Smit Trastevere: Pergolati e Paolucci, i suoi istruttori, lo fanno giocare costantemente in attacco, dato che più degli altri compagni Francesco vede la porta avversaria. Con il passaggio alla Lodigiani, all’età di dieci anni, diventa di fatto un centrocampista d’attacco ma i suoi allenatori, Mastropietro e Neroni, non gli fanno mai indossare la maglia numero 10, “per non farlo sentire più importante degli altri”, ricordano in famiglia. Con la Lodigiani, segna una marea di gol giocando sempre dalla propria metà campo in su: è talmente più bravo degli altri che può permettersi di fare contemporaneamente la punta, il rifinitore, il centrocampista e anche l’incontrista. Le già chiarissime qualità tecniche portano il suo nome sui taccuini degli osservatori di Roma e Lazio: dopo un consiglio di famiglia, si sceglie la strada giallorossa. E al Tre Fontane, a tredici anni, incontra Franco Superchi, suo primo allenatore nei Giovanissimi. “Francesco era già un fuoriclasse: lo facevo giocare da mezza punta, dietro due attaccanti, anche se i dirigenti volevano che giocasse da attaccante puro. Così, un giorno mi arrabbiai: o gioca come dico io, cioé da mezza punta, o me ne vado. Da quella volta gli diedi il ‘10’ e nessuno ha più fiatato”, le parole dell’ex portiere. Fino alla Primavera, continua a giocare da seconda punta o da centrocampista d’attacco. Ezio Sella, allenatore campione d’Italia Allievi con Francesco in squadra, spiega: “Lui poteva, e può, fare di tutto. Io l’ho impiegato sia da centrocampista avanzato che da seconda punta ma lui era, anzi è bravissimo a giocare in qualsiasi posizione”. Una volta arrivato stabilmente in prima squadra, a diciannove anni, trova Mazzone che lo fa giocare (parecchio) da seconda punta o (poco) da trequartista alle spalle di due attaccanti. Con Carlos Bianchi, invece, gioca poco e basta. Poi, con il 4-3-3 di Zeman una svolta importante: il boemo lo piazza sulla fascia e, di fatto, gioca da attaccante esterno di sinistra. E sono in tanti a confidare ancora oggi che è proprio quello il ruolo più congeniale alle caratteristiche tecniche e atletiche del capitano. Con Capello, infine, si sposta più al centro del campo e, teoricamente, giostra da trequartista anche se nel tridente dello scudetto gioca spesso più avanzato di Delvecchio. Poi, nel 3-5-2 classico del Capello ter funge da seconda punta, stabilmente alle spalle dell’attaccante di riferimento. L’ultima variazione tattica […] gioca da punta centrale o in parallelo con l’altro attaccante. Soluzione inedita? Chissà. In realtà, Totti gioca alla Totti. Da sempre» (Mimmo Ferretti, “Il Messaggero” 10/11/2002) • «È Roma, è la Roma, e anche un bel pezzo della nazionale. Nessun calciatore è stato tutt’uno con una squadra e una città come lui, nato in via Vetulonia quartiere di porta Metronia, pulcino nella Smit Trastevere, amico dei capitifosi, gente che si chiama Mortadella e Marione, cacciatore di tifose e letterine nella discoteca Goa ai Mercati generali, gran giocatore di bingo e di playstation (gioco preferito le carte, scopa briscola e poker); figlio di una famiglia della piccola borghesia da lui riunita nel villone con piscina a Casalpalocco, periferia Sud, tutti insieme il papà Enzo impiegato di banca la mamma Fiorella casalinga il fratello Riccardo procuratore. E nessun calciatore in tempi recenti è stato così giovane e così importante per gli Azzurri, forse neanche Rivera, grandissimo ma discusso, molto amato e molto odiato, mentre l’unico pericolo per Francesco è di essere sopravvalutato. Già nessuno lo chiama più Pupone. […] Tiene comunque a precisare che “io non c’ho paura de nessuno”. Lo dimostrò all’Europeo, semifinale con l’Olanda, al momento di tirare quei rigori che ci sono costati gli ultimi tre Mondiali. “Mo’ je faccio er cucchiaio”, anticipò ai compagni. E quelli: ma va là! pensa a segnare! Fece il cucchiaio, fece anche vacillare Zoff poi finito da Berlusconi, ma segnò. Un gesto di immaturità. Oppure di maturità precoce e straordinaria. Qualcosa che ricorda le mosse bizzarre e geniali di un Celentano, che gli valsero la definizione di Bocca, “un cretino di talento”. Totti ha certo talento, e un modo molto romano e niente affatto cretino di esprimerlo, immediato, sapido, conciso, che gli consente di sdrammatizzare le cose senza banalizzarle. Ti sei accorto di essere in Giappone, Francesco? “Come no. Dalle facce”. […] Altri con il suo curriculum sarebbero diventati infrequentabili: a 13 anni il primo Mondiale giovanile; a 16 l’esordio in A, come appunto il golden boy Rivera; a 21 è il più giovane capitano della storia della Roma; a 22 la prima volta in nazionale; poi la consacrazione dell’Europeo, lo scudetto, il gladiatore tatuato sul bicipite destro (anche per ragioni pubblicitarie: scarpe, auto, una banca, e pure una marca di calzini). Cosa diventeremmo se vedessimo la nostra faccia in tutte le fermate del metrò di Tokyo? Lui l’ha vista ed è rimasto simpatico e disponibile […] Come ogni storia italiana di successo, è consacrata da un imitatore - Massimo Giuliani in “Convenscion”, dalle macchine - una Ferrari, una Lamborghini, un fuoristrada, più altre in prova - e dalle donne. A lui non piacciono allusive, pallide, angelicate: le preferisce di una bellezza solare ed esplicita, insomma bbone: Maria Mazza la valletta di “Domenica In”, fidanzata storica; Samantha De Grenet, storia passeggera, divisa con Pippetto Inzaghi; Ilary» (Aldo Cazzullo, “La Stampa” 3/6/2002) • «Qual è il suo posto nella top list dei grandi numeri 10 del dopoguerra? Dice Ferruccio Valcareggi, il più vecchio dei ct, con un’età sufficiente ad avere visto tutti dal ’40 in poi. “Il più grande di tutti resta Valentino Mazzola. Ma dietro a pari merito metterei Rivera, Sandro Mazzola e accanto a loro Totti”. Il guaio è che di Totti c’è già una videocassetta biografica sui suoi primi anni di vita, anche quando si aggiusta la fettuccia bianca per i capelli: di Valentino e del suo Grande Torino ci sono rari filmati, e nessuno mentre il capitano compiva il mitico gesto di arrotolarsi la maglia granata sopra il gomito. […] Dice Sandro Mazzola, che dal padre non ereditò lo stile ma la capacità comunque di essere grande sul campo. “La classifica di Valcareggi mi sembra saggia. Totti è una via di mezzo: ha la mia rapidità e il tiro, ha l’invenzione e il passaggio di Rivera. Ma i grandi sono pezzi unici: e anche le disquisizioni sui ruoli sono abbastanza inutili”. Però delle differenze bene o male ci sono: e sui ruoli ci si sono giocate le carriere. Questa l’analisi del vecchio ct. “Totti non è né centravanti né mezzala. Ha velocità, piedi, testa, scatti improvvisi sulla destra e sulla sinistra. È semplicemente un grande giocatore”. […] Ma, se come dice Rivera, fare paragoni è già diminuirne il valore, allora forse bisogna guardare fuori dall’Italia: Platini, Cruyff... “Eppure se somiglia a qualcuno è proprio a Cruyff - dice Valcareggi - Gli è vicino per carattere e per gioco. Per la forza fisica, per la buona corsa, per come si fa largo con i gomiti in mezzo all’area”» (Corrado Sannucci, “la Repubblica” 26/10/2001) • «Quello che tirando il rigore fece il cucchiaio agli Europei del Duemila. Do you remember? Sì, era bella quella sfrontatezza. C’era dentro futuro. E l’orgoglio della differenza. [...] Doveva fare il condottiero, fa il guappo; doveva affermarsi, è sparito; doveva contare, viene contato. [...] è diventato un peso: per la squadra, per i compagni, per la sua giusta ambizione. [...] in tutto ha vinto uno scudetto. Troppo poco. All’estero nessuno lo prende in considerazione, tra i primi 20 nomi del Pallone d’oro il suo non c’è mai stato. Eppure Totti meriterebbe di stare in classifica. Anzi all’estero con nemmeno tanto sottile razzismo viene definito dalla stampa anglosassone “serial offender”, uno che ricasca sempre nello stesso vizio. Espulso dall’incapace arbitro Moreno ai Mondiali del Duemila in Giappione, cacciato per lo sputo alla prima partita degli Europei in Portogallo nel 2004, squalificato per un sinistro da pugile in [...] campionato. [...] Qualcosa si è inceppato, e non dipende dai torti e dalla provocazioni di chi vuole umiliare il suo talento. [...] Roma è il suo popolo, lui la capisce, lui la eccita, lui ci si diverte. Ed è come Baggio a Firenze, dove non c’era buonanotte se non erano in due a cantarsi la ninna nanna. [...] Non si tratta di discutere se Totti ha talento, potenza, sensibilità, simpatia. Ce l’ha. E nemmeno di trattare sulla sua fama a Roma. [...] Totti e Roma si sono giustificati, coccolati, fagocitati. Come certi amori che più funzionano e più alla fine ti annientano, perché ognuno alla fine si permette troppo. [...]» (Emanuela Audisio, “la Repubblica” 24/4/2005).