Varie, 7 marzo 2002
TRAPATTONI
TRAPATTONI Giovanni Cusano Milanino (Milano) 17 marzo 1939. Allenatore. Dell’Irlanda. Nel 2006/2007 ha vinto col Salisburgo il campionato austriaco. Ex calciatore. Con il Milan ha vinto due scudetti (1961/62, 1967/68), due coppe dei Campioni (1962/63, 1968/69), una coppa Intercontinentale (1969), una coppa Italia (1966/67), una coppa delle Coppe (1967/68). In nazionale 17 presenze e un gol. Alla guida della Juventus ha vinto sei scudetti (1976/77, 1977/78, 1980/81, 1981/82, 1983/84, 1985/86), una coppa dei Campioni (1984/85), due Coppa Uefa (1976/77, 1992/93), una coppa delle Coppe (1983/84), una Coppa Intercontinentale (1986), una Supercoppa europea(1985), due coppe Italia (1978/79, 1982/83); ha vinto uno scudetto anche con l’Inter (1988/89, l’ultimo conquistato dai nerazzurri), un campionato tedesco con il Bayern Monaco (1996/97), una terza coppa Uefa con l’Inter (1990/91), un campionato portoghese col Benfica (2004/2005). Dal 2000 al 2004 ha allenato la nazionale: eliminato negli ottavi dei mondiali 2002 da un golden gol della Corea del Sud (e dall’arbitro Moreno), nel primo turno degli europei 2004 per differenza reti (e per una presunta combina scandinava). Nel 2005/2006 sulla panchina dello Stoccarda (esonerato a febbraio) • «Il Giulio Andreotti del regno delle panchine eccellenti. Torna sempre. Come Andreotti. Guida il glorioso ciclo della Juventus degli Anni Settanta e Ottanta. Il lungo ciclo a un certo punto si esaurisce, lui se ne va, fa un giro (vincente, ovviamente) dalle parti dell’Inter ma poi di nuovo si siede sulla panchina bianconera. Va in Germania e tutti parlano di esilio. Torna in Italia, fa grande la Fiorentina e quando arriva ai ferri corti con la capricciosa dirigenza viola, i tifosi di Firenze cominciano a rimpiangerlo per sempre. Sembra in pensione, ma gli viene dato il team azzurro. Una roccia, nell’andamento sussultante della fortuna: inamovibile anche nella cattiva e nella cattivissima sorte, come solo Giulio Andreotti ha dimostrato di essere nella politica italiana. Come Giulio Andreotti, non ama le scelte estreme. difensivista quando serve, ed è offensivista quando serve. Ma non è mai soltanto, radicalmente, difensivista. E non è mai, radicalmente, offensivista. Nella Juve, poteva sbilanciare la squadra in avanti con Platini e Rossi, Bettega e Boniek. Ma dietro, a far da contrappeso, a bilanciare, a contenere, a equilibrare c’era una difesa pressoché insuperabile (tranne una volta maledetta, ad Atene, contro l’Amburgo in finale di Coppa dei Campioni). Come Andreotti, non ha un Verbo che violenti le circostanze ma è così duttile e pragmatico da pensare che le circostanze possano fluidificare le rigidità del Verbo. Come nella politica della Prima Repubblica, il calcio di Trapattoni democristianamente media e trattiene, non ama le contrapposizioni accentuate, le durezze e le spigolosità dell’urto frontale. Una sola volta si è dimostrato anti-andreottiano: quando in Germania perse un po’ la testa in conferenza stampa e fece un numero memorabile a base di ”strunz, strunz”. Giulio Andreotti non l’avrebbe mai fatto. Del resto, Andreotti, dotato di grande senso dello spettacolo, non ha mai disdegnato le imitazioni di quelli del Bagaglino. Incontrando la squadra azzurra prima della partenza per il Giappone, il presidente del Consiglio Berlusconi ha avuto parole di autentica venerazione per Trapattoni. Ma è evidente che Trapattoni non è affatto il Berlusconi della panchina: lui è artigianale e all’antica come l’altro è seduttivo e televisivo. Trapattoni non assomiglia a Gianfranco Fini. Dalla panchina preferisce il gioco di squadra, si circonda di personalità forti. Fini vuole essere, nel suo partito, un uomo solo al comando, il generale che sovrasta i suoi colonnelli. Non assomiglia a Massimo D’Alema: quest’ultimo ha il pallino della manovra tattica, anche a rischio di perdersi nei ghirigori della tattica senza mai acciuffare un successo pieno. Lui, a differenza di D’Alema, non ama gli schemi tattici, non si atteggia a professionista sprezzante con i dilettanti. Non assomiglia a Sergio Cofferati, non ama lo scontro frontale, il braccio di ferro, il linguaggio dei rapporti di forza. Assomiglia, infatti, a Giulio Andreotti, che è diverso da tutti i protagonisti della cosiddetta Seconda Repubblica, sia di destra, sia di sinistra. Trapattoni centrista? Ma centrista è definizione troppo riduttiva per definire e contenere semanticamente l’andreottismo. Come Andreotti, sa tornare indietro, fare e disfare alleanze, evitare strappi dolorosi, mettersi in una condizione di non ritorno. Naturalmente, così come Andreotti era detestato dal popolo avversario quando era l’uomo politico potente e apparentemente inamovibile, anche Trapattoni si è trascinato nei suoi anni di gloria critiche e rancori a non finire. Destinate ad addolcirsi, però, nel ritorno di una seconda giovinezza, alla guida della Nazionale di calcio» (Pierlugi Battista, ”La Stampa” 31/5/2002). Vedi anche: Gigi Garanzini, ”Sette” n. 49/1998; Michele Brambilla, ”Sette” n. 12/1999.