Varie, 7 marzo 2002
TRAVAGLIO
TRAVAGLIO Marco Torino 13 ottobre 1964. Giornalista. De Il Fatto (già Repubblica, Unità, Espresso ecc.) • «[…] Da qualche anno si è ritagliato il ruolo di Grande Vendicatore, convinto com’è che la nostra vita si corrompa all’ombra del Regime. Ha preso di mira i potenti della Repubblica, si è coperto di querele, è diventato il nemico pubblico numero 1 del Tiranno e l’ultimo erede del Giustizialismo. Con lui, però, bisogna sempre misurare le parole perché è tignoso, ribatte colpo su colpo, non gira attorno alle cose, è sempre ben documentato. Un eroe per i ”duri e puri”, un rompiballe per tutti gli altri. […] La sua ossessione è che questa sinistra faccia troppo poco per liberarsi dal giogo mediatico di Berlusconi. Così i giornalisti o sono embedded o liberi ma disoccupati. In tv, però, Travaglio lo si vede abbastanza: magari non sulle reti nazionali, però sempre tv è. E quando ci si espone ai media si finisce per diventare personaggi, prigionieri del proprio ruolo. […]» (Aldo Grasso, ”Corriere della Sera” 16/3/2005). «Molti lo considerano un tremendo forcaiolo, un acritico giustizialista, un demonizzatore degli avversari politici che vorrebbe vedere tutti in galera. Per altri è un idolo, un coraggioso Robin Hood che combatte i ricchi e i potenti in difesa della legalità e contro la corruzione. Da quando parlò, nella trasmissione di Daniele Luttazzi, dei sospetti di rapporti mafiosi che si addensavano sul capo del leader di Forza Italia, è costantemente al centro di feroci polemiche. Per la Rai non esiste più, è come un fantasma. Ma i suoi libri vanno ugualmente in testa alle classifiche da quando lui, per presentarli, ha praticamente lasciato casa intraprendendo un giro d’Italia che non finisce mai. [...] ”Io faccio il cronista giudiziario e racconto casi di corruzione. Non aderisco maniacalmente a niente [...] Pubblico documenti che danno fastidio. Le indagini di cui parlai a Satyricon non le ho fatte io. Esistevano e la tv non ne aveva mai parlato [...] La famosa intervista al giudice Borsellino sui rapporti fra Berlusconi e Vittorio Mangano, presunto stalliere e sicuro mafioso, l’avevano offerta al Tg1 che l’ha rifiutata [...] Ho cominciato a fare il giornalista in un piccolo giornale torinese cattolico, ”Il nostro tempo’. Lì ho conosciuto Giovanni Arpino che mi presentò a Indro Montanelli. Ho fatto l’abusivo al ”Giornale’ come vicecorrispondente da Torino dall’87 al ”92. Il corrispondente era Beppe Fossati, bravo e simpatico, ma con poca voglia di lavorare. A volte scrivevo pure i suoi articoli e lui mi dava cinquantamila lire al pezzo [...] Sono sempre stato un liberale conservatore. Quando c’erano elezioni cruciali seguivo il consiglio di Montanelli: mi tappavo il naso e votavo Dc. Altrimenti Pli o Pri. Sempre anticomunista, finché c’erano i comunisti [...] Se chi mi attacca mi elogiasse mi preoccuperei [...] Trovo del tutto normale che un giornalista sia detestato dal potere [...] Non frequento i politici. Montanelli diceva: ”La corruzione comincia davanti a un piatto di pastasciutta. Non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo’” [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 11/9/2003).