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 2002  marzo 07 Giovedì calendario

TURJA Jori Lappo (Finlandia) 12 gennaio 1960 • «Un uomo di mondo, sa tante lingue ma parla poco e si fa capire da tutti, con il suo esperanto sintetizza passato, presente e futuro del dio del trotto

TURJA Jori Lappo (Finlandia) 12 gennaio 1960 • «Un uomo di mondo, sa tante lingue ma parla poco e si fa capire da tutti, con il suo esperanto sintetizza passato, presente e futuro del dio del trotto. Sul futuro, per esempio, non ha dubbi: ” un peccato che Varenne a luglio debba ritirarsi. Lui fra un anno potrebbe tornare qui a Parigi e vincere il suo terzo Amérique, eguagliare il grande Ourasi. Io non ho perso la speranza, magari i proprietari cambiano idea’. Per il momento il futuro del Capitano è già messo nero su bianco: si corre fino a luglio a New York e poi stop, si fa la razza Varenne. Siamo uomini, caporali o stalloni? L’appello di Turja non cade nel vuoto, ancora una volta Enzo Giordano e lo staff Snai viaggiano su binari separati: Giordano vuole fermare il cavallo, Maurizio Ughi (presidente Snai) comincia ad avere dubbi. Turja sorride tranquillo, lui da una vita mangia pane e trotto, viene da terre fredde dove uomini e cavalli devono correre sempre per non restare congelati. Varenne è il suo posto al sole e l’allenatore finlandese non ha voglia di tornare all’ombra. Qualcuno maligna: Turja è un bravissimo allenatore, ma forse pensa troppo ai soldi, vuole troppe corse, dipendesse da lui farebbe gareggiare Varenne anche da stallone. La replica è perentoria: ”La mia regola è chiara: sono i cavalli a dirci quando è ora di smettere. Varenne è integro ed è il più forte: lasciamogli fare l’Amérique 2003 e poi ritiriamolo. Quanto ai soldi, io non vivo solo di Varenne: in scuderia ho 40 cavalli che l’anno scorso hanno vinto oltre 2 miliardi’. Jori Turja è sul serio un uomo piene di risorse e di energie. Ha 42 anni, due ex mogli (’una finlandese e una svedese’ precisa lui), un numero variabile di fidanzate (’su questo preferirei non essere troppo preciso’), un numero di telefonino disattivato (’per pagare la bolletta non basta Varenne’), tre figli che adora e che lo adorano (’due gemelle di tredici anni finlandesi e un maschio di 7 anni mezzo svedese’). Ha un fisico da corazziere messo a dura prova dalla cucina italiana e dal buon vino, una calma glaciale e filosofica, se fosse più vecchio potremmo definirlo il Nils Liedholm dell’ippica. Ma quando mai invecchia, uno che nasce a Lappo (Finlandia), allena trottatori a Tor San Lorenzo (Roma) e tiene un alberghetto in Thailandia? ”La mia ricetta è due mesi al sole thailandese, quattro mesi su dalla mia famiglia, il resto in Italia o in giro per il mondo con i cavalli’. Non si ferma mai, Jori Turja, corre sempre come vuole che facciano i suoi allievi quadrupedi. Il mestiere l’ha imparato da suo padre (’che felicità dedicargli la vittoria dell’Elitlopp a Stoccolma’) e alla corte di Olle Goop, santone del trotto scandinavo. Dal 1995 è in Italia, decisivo l’incontro con Minnucci. ”Con Giampaolo provammo a lavorare tre mesi insieme: funzionò. Il nostro primo cavallo si chiamava Socrate il Grande, vincemmo subito’. Ancora più decisivo l’incontro con Varenne, primavera ”98. ”Dissi subito: questo non è normale, è un cavallo da Amérique. Cominciai a lavorare con lui, muoveva troppo il collo e corressi quel difetto mettendogli un bastone dietro la testiera’. Un Varenne ti cambia la vita, ma un Turja come fa a cambiare un Varenne? C’è qualche pozione magica? ”Chiunque può venire a vedere come lavoro nella mia scuderia. Io cerco di capire cosa vuole un cavallo, cerco di farlo star bene, di eliminare i dolori che può avere. Infiltrazioni? Sì, ma tutto secondo natura. Io detesto la chimica, credo invece nei massaggi-relax e nella corretta alimentazione. Io non bado a spese su questo: i miei cavalli mangiano solo roba di prima categoria’» (Sergio Passaro, ”Corriere della Sera” 29/1/2002).