Varie, 7 marzo 2002
URBANI
URBANI Giuliano Perugia 9 giugno 1937. Politologo. Politico. Deputato dal 1994 al 2005 (Forza Italia), ministro per la Funzione pubblica nel Berlusconi I, per i Beni culturali nel Berlusconi II. Dal maggio 2005 consigliere d’amministrazione Rai • «[...] L’ideatore, il fondatore, la tessera numero due. Dopo Silvio Berlusconi (’il copyright è comunque suo”) c’è solo un uomo che può osare di vantare con qualche ragione la paternità di Forza Italia: è Giuliano Urbani [...] una vita a studiar la politica, gli ultimi anni a occuparsi di Rai, e un’intuizione nella tarda primavera del ”93 che gli ha cambiato la vita e, soprattutto, l’ha cambiata agli italiani. [...]» (Fabrizio Forquet, ”Il Sole-24 Ore” 26/3/2009) • «Il ministro dei Beni culturali più impopolare dai tempi magici di Vincenza Bono Parrino (colei che vide per la prima volta Venezia a nomina avvenuta). Tessera numero 3 di Forza Italia, animatore di quell’Associazione per il buongoverno che ne fu la culla programmatica, avrebbe ambito fare lo stratega. Politologo liberale, bocconiano, già testa d’uovo di Centro Einaudi, Ispi, Confindustria e via elencando, è uno che a fine ”95, morto il governo Dini, si riuniva con i professori Fisichella, Salvi e Bassanini per impostare la nuova fase costituente della Repubblica italiana e pur di spuntarla negoziò una notte intera tête-à-tête con Umberto Bossi, cenando a cassoeula nella villa di un leghista ricco nei boschi di Malpensa. Ebbene uno così, per crudeli alchimie di governo, nel 2001 ebbe in cambio i modesti, mortificanti Beni culturali: materia che non lo interessa. Ma a comandare ci tiene, eccome. Anche senza risorse, anche prendendo schiaffi [...] Dall’opposizione gli rimproverano di tutto: è poco presente in aula e in commissione; non dialoga abbastanza con le associazioni; ha annullato il principio dei finanziamenti triennali allo spettacolo; nomina la nuova commissione cinema per poi criticarla per il mancato finanziamento di alcuni film; ignora gli organismi consultivi: tant’è che Giuseppe Chiarante si dimise per protesta dal Consiglio nazionale dei beni culturali di cui era vicepresidente. Tema delicato, il cinema. Vittorio Sgarbi, quand’era sottosegretario, fece sapere che il ministro era molto attento alle esigenze artistiche di una sua cara amica, l’attrice napoletana Ida Di Benedetto. La quale, da quando Urbani è in carica, ha preso parte come attrice o come socia della casa di produzione Titania a sei film finanziati dallo Stato [...]. Durante la Mostra del cinema 2002 il direttore Moritz de Hadeln e il presidente della Biennale Franco Bernabé ricevettero pressioni dal ministro perché entrasse in concorso il film Rosa Funzeca di ”Io e i colleghi lo visionammo, ci sembrò inadatto al concorso, un prodotto televisivo, dissi no. Mi telefonò Urbani: ”Faccia un piacere a un povero piccolo ministro’, mi disse, ”Werner Schroeter (regista tedesco estimatore dell’attrice, ndr) me ne ha parlato così bene’. A quel punto”, continua de Hadeln, ”cominciò un vero circo di pressioni”. Bernabé dovette capitolare, lo pregò di trovare un compromesso: il film fu proiettato fuori concorso alle 11 del mattino. De Hadeln resistette a Venezia sino ad aprile 2004, quando il nuovo presidente Davide Croff gli chiese di rinunciare perché ”l’azionista principale” si opponeva alla sua nomina. De Hadeln, che ricorda anche le pressioni del Vaticano su Urbani per il Leone d’oro 2002 al film di Peter Mullan Magdalene sulle cattive suore irlandesi, oggi dichiara: ”Mai un ministro della Cultura francese, tedesco o svizzero si è intromesso in un festival nel modo in cui lo ha fatto Urbani. Ho diretto Berlino per 22 anni, non mi è accaduto né con la Spd né con la Cdu. Stupisce il diritto che il ministro crede di detenere per il suo potere di sovvenzionare i film, neanche fossero soldi suoi” [...]. Quanto alla Biennale Arte, racconta Vittorio Sgarbi: ”Quando nel 2001 proposi Robert Hughes direttore, andai negli Stati Uniti e lo convinsi. Urbani era euforico. Poi Bernabé gli disse qualcosa, e con la stessa euforia Urbani mi annunciò di aver scelto Francesco Bonami. solo un esempio della confusione che alberga in lui. Capire Urbani è arduo come svelare l’ultimo mistero di Fatima” [...]» (Enrico Arosio, ”L’Espresso” 30/9/2004). «La guerra, diceva Talleyrand, è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Una bella frase, che si presta alle parafrasi. E infatti l’onorevole Giuliano Urbani, che è un uomo di cultura – addirittura ministro dei Beni culturali – non si è fatto scappare l’occasione. E quando gli è stato chiesto un commento sul movimentato incontro di D’Alema con i cattedratici fiorentini, ha risposto parafrasando il grande diplomatico francese: ”Essendo un professore, io chiedo sempre che la politica noi la lasciamo fare ai politici. E questo perché è una cosa troppo seria per lasciarla fare solo ai professori”. Bravo. Bravissimo. Però il ministro Urbani è, per l’appunto, un professore. A chi lo chiede, di lasciare la politica ai politici? Solo agli altri professori? Non sta bene. Un buon politico, ma anche un buon professore, dovrebbe sempre dare l’esempio. Quindi, come professore, non dovrebbe occuparsi di politica. Eppure se ne occupa, eccome. Fa il parlamentare. Il ministro. Il dirigente di Forza Italia. Raramente si sono visti professori più votati alla politica, o politici più professorali. Urbani fa il professore con i politici, e il politico con i professori. Parafrasando il generale von Clausewitz, potremmo dire che è uno di quei professori che cambiano natura in ogni caso concreto» (Sebastiano Messina, ”la Repubblica” 27/2/2002)..